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Iran : 34 donne in sciopero della fame nel carcere di Evin a due anni dalla morte di Mahsa Amini e lo scoppio della protesta

(Roma, 15 settembre 2024). Con un atto di sfida nei confronti delle autorità della Repubblica islamica sciita, 34 donne detenute per ragioni politiche nel carcere di Evin hanno iniziato uno sciopero della fame per ricordare i due anni dall’inizio delle proteste divampate in tutto il paese dopo l’uccisione di Mahsa Amini, la 22enne curda iraniana picchiata a morte per non aver indossato correttamente il velo. Lo ha reso noto la fondazione del Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi: “Oggi, 15 settembre 2024, 34 prigioniere politiche hanno iniziato uno sciopero della fame per commemorare l’anniversario del movimento Donna, Vita, Libertà“.

“Lo sciopero della fame – fanno sapere le detenute – mira ad unirsi al popolo iraniano in protesta contro le politiche repressive del governo”. Secondo quanto riportato da Iranwire, tra i prigionieri in sciopero ci sono importanti attivisti e dissidenti, tra cui Narges Mohammadi, Verisheh Moradi, Mahbobeh Rezaei e Parivash Muslimi. Lo sciopero si inserisce nel contesto delle crescenti tensioni tra i detenuti e le autorità carcerarie.

Intano non si placano le manifestazioni e gli atti di resistenza silenziosa in tutto il paese. La famiglia di Amini ha fatto recapitare un messaggio a Radio Farda (emittente in lingua persiana di Radio Free Europe/Radio Liberty, ascoltata soprattutto dalle nuove generazioni) : “Noi, la famiglia di Mahsa, come tutte le famiglie in lutto in tutto l’Iran, desideriamo esercitare il nostro diritto di celebrare una cerimonia tradizionale e religiosa in memoria della nostra amata, in occasione dell’anniversario della sua scomparsa”. Il messaggio, che potrebbe costare caro ai genitori della ragazza in vista del 16 settembre, arriva dopo che l’anno scorso suo padre Amjad Amini è stato messo agli arresti domiciliari. Era stato fermato mentre lasciava la sua abitazione a Saqqez per commemorare la figlia con parenti e amici. Iran Human Rights, Ong con sede in Norvegia, stima che negli ultimi due anni più di 500 dimostranti siano stati uccisi nella repressione delle proteste.

(Il Fatto Quotidiano)

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