(Roma, 31.07.2023). Il paese è strategico per i transiti dei flussi migratori dell’area sub sahariana ed è uno dei principali produttori di uranio al mondo
Il Niger entra, con il golpe del 26 luglio, in una fase delicata della sua storia. Le manifestazioni contro la Francia, da cui si è reso indipendente oltre sessant’anni fa e la vicinanza, per non dire alleanza, alla Russia, sono due degli elementi della rivolta in atto. Sul Paese, uno dei più poveri al mondo, adesso si concentrano gli sforzi di tutto l’Occidente che ne ha fatto una base per la propria presenza militare e strategica nel Sahel, ha investito in quanto “passaggio” di flussi migratori ingenti dall’area sub sahariana. La Francia ha già sospeso “tutti gli aiuti allo sviluppo e il sostegno finanziario”.
Josep Borrell,Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha detto che “non riconosce e non riconoscerà le autorità che hanno realizzato il putsch” aggiungendo che l’Europa “sospende immediatamente la cooperazione nel campo della sicurezza e tutti gli aiuti finanziari”.
Antony Blinken, segretario di Stato americano ha dichiarato che il golpe “mette in pericolo centinaia di milioni di dollari di aiuti americani al Niger”.
E su questa linea è anche la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale(Ecowas) che ha ordinato un blocco economico del Niger, decidendo la sospensione « immediata » di « tutte le transazioni commerciali e finanziarie ». Le « sanzioni faranno molto male » al Paese. Ne è convinto il primo ministro nigerino Ouhoumoudou Mahamadou, che ha chiesto una soluzione per il Paese dipendente dagli aiuti esteri, in un’intervista concessa a France 24. « Conosco la fragilità del Niger », ha poi detto il primo ministro, aggiungendo che il suo « è un Paese che non potrà resistere a questo tipo di sanzioni. Economicamente, sarà un disastro ».
C’è chi parla di “guerra non lineare” della Russia ( la presenza del gruppo Wagner) che cerca così appoggio tra gli stati africani fedeli. Il presidente russo Vladimir Putin sta cercando di recuperare il rapporto con i Paesi del continente africano dopo l’uscita dall’accordo per l’esportazione del grano ucraino attraverso il Mar Nero lo scorso 17 luglio e nel Summit di San Pietroburgo del 27 luglio ha promesso di essere sempre un fornitore responsabile di prodotti agricoli, anche gratuitamente. Molti osservatori però sottolineano che c’è stata una scarsa affluenza all’appuntamento: solo 17 i capi di Stato presenti rispetto all’ultimo, del 2019, dove erano 43.
La situazione in Niger apre uno squarcio profondo sulla situazione africana, sulle “ferite” lasciate dal colonialismo, sulla presenza di un colosso come la Cina e sulle grandi risorse del continente che sono un “richiamo” non indifferente a prestare attenzione a quanto avviene in quell’area. Terra ferita da carestie, epidemie, guerre- dimenticate perché lontane- che si ripercuotono, oggi più che mai, sui paesi più sviluppati e che è centrale nelle prospettive future di tutti e anche per i nuovi assetti geopolitici che la guerra in Ucraina sta delineando e con la Russia che cerca di trovare uno spiraglio per incrinare il fronte Occidentale compattatosi dopo l’inizio del conflitto nel 2022. E il continente africano è “terreno” di sfida per molti motivi.
Il Niger è il maggior esportatore di uranio a livello mondiale
Il Niger è uno dei principali Stati di transito dei flussi migratori verso il Mediterraneo. La città di Agadez, in particolare, è considerata la porta di ingresso che dall’Africa occidentale conduce al Sahara. La centralità della rotta migratoria in transito dal Niger è legata a una molteplicità di fattori. In primis, l’appartenenza di Niamey all’area di libera circolazione di ECOWAS (Economic Community of West African States), che consente ai migranti provenienti dagli altri Stati membri dell’organizzazione di spostarsi senza impedimenti e di raggiungere Agadez in maniera relativamente agevole. In secondo luogo, la maggiore instabilità delle rotte alternative che collegano l’Africa occidentale alla Libia (quella occidentale, che transita dal nord del Mali, e quella orientale, che passa invece dal Sudan).
Il supporto alle attività di traffico dei migranti è stato garantito da un sistema di connessioni tribali, mentre il controllo e la messa in sicurezza delle rotte migratorie lungo il corridoio Niger-Libia era assicurato da “facilitatori locali” come i tuareg. Il business dei servizi offerti ai migranti, grazie anche alla complicità delle autorità locali e ad una forte corruzione di soldati e forze di polizia, ha rappresentato una componente importante dell’economia politica nel nord del Niger, tale da dare una una risposta alla disoccupazione strutturale locale . Le pressioni internazionali hanno spinto le autorità nigerine a intervenire. La chiusura della rotta di Agadez e la militarizzazione del confine nigerino-libico hanno innescato ripercussioni socio-economiche molto ampie. Molti passeur locali sono stati arrestati e i veicoli utilizzati per il trasporto di migranti sequestrati. Ciò ha favorito lo sviluppo di network propriamente criminali, legando più strettamente i traffici di migranti alle rotte della droga e alla presenza dei gruppi jihadisti nella regione del Sahel. Va inoltre sottolineato che il Niger è uno dei maggiori esportatori di uranio a livello globale.
