Attacco ucraino a Sebastopoli: cosa può cambiare dopo il blitz di Kiev

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(Roma, Parigi, 13.09.2023). Nella notte tra il 12 e il 13 settembre un attacco ucraino al porto di Sebastopoli, in Crimea, ha colpito due unità navali della Flotta russa del Mar Nero. Si tratta della nave da sbarco classe Ropucha “Minsk” e del sottomarino classe Kilo migliorata (project 636.3 per i russi) “Rostov sul Don”.

L’attacco, che risulta essere stato effettuato utilizzando missili da crociera “Storm Shadow”, ha preso di mira il bacino di carenaggio in cui erano ospitate le due unità e ha causato almeno due morti e 26 feriti.

Riteniamo che l’obiettivo principale di questa azione fosse proprio il bacino di carenaggio in quanto il porto di Sebastopoli, utilizzato dalla Russia come sede della Flotta del Mar Nero, è l’unico scalo utilizzabile dalla Voenno-Morskoj Flot per effettuare riparazioni in quel mare che, lo ricordiamo una volta di più, è chiuso dal primo giorno di guerra in quanto la Turchia, che controlla gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, ha attivato la Convenzione di Montreux che vieta alle unità navali militari di Paesi belligeranti l’ingresso e l’uscita dal Mar Nero.

La Russia possiede una seconda base navale in quello specchio d’acqua a Novorossiysk, ma quel porto non è attrezzato per effettuare riparazioni “a secco” e a quanto pare non ci sono infrastrutture di altro tipo per effettuare lavori di manutenzione importanti.

Colpire i bacini di carenaggio di Sebastopoli significa quindi menomare pesantemente l’operatività della Flotta che viene usata da Mosca per bersagliare obiettivi in Ucraina tramite l’utilizzo di missili da crociera.

Il sottomarino “Rostov sul Don”, infatti, è in grado di lanciare missili tipo “Kalibr” impiegati per colpire obiettivi di alto valore come centrali elettriche, bunker, snodi ferroviari, depositi di munizioni e carburante ecc.

Mosca, nel Mar Nero, possiede altri 3 sottomarini tipo Kilo migliorata (i restanti sono fuori dai Dardanelli) e uno di generazione precedente (project 877) che però non è dotato di tubi lanciamissili da crociera. Questi possono essere lanciati anche dalle fregate classe Admiral Grigorovich (presenti in due esemplari, la Admiral Essen e la Admiral Makarov), che però non possono sostenere un ritmo elevato di operazioni senza dover tornare in porto per lavori di manutenzione, che ora saranno molto più difficoltosi stante i danni al bacino di carenaggio.

Non sono chiari i danni inflitti alle due unità centrate dai missili da crociera: a quanto risulta dalle immagini circolate la nave da sbarco “Minsk” è stata pesantemente danneggiata, tanto che si ritiene che difficilmente possa rientrare in servizio, mentre il “Rostov sul Don” viene dato come “leggermente colpito” dalle autorità russe, pertanto è possibile che anch’esso sia stato danneggiato seriamente.

La scelta russa di non dotare la base navale di Novorossiysk di installazioni per le riparazioni delle unità navali sta dimostrandosi disastrosa: il “Rostov sul Don”, ad esempio, è stato costretto a spostarsi da lì a Sebastopoli per entrare in bacino di carenaggio.

Mosca, infatti, a fronte della maggior frequenza di attacchi ucraini effettuati principalmente con Uav (Unmanned Air Vehicle) e Usv (Unmanned Surface Vehicle) aveva spostato lo scorso settembre tutta la sua componente sottomarina a Novorossiysk per cercare di metterla al sicuro.

Attualmente, in quel porto, risultano ormeggiate la fregata “Admiral Essen”, i tre sottomarini classe Kilo migliorata, tre unità classe Ropucha, e una nave da assalto anfibio classe Ivan Gren (per citare solo me maggiori).

La capacità di ridondanza è fondamentale per poter garantire la continuità delle operazioni, e questo vale sia per le dotazioni di bordo di un velivolo o di un’unità navale, sia per le installazioni portuali o aeroportuali. Quando Mosca ha cominciato i lavori di modernizzazione del porto di Novorossiysk, nel 2007, è stata data enfasi alla costruzione di nuovi moli (15) per ospitare 30 navi da guerra (in caso non si fosse più potuta usare Sebastopoli) mentre il resto delle strutture era destinato a fasi future, compresa la costruzione del quartier generale e degli alloggi per il personale, dei servizi pubblici e delle comunicazioni. Tuttavia, la base navale non è mai stata attrezzata per sostenere la riparazione delle unità navali sia per via degli eventi storici (il colpo di mano in Crimea nel 2014), sia per la scarsità di fondi disponibili. Il porto è stato oggetto di un attacco ucraino utilizzante Usv (probabilmente messi in mare da un vascello civetta) lo scorso novembre, ma senza successo.

Per quanto riguarda la “Minsk”, essa fa parte delle nove classe Ropucha presenti nel Mar Nero all’inizio del conflitto: l’8 febbraio 2022 la “Kaliningrad”, la “Korolev” e la “Minsk”, tutte appartenenti alla Flotta del Baltico, sono state osservate mentre doppiavano i Dardanelli dirette verso Sebastopoli. Altre due Ropucha, la “Georgy Pobedonosets” e la “Olenegorsky Gornyak”, così come una nave da assalto anfibio della classe Ivan Gren, la “Pyotr Morgunov”, tutte assegnate alla Flotta del Nord, erano entrate nel Mar Nero il giorno successivo. Le Ropucha, da 4mila tonnellate di stazza, possono sbarcare fino a 10 Mbt (Main Battle Tank) e 350 soldati direttamente sulla spiaggia, mentre una Ivan Gren può sbarcare 13 Mbt e 300 truppe, oltre a schierare due elicotteri d’attacco, ma abbisogna di infrastrutture portuali.

Nell’attacco al porto di Berdyansk del 24 marzo 2022, in cui era affondata una classe Alligator, la “Saratov”, era stata danneggiata almeno una Ropucha e un’altra in attacchi successivi (la “Olenegorsky Gornyak”): è probabile che l’unità nel bacino di carenaggio, la “Minsk”, fosse quella dell’attacco a Berdyansk o una terza colpita all’Isola dei Serpenti. La capacità di assalto anfibio russa nel Mar Nero è stata quindi ulteriormente menomata e il danneggiamento del bacino di carenaggio influirà pesantemente sulle operazioni delle Flotta nel prossimo futuro.

Di Paolo Mauri. (Il Giornale/Inside Over)