(Roma, 04 aprile 2024). Cresce il dissenso internazionale e interno per l’operato del primo ministro israeliano
È durato 45 minuti il colloquio telefonico tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu. Il secondo delle ultime due settimane e il primo dopo l’uccisione a Gaza, da parte dell’esercito israeliano, di sette operatori umanitari di World Central Kitchen colpiti da tre missili. Una telefonata avvenuta peraltro nelle ore in cui Israele vive la massima allerta per le annunciate ritorsioni all’attacco a Damasco di tre giorni fa costato la vita a sette guardie rivoluzionarie iraniane tra cui il comandante dei Pasdaran, il generale Zahedi.
L’esercito lungo i confini
Nel sud, a ridosso di Gaza, risuonano le sirene di allarme anti razzo mentre a Tel Aviv il portavoce del ministero della Difesa, Daniel Hagari, afferma che Israele sta prendendo sul serio ogni minaccia. « Abbiamo rafforzato la vigilanza delle unità combattenti, rafforzato i sistemi di difesa aerea e abbiamo aerei preparati per la difesa e pronti per l’attacco », afferma Hagari. L’Idf è schierato « su tutti i confini » ed è pronto ad una varietà di scenari. Scenari di guerra anche regionale rafforzati dalle parole del dirigente di Hamas, Osama Hamdan, che dal Libano, davanti alle telecamere sancisce lo stallo nelle trattative per una tregua a Gaza e accusa Benjamin Netanyahu di voler ostacolare il raggiungimento di un accordo.
L’irritazione internazionale
Ma se l’intesa deve necessariamente essere raggiunta in due, sotto l’egida dei partner strategici di ciascuno, su una cosa la stragrande maggioranza della comunità internazionale è d’accordo. L’uccisione di civili a Gaza deve finire e gli aiuti umanitari alla popolazione devono poter arrivare. Lo ha ribadito ieri sera anche il premier britannico nel corso di una tesa telefonata a Benjamin Netanyahu. « Se non ci sarà alcun cambiamento nell’accesso degli aiuti umanitari nella striscia di Gaza, dovremo dichiarare che Israele ha violato il diritto umanitario internazionale », ha detto Rishi Sunak che nell’attacco contro gli operatori umanitari ha perso tre cittadini britannici.
Il dissenso interno a Netanyahu
Ma a ritenere necessario un avvicendamento a Tel Aviv non ci sono solo le cancellerie internazionali c’è anche una larga fetta della popolazione israeliana. O almeno questo è quello che viene rilevato dai sondaggi dopo la richiesta esplicita di dimissioni a Netanyahu da parte di Benny Gantz uno dei leader dell’opposizione nonché ex capo di stato maggiore dell’esercito che ha accettato di far parte del gabinetto di guerra. Se si andasse oggi alle elezioni a Gantz andrebbe il 50 per cento del favore popolare come premier contro il 31 per cento di Netanyahu.
Di Adriana Bellini. (TG LA7)