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Ieri in Libia, oggi in Siria. La dottrina Fidan e le mire di Ankara

(Roma, 31 dicembre 2024). Il ministro degli Esteri turco ritiene che la raccolta di informazioni possa influenzare in modo silenzioso, invisibile ma decisivo le scelte in politica estera. Inoltre è figlio di un curdo, mentre sua madre è di Denizli, una città vicino alla costa dell’Asia Minore: una famiglia che lo ha portato a capire curdi, turchi, orientali ed europei e, in prospettiva, l’idea che possa ereditare il potere erdoganiano

Quattro anni passano in fretta e Recep Tayyip Erdogan ne è pienamente consapevole. Per questa ragione, al pari dello schema turco andato in scena in Libia, ha già progettato azioni e obiettivi da raggiungere in Siria. Tra le altre cose lo ha annunciato anche il leader della nuova amministrazione di Damasco, Ahmed Al-Sharaa, immaginando un cronoprogramma che conduca il Paese fino a nuove elezioni e alla Costituzione. Ma in attesa della cosiddetta Conferenza di dialogo nazionale, ecco che un peso specifico rilevante è incarnato dalla cosiddetta fase due a cui Ankara sta lavorando con la dottrina Fidan in evidenza (con l’Ue alla finestra).

Qui Ankara

Una delegazione del ministero turco dell’Energia è stata a Damasco con l’obiettivo di identificare le esigenze siriane in termini di infrastrutture ed elettricità dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. Prima della ricostruzione, però, c’è da gettare le basi della quotidianità, così come fatto a Tripoli dalla squadra di Erdogan, in cui spicca un nome su tutti, come quello del ministro degli esteri Hakan Fidan. Ieri in Libia (con un altro ruolo) e oggi a Damasco, ma il cliché non cambia: Fidan ritiene che la raccolta di informazioni possa influenzare in modo silenzioso, invisibile ma decisivo le decisioni in politica estera.

Inoltre è figlio di un curdo, mentre sua madre è di Denizli, una città vicino alla costa dell’Asia Minore: una famiglia che lo ha portato a capire curdi, turchi, orientali ed europei (e, in prospettiva, l’idea che possa ereditare il potere erdoganiano). Poche ore fa ne ha discusso al telefono con il segretario di Stato americano Antony Blinken, mettendo l’accento su un punto che per la Turchia è centrale: il gruppo terroristico PKK/YPG non dovrà trovare rifugio in Siria. Fidan ha assicurato a Blinken di lavorare su una priorità come quella di garantire la stabilità in Siria e completare in modo ordinato il periodo di transizione.

Qui Damasco

Princìpi che andranno tarati con la realtà dei gruppi presenti sul territorio siriano. Il leader di HTS ha recentemente detto che sono in corso trattative con le Syrian Democratic Forces a guida curda nella Siria nord-orientale e spera che le loro forze armate si integrino con le agenzie di sicurezza siriane.

Non va dimenticato che il gruppo curdo è l’alleato chiave di Washington in Siria, dove è fortemente coinvolto nel colpire le cellule dormienti di Daesh. Inoltre il tutto va legato alle nuove idee di Mosca su Assad, che il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha definito incompetente, in quanto non è riuscito a risolvere i mali sociali del Paese. Pezzi di un puzzle che provano ad incastrarsi con ancora la Turchia sullo sfondo, molto interessata anche a essere parte attiva negli sforzi anti-Isis (così da apparire appetibile agli occhi di Donald Trump) ma promuovendo al contempo i propri interessi regionali. Erdogan inoltre usa la possibile pax siriana per accreditarsi ancora di più alla corte Ue.

Nel frattempo proseguono i rimpatri in Siria: sono circa 31mila i cittadini siriani rientrati nel loro Paese dalla Turchia dalla cacciata di Bashar Al Assad, come annunciato dal ministro dell’Interno turco. Per questa ragione Ankara aprirà un ufficio per la gestione della migrazione ad Aleppo, da dove proviene la maggior parte dei rifugiati che vive in Turchia.

Occhi sul gas

Ma non è tutto, perché la Turchia punta ad aumentare la produzione di petrolio e gas naturale in Siria. Secondo il ministro dell’Energia turco Alparslan Bayraktar, il governo di Ankara sta valutando l’uso del petrolio greggio e del gas naturale per la ricostruzione della Siria. “Abbiamo in programma di dire alle nostre controparti come possiamo dare un contributo in tal senso. Il nostro obiettivo è sviluppare questi progetti”.

Di Francesco De Palo. (Formiche)

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