Le risorse del continente, dai diamanti al petrolio
Dal gas naturale al petrolio; dai diamanti alle terre rare utili per costruire prodotti ad alta tecnologia come il coltan, minerale che è presente in tutti i nostri smartphone, nei computer, ma anche nei materiali chirurgici, nelle cellule fotovoltaiche, nelle telecamere, negli air bag e nelle fibre ottiche.
Circa l’80% di tutto ciò che viene estratto dalle risorse minerarie sotterranee viene esportato in altri continenti per ulteriori lavorazioni. Più di tre quarti delle miniere d’oro è in questo continente. I diamanti estratti nel mondo al di fuori dell’Africa sono circa il trenta per cento. Più della metà di minerale di manganese, cromite e cobalto, ferro vengono estratti in Africa. Un terzo dei fosfati e uranio radioattivo viene anche estratta dall’interno del continente. E le risorse naturali del Nord Africa sono grandi riserve di idrocarburi.
Per non parlare del petrolio. Un esempio di come questo prodotto sia stato al centro dell’economia della Nigeria viene dai dati, non confortanti dal punto di vista ambientale, della Commissione ambientale dello stato nigeriano del Bayelsa, uno dei nove che compongono la regione del Delta del Niger , che ha parla dei danni causati dall’attività di estrazione petrolifera portata avanti dalle multinazionali occidentali, con Shell (Regno Unito), Eni (Italia) e Total (Francia) in prima fila, e che ammontano a 12 miliardi di dollari.
La presenza russa: Mosca è riuscita a far percepire un’Europa debole
La penetrazione russa in Africa, e in particolare nella regione del Sahel, è avvenuta in concomitanza con la progressiva ritirata francese dalle aree un tempo sotto l’influenza di Parigi e ha conosciuto un ulteriore sviluppo con lo scoppio del conflitto in Ucraina, nel febbraio 2022. Questa presenza è stata resa possibile dalla presenza del terrorismo jihadista, dal sempre più forte e palese sentimento antifrancese e dal moltiplicarsi dei colpi di Stato (due in Mali, due in Burkina Faso, due in Sudan e uno in Guinea), e così Mosca ha sfidato l’influenza occidentale strumentalizzando la percezione, delle popolazioni del luogo, di un Europa e , soprattutto, di una Francia “deboli”. Come afferma al “Financial Times” Samuel Ramani, membro del think tank Rusi, il Cremlino – attraverso il gruppo Wagner – si è concentrato su una striscia di Paesi che vanno dal Mali al Sudan per costruire una sorta di “cintura dei colpi di Stato” volta a garantirsi nuove alleanze in cambio dello sfruttamento di risorse minerarie.
La penetrazione russa è avvenuta sotto molteplici forme: dalla propaganda alla disinformazione, passando per la vendita di armi, fino al sostegno – più o meno diretto – di colpi di Stato volti ad instaurare governi fedeli a Mosca. Ad oggi, secondo quanto riferito da fonti d’intelligence anglosassoni, in tutto il continente africano sono presenti circa 5 mila combattenti Wagner.
La presenza cinese: l’unica base militare fuori del territorio nazionale è in Africa
Il valore strategico dell’Africa per la Cina sta cambiando, alla luce di interessi strategici in via trasformazione da entrambi i lati anche in relazione al quadro geopolitico emerso dopo la pandemia da Covid e dal conflitto russo-ucraino oltre che dalla guerra tecnologico-commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina.
Pechino però è diventata più cauta riguardo ai prestiti nel continente di fronte alle prospettive di default e ha spostato l’attenzione su altre forme di coinvolgimento finanziario. L’interesse per il petrolio africano, prioritario fino ai primi anni del duemila, è diminuito mentre è aumentato l’interesse per il gas, che occupa una quota sempre più crescente delle importazioni cinesi dal continente.
Interessante anche la presenza di una base militare cinese, l’unica dal di fuori del territorio nazionale, a Gibuti che è posizionata all’estremità meridionale del Mar Rosso risulta strategicamente importante. Il Corno d’Africa, si trova nell’intersezione di importanti passaggi marittimi tra cui Bab-el-Mandeb e il Golfo di Aden, vitale per il flusso di petrolio e le esportazioni cinesi e dove le grandi potenze competono per ottenere una base militare.
“La Cina emerge come la forza economica esterna dominante in Africa e i suoi investimenti in Africa stanno superando quelli degli Stati Uniti e dei suoi alleati. La Cina usa il suo peso economico anche per offrire prestiti sfavorevoli ai paesi africani, che funzionano come trappole del debito che aiutano a garantire l’accesso di Pechino alle infrastrutture chiave. “Sono letteralmente ovunque nel continente”…
Così si esprimeva, nel 2017 il generale Stephen Townsend, comandante dell’Africa Command (Africom), alla commissione per le forze armate della Camera USA.
Di Laura Aprati. (Rai News)