(Roma, 04.10.2023). Dall’intelligenza artificiale alle nuove tecniche genetiche: Bruxelles alza un muro nel nome della sicurezza. Ma anche dell’economia del futuro
Semiconduttori, intelligenza artificiale, quantistica e genetica. Sono queste le quattro tecnologie che l’Europa vuole proteggere dai rivali globali, in particolare dalla Cina. La Commissione europea le ha messe in rilievo in una raccomandazione in cui elenca le tecnologie critiche intorno alle quali vuole porre un muro di cinta. La ragione dichiarata è la sicurezza interna: molte di queste tecnologie possono comportare vantaggi competitivi sul fronte militare. Ma c’è anche, se non soprattutto, una questione economica: l’industria Ue si è fatta trovare in ritardo all’appuntamento con la doppia transizione digitale ed ecologica. E adesso, non vuole commettere lo stesso errore nello sviluppo delle tecnologie che potrebbero plasmare il futuro.
I settori da proteggere
L’elenco della Commissione, che Europa Today ha visionato in anteprima, contiene in tutto dieci settori tecnologici. La scelta è stata fatta sulla base di tre criteri: la natura trasformativa della tecnologia (ossia il suo potenziale nel modellare il mondo in cui viviamo e vivremo), il rischio di duplice uso per scopi civili e militari, e quello di violazioni dei diritti umani. Delle dieci aree individuare, quattro sono considerate a più alto rischio. Si tratta delle tecnologie avanzate dei semiconduttori (microelettronica, fotonica, chip ad alta frequenza, apparecchiature per la produzione di semiconduttori), di quelle dell’intelligenza artificiale (calcolo ad alte prestazioni, cloud ed edge computing, analisi dei dati, visione artificiale, elaborazione del linguaggio, riconoscimento di oggetti), delle tecnologie quantistiche (informatica quantistica, crittografia quantistica, comunicazioni quantistiche, rilevamento quantistico e radar), e delle biotecnologie (tecniche di modificazione genetica, nuove tecniche genomiche, gene-drive, biologia di sintesi).
Come tutelare le tecnologie critiche
Per il momento, Bruxelles ha solo pubblicato un elenco. La questione di come proteggere queste tecnologie sarà affrontata in un secondo momento da Commissione e governi nazionali. Entro la fine dell’anno verranno condotte della « valutazioni collettive del rischio » e a seconda dell’esito, si deciderà quale strada intraprendere. Le risposte ai rischi sono essenzialmente due: la prima è di aumentare la produzione in Europa, cercando nuove partnership (e quindi evitare di dipendere da un solo Paese per la catena di approvvigionamento e produzione). L’altra strada è di imporre restrizioni alla condivisione della tecnologia con rivali come la Cina attraverso controlli sulle esportazioni o screening degli investimenti in uscita.
Il derisking
La mossa di Bruxelles arriva in un momento chiave per le future relazioni commerciali dell’Europa con Pechino. I Paesi Ue sono divisi sulla strategia da seguire: c’è chi spinge per il cosiddetto « decoupling », ossia per sganciarsi dalla Cina. Altri Stati membri, invece, sono più propensi a una soluzione più morbida, il cosiddetto « derisking ». La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiaramente indicato che questa seconda strada è quella che intende perseguire. Proteggere le quattro tecnologie più sensibili è il primo passo in tal senso.
Lo strumento anti-coercizione
Un altro tassello di questa strategia è lo strumento anti-coercizione che il Parlamento europeo ha adottato alla plenaria di Strasburgo. Lanciato dalla Commissione europea nel dicembre del 2021, questo strumento mira a consentire a Bruxelles di attivarsi rapidamente quando un Paese terzo ricatta economicamente l’Ue o un suo membro. Un esempio lampante è stato, di recente, la decisione della Cina di imporre dazi alla Lituania per le sue relazioni con Taiwan. Secondo la legge (un regolamento per la precisione), l’Ue potrà adottare contromisure come dazi doganali, restrizioni commerciali e sull’accesso agli appalti pubblici.
Di Dario Prestigiacomo. (Europa Today)