Golfo: gli USA mostrano i muscoli di fronte all’Iran, 2.500 Marine nello Stretto di Hormuz

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(Roma, 21.07.2023). Lo schieramento di forze ha il compito d’impedire a Teheran di attaccare nuovamente le navi commerciali in transito

Tre navi da guerra anfibia con a bordo 2.500 Marine sono salpate dagli Stati Uniti per raggiungere il Golfo Persico. La Bataan, la Mesa Verde e la Carter Hall, come ha reso noto il segretario alla Difesa Lloyd Austin, raggiungeranno il cacciatorpediniere lanciamissili Thomas Hudner e i caccia F-35 e F-16 già inviati da Washington nell’area pochi giorni prima. Lo schieramento di forze ha il compito d’impedire all’Iran di attaccare nuovamente navi commerciali in transito nello Stretto di Hormuz, strategico collo di bottiglia dal quale passa ogni giorno un quinto delle spedizioni mondiali di petrolio, ma attraverso il quale gli Stati Uniti sembrano anche voler riaffermare la propria presenza e la propria capacità d’azione militare nella regione. Un messaggio da inviare soprattutto all’Iran, la cui Marina ha tentato questo mese di sequestrare due navi mercantili nello Stretto di Hormuz e nel Golfo di Oman, in un caso aprendo il fuoco contro una delle imbarcazioni. Più di recente, a metà del mese, Teheran ha testato nella stessa area uno dei suoi droni kamikaze contro una chiatta-bersaglio.

È possibile, tuttavia, che gli Stati Uniti abbiano deciso di cogliere l’occasione anche per chiarire ai propri storici alleati nell’area, segnatamente l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, e ai propri rivali strategici, la Cina e la Russia, di non avere alcuna intenzione di abbandonare il Medio Oriente. L’invio di asset aerei e navali nella regione da parte di Washington non è affatto una novità: già all’inizio dello scorso anno erano stati spediti caccia da superiorità aerea F-22 negli Emirati a seguito di un raro attacco con missili e droni da parte dei ribelli yemeniti filo-iraniani Houthi contro Abu Dhabi, mentre a marzo era stato il turno di aerei da attacco al suolo A-10 che, equipaggiati con armi in grado di colpire obiettivi veloci in navigazione, sono stati nei giorni scorsi anch’essi destinati al sorvolo dello Stretto di Hormuz (originariamente erano stati trasferiti nell’area a seguito di attacchi contro obiettivi Usa nel nord-est della Siria da parte di milizie filo-iraniane). Nel giugno scorso lo schieramento di altri F-22 in Medio Oriente era stato annunciato dal generale Alexus Grynkewich, a capo del Comando centrale delle forze aeree Usa, in risposta al comportamento sempre più “aggressivo e poco professionale” dei piloti di caccia russi in Siria.

Il generale Michael Erik Kurilla, a capo del Comando centrale delle forze armate Usa, ha dichiarato all’emittente “Cnn” che i rinforzi “garantiranno capacità uniche” per “la salvaguardia dei flussi commerciali internazionali, preservando un ordine mondiale basato sulle regole”. La rivista “Forbes” osserva tuttavia come gli Stati Uniti abbiano deciso di rafforzare la propria presenza militare nel Golfo dopo aver ribadito per mesi l’intenzione di ridispiegare in Europa e nel Pacifico i suoi asset aerei e navali, alla luce della guerra in corso in Ucraina e delle tensioni con la Cina. Gli ultimi sviluppi non indicano necessariamente l’intenzione degli Usa di tornare ad assumere un ruolo nella regione simile a quello avuto fino a pochi anni fa, dalla prima Guerra del Golfo in poi. “Piuttosto – scrive ancora “Forbes” –mostrano come Washington sia ancora in grado di dispiegare rapidamente alcuni dei suoi più avanzati asset militari nella regione, tanto da mettere in allerta i propri rivali”.

Del resto, nonostante nel Golfo sia cresciuta negli ultimi anni l’influenza anche militare della Cina (che lo scorso dicembre ha firmato un Accordo comprensivo di partenariato strategico con l’Arabia Saudita e che due mesi più tardi ha venduto agli Emirati i propri aerei militari più avanzati, gli FC-31), gli Stati Uniti possono continuare a contare su un’estesa e impareggiabile rete logistica nella regione. Il Pentagono riferisce di circa 30 mila militari Usa ancora di stanza in Medio Oriente. Nel Golfo Washington dispone dell’accesso in almeno 15 basi militari, ma altri avamposti potrebbero essere coperti da segreto per ragioni di sicurezza. Tre sono in Bahrein, dove è dispiegato soprattutto personale della Marina: la base di Supporto navale, la base aerea Shaykh Isa e il porto Khalifa ibn Salman. Cinque in Kuwait: Camp Buehring, Camp Arifjan, Camp Patriot e le basi aeree Ali al Salem e Shaykh Ahmad al Jabir. In Oman si trovano solo poche centinaia di uomini delle forze armate Usa, di stanza al porto di Salalah e al porto di Duqm. In Qatar gli Usa hanno accesso a Camp as Sayliyah e alla base aerea di Al Udeid. In Arabia Saudita vi sono ben cinque basi militari Usa, tra le quali spicca in particolare la base aerea Prince Sultan di Al Kharj, nel centro del Paese. Negli Emirati, infine, le forze armate statunitensi si appoggiano alla base aerea di Al Dhafra, al porto di Jebel Ali e alla base navale di Fujairah.

(Nova News)