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Evgheni Prigozhin e le altre morti misteriose in Russia

(Roma, 24.08.2023). La scia di decessi di figure scomode o critiche del Cremlino inizia poco prima della salita al potere di Putin e comprende nomi noti come Galina Starovoitova e Anna Politkovskaya

La Russia di Vladimir Putin è da tempo una terra di morti misteriose. Non è ancora chiara, e forse non lo sarà mai, la dinamica che ha portato allo schianto del volo privato su cui viaggiava il capo dei mercenari Wagner, Evgheni Prigozhin, presumibilmente tra le 10 vittime della tragedia. Di certo, rappresenta un preoccupante salto nella categoria di delitti irrisolti di cui sono costellati gli ultimi 23 anni del Paese. Da ‘alleato’ nella guerra in Ucraina, Prigozhin si era gradualmente trasformato in una spina nel fianco del Cremlino, con le sue esplicite critiche ai vertici della Difesa e poi la ribellione di fine giugno che Putin aveva subito bollato come « tradimento ».

Non era un oppositore del presidente, ma con la sua marcia su Mosca aveva, senza dubbio, oltrepassato i confini accettabili per le sue logiche. Al di là delle diverse versioni sullo schianto del volo – abbattuto dalla difesa aerea russa, fatto saltare in aria dall’interno o precipitato per un malfunzionamento tecnico – rimane il dato della violenza sfrontata come strumento per risolvere dissidi interni al potere, i cui equilibri sono sempre meno intellegibili.

Diversi commentatori russi hanno messo in evidenza le dinamiche sempre più da bande criminali che ormai sembrano governare le élite. « Senza processo e indagini davanti agli occhi di tutti, le autorità uccidono un capo militare che era diventato un comandante popolare e il volto della guerra », ha commentato il noto giornalista russo Mikhail Fishmann.

Una lista lunga

La scia di morti di figure scomode o critiche del Cremlino inizia poco prima della salita al potere di Putin:

  • Nel 1998, subito dopo la sua nomina a capo dei servizi di sicurezza (Fsb), Galina Starovoitova, una parlamentare democratica, viene uccisa a colpi di arma da fuoco nella tromba delle scale del suo condominio a San Pietroburgo;
  • Nel 2006, ad Anna Politkovskaya, la giornalista che aveva denunciato gli abusi dell’esercito russo nelle guerre in Cecenia, spetta la stessa sorte sul pianerottolo di casa sua a Mosca;
  • Nel 2009, muore assassinata l’attivista della Ong Memorial, Natalia Estemirova, che si occupava di diritti umani in Caucaso. Stessa fine, lo stesso anno, anche per altre due voci scomode: l’avvocato Stanislav Markelov e la giornalista Anastasia Baburova di Novaya Gazeta.
  • Nel 2015, Boris Nemtsov, ex vicepremier di Eltsin diventato critico della presidenza di Putin viene ucciso a pochi passi dal Cremlino mentre passeggia dopo cena con una donna.

I « sopravvissuti »

Altri critici di Putin sono sopravvissuti per miracolo: nel 2020, l’oppositore Aleksei Navalny viene avvelenato su un volo da Tomsk a Mosca, mentre due tentativi di avvelenamento erano già toccati al giornalista e oppositore Vladimir Kara-Murza. In tutti questi casi, si tratta di oppositori espliciti di Putin, persone che denunciavano la cleptocrazia da lui stesso costruita.

Da quando è iniziata la guerra, anche tra i ranghi dell’e’lite imprenditoriale russa si sono verificate morti improvvise o sospette: due dirigenti dell’industria del gas sono stati trovati morti con biglietti di suicidio; tre magnati russi sono stati uccisi, insieme alle loro mogli e figli, in quelli che sembravano omicidi-suicidi. Altri sono caduti dalle finestre o dalle scale a Mosca o all’estero. Ma Prigozhin non era un oppositore classico di Putin, di cui non ha mai messo in discussione la leadership; era anzi un grande sostenitore della guerra in Ucraina, che con i mercenari della Wagner ha contribuito a combattere: la sua rappresenta « un nuovo tipo di morte misteriosa », scrive la giornalista Anne Applebaum su The Atlantic.

« Con questo incidente aereo, la violenza dalla periferia dell’impero russo è ora migrata al suo cuore », fa notare. « Il governo di Putin è sempre stato sostenuto da una combinazione di opportunismo, corruzione e nazionalismo russo di facciata, sostenuto dalla subdola minaccia della violenza », conclude la giornalista, « all’indomani della ribellione di Prigozhin, Putin aveva bisogno di qualcosa di più spettacolare: violenza pubblica e teatrale… per terrorizzare chiunque desiderasse segretamente la vittoria di Prigozhin ».

Di Marta Allevato. (AGI)

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