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Israele colpisce in Libano dopo i razzi di Hezbollah

(Roma, Parigi, 14 febbraio 2024). Si infiamma lo scontro tra Israele ed Hezbollah che rischia di trascinare anche il Libano in guerra. I miliziani sciiti alleati dell’Iran hanno riversato «una pioggia di razzi» sul nord dello Stato ebraico, in particolare a Safed e Merom, località da cui sono sfollati molti residenti viste le continue minacce militari degli Hezbollah dal 7 ottobre scorso.

Ad essere colpita questa volta è stata una base militare, dove è stata uccisa una soldatessa di 20 anni, Omer Sara Benjo, mentre altri 8 sono stati feriti. Israele ha reagito colpendo con vasti attacchi in profondità nel territorio libanese, ben oltre la frontiera e il fiume Litani.

Nello specifico, ha fatto sapere il portavoce militare, «una serie di obiettivi di Hezbollah nelle aree di Jabal el Braij, Houneh, Dunin, Aadchit e Souaneh».

Tra i target, «compound militari, centri di controllo operativi e strutture terroristiche», ha aggiunto, spiegando che molti di questi appartengono «alle forze Redwan», ovvero le unità speciali dei miliziani. Il quotidiano libanese Al-Meyadeen – legato agli Hezbollah – ha riferito di quattro morti negli attacchi, tra cui una donna e i suoi due figli.

Gli USA hanno subito lanciato un appello alla de-escalation, invocando la via diplomatica. «Continuiamo a credere che esista lo spazio per farlo – ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller – e continueremo ad andare avanti per cercare di risolvere questo problema diplomaticamente».

«L’escalation pericolosa» in Libano «si deve fermare», ha incalzato anche il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric.

Israele ha usato fosforo nei sui bombardamenti ?

Da Israele, il portavoce dell’ufficio del premier Ilana Stein ha ribadito che lo Stato ebraico «non è interessato ad una guerra su due fronti, ma se provocato risponderà con forza».

Israele ha più volte chiesto – in base alla risoluzione 1701 dell’Onu – che Hezbollah si ritiri oltre il fiume Litani e la Francia sta lavorando ad un piano di mediazione.

Mentre il Wall Street Journal ha fatto sapere che gli USA stanno indagando su diversi raid israeliani a Gaza che hanno ucciso decine di persone e sul possibile uso da parte di Israele di fosforo bianco in Libano.

Su questo punto gli israeliani in passato hanno già assicurato di operare «in maniera legale, sulla base del diritto internazionale».

In Egitto i negoziati sono difficili

Al Cairo intanto – dove mercoledì è sbarcato anche il leader turco Erdogan dopo oltre un decennio di gelo con l’Egitto – i negoziati con Hamas vanno avanti, ma la strada resta in salita.

Varie fonti riferiscono che i colloqui si sarebbero arenati soprattutto sul numero di detenuti palestinesi richiesti dalla fazione islamica per accettare l’accordo sugli ostaggi. «Insisto affinché Hamas rinunci alle sue richieste deliranti. Quando vi rinunceranno, potremo andare avanti», ha annunciato Netanyahu dopo aver vietato alla delegazione israeliana di tornare domani nella capitale egiziana.

La decisione è stata attaccata con forza dalle famiglie degli oltre 130 ostaggi: «Non andare al Cairo è una condanna a morte per i nostri cari». Le stesse famiglie sono arrivate all’Aja per denunciare al Tribunale penale Hamas «per crimini di guerra, rapimento e stupro».

Ad incalzare Hamas è stato anche il presidente palestinese Abu Mazen: «Completi rapidamente l’accordo» sugli ostaggi, ha ammonito, «per risparmiare al nostro popolo il flagello di un’altra catastrofe».

Le preoccupazioni del leader dell’Anp e non solo si concentrano adesso sulla possibile operazione di terra a Rafah, dove sono ammassati oltre un milione di sfollati.

Pressioni pure dall’Europa

Netanyahu anche mercoledì ha minacciato un’azione «potente» non appena sgomberati i civili. Una prospettiva condannata ormai da tutto il mondo. Il presidente francese Emmanuel Macron, in una telefonata con il premier israeliano, ha affermato che il bilancio dei morti a Gaza è «intollerabile» e che le operazione israeliane devono «cessare».

Poi ha sottolineato l’urgenza di concludere un accordo su un cessate il fuoco che garantisca finalmente la protezione di tutti i civili e l’accesso massiccio degli aiuti.

Lo stesso monito è arrivato da Spagna e Irlanda, che hanno chiesto alla Commissione europea di «verificare urgentemente» se Israele stia «rispettando i diritti umani a Gaza», come ha fatto sapere il premier di Madrid Pedro Sánchez riferendo di una lettera comune con il primo ministro irlandese Leo Varadkar.

(Blue News)

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