L'actualité du Proche et Moyen-Orient et Afrique du Nord

Così l’Iran ha costruito il suo asse contro Israele

(Roma, 19 aprile 2024). L’Iran, dalla rivoluzione islamica del 1979, ha stabilito una rete di influenza politica che oggi si estende oltre l’area geografica del Medio Oriente.

Il recente progetto della “Mezzaluna sciita”, o per gli anglosassoni Iran’s arc of influence, voluto dal defunto generale comandate della Forza Quds delle Irgc (Islamic Revolutionary Guard Corps) Qasem Soleimani, è stato superato dagli eventi che hanno portato Teheran a estendere la propria ingerenza attiva oltre quell’arco di territorio che attraversa il Medio Oriente dal Mediterraneo al Golfo Persico.

Gli obiettivi strategici dell’Iran, evidenziati dalla “Mezzaluna sciita”, sono assicurarsi ampia influenza e stretto controllo sull’area che circonda Israele, in modo da allestirvi una presenza militare costante, e raggiungere uno sbocco sicuro sul Mediterraneo, per slegarsi da quella strozzatura rappresentata dallo Stretto di Hormuz e così poter allungare il proprio braccio al Nord Africa, per cercare di limitare così l’influenza turca nella regione e allo stesso tempo allontanare le proprie vie di comunicazione dal raggio d’azione del principale avversario regionale: l’Arabia Saudita.

Questo progetto pone le sue radici nel “Asse della resistenza” anti-israeliana che riuniva Siria, Iran ed Hezbollah e solo con la caduta di Saddam Hussein e la nascita di un Iraq retto dalla maggioranza sciita che si comincia seriamente a gettarne le basi.

Il concetto di “Asse della resistenza” è una costante della politica estera iraniana e va oltre la stessa “Mezzaluna sciita”: l’opposizione ideologica, militare e culturale alla presunta dominazione occidentale e all’esistenza di Israele, nonché ai governi arabi accusati di subordinazione alle potenze occidentali e allo Stato ebraico, sono il denominatore comune della ricerca di influenza nelle nazioni che circondano la Repubblica Islamica.

Questa influenza regionale deriva da partenariati duraturi tra l’Iran ed entità civili o militari attive all’estero e Teheran ha sviluppato e mantenuto la capacità di utilizzare queste relazioni con entità extraterritoriali per raggiungere i suoi fini strategici. Queste liason sono diventate una capacità di grande valore ed estremamente efficaci: in ciascuno dei teatri chiave per l’Iran (Iraq, Libano e Siria), esso ha raggiunto i suoi obiettivi attraverso altri partiti o attori non statuali, oltre che proxy. Lo Yemen, da questo punto di vista è emblematico: Teheran ha saputo inserirsi abilmente nella rivolta degli Houthi nonostante inizialmente non li controllasse, e solo quando il governo di Sana’a è caduto è cominciato il sostegno alla ribellione in chiave anti-saudita.

Abituati a pensare alle attività iraniane nel teatro del Levante e in Yemen per via del risalto mediatico, bisogna però considerare che esiste un altro teatro in cui l’Iran ha esteso o ha tentato di estendere la propria influenza, ma in cui non si è verificato alcun conflitto armato rilevante: gli Stati del Golfo. Bahrein, Arabia Saudita e Kuwait, sono stati e Paesi in cui Teheran ha tentato di stabilire una rete clandestina di influenza volta a sovvertirne i regimi e oggi rappresentano ancora teatri attivi per il reclutamento di personale da impiegare altrove, al pari dell’Afghanistan e del Pakistan.

Motore di quest’attività è la già citata Forza Quds che ha adottato una struttura per consentire operazioni in Afghanistan, Africa, Asia, Asia centrale, Iraq, Libano, America Latina e penisola arabica. Nel corso degli anni sono stati creati circa campi di addestramento di militanti in Iran, Libano e Sudan, andando a reclutare personale là dove Teheran è stata capace di avere una sua “impronta sul territorio”. Gli ufficiali della Forza Quds hanno fornito un rifugio sicuro, fondi, addestramento per attività terroristiche, armi e nutrimento ideologico a un ampio gruppo di militanti internazionali, tra cui gli Hazara afghani, i musulmani dei Balcani e del Golfo, i palestinesi e persino tra le file di al-Qaeda. Quest’unità dimostra quindi di essere ideologicamente flessibile sebbene il collante religioso sciita sia presente nella maggior parte dei casi al punto che in Siria la presenza iraniana si è stabilita anche con l’utilizzo di sistemi di soft power classico come l’apertura di centri culturali.

In generale la Forza Quds fornisce sostegno a qualsiasi gruppo che possa si considerare parte dell’“Asse della resistenza” e che sia disposto ad affrontare gli avversari dell’Iran, in particolare gli Stati Uniti, aumentando l’influenza regionale dell’Iran.

Gli interventi dell’Iran all’estero, generalmente, hanno dimostrato l’uso di una dottrina militare che enfatizza le tecniche di guerra ibrida e la cooperazione con attori statali e non, e ha permesso a Teheran sia di minacciare le arterie energetiche e marittime internazionali nel Golfo Persico e nello Stretto di Hormuz e, in una certa misura, nel Mar Rosso, sia di avere una certa profondità strategica a basso costo stabilendo un cordone difensivo intorno a sé che le permette di proiettare l’influenza militare e culturale.

Influenza che, come dicevamo, non ha attecchito ovunque: il sostegno dell’Iran ai gruppi militanti in Bahrein, Arabia Saudita e Kuwait ha principalmente lo scopo di fare pressione sui loro governi e imporre un costo politico per la loro partnership con gli Stati Uniti, ma gli investimenti iraniani in questi Paesi non hanno avuto gli esisti sperati per via della stabilità degli stessi e della scarsa propensione al rischio iraniana.

L’influenza nell’Asia Centrale è particolarmente interessante: da qui, in particolare da Afghanistan e Pakistan, l’Iran ha reclutato militanti da utilizzare in Siria per sostenere Damasco e soprattutto da usare contro i Talebani, considerati avversari da Teheran, da qui anche l’interesse verso al-Qaeda.

In definitiva l’Iran si muove non solo nel suo intorno mediorientale, ma si innesta là dove le condizioni di instabilità lo permettono, dove c’è un certo grado di allineamento strategico coi gruppi locali, dove viene valutato un certo livello di ritorno politico/militare ed economico e dove esiste un sentimento “anti-occidentale” o “anti-israeliano”, quindi dove c’è affinità ideologica più che religiosa.

Di Paolo Mauri. (Inside Over)

Recevez notre newsletter et les alertes de Mena News


À lire sur le même thème