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Sarà la danese Mette Frederiksen il nuovo Segretario generale della NATO ?

(Roma, 27.05.2023). È stato Politico il primo organo di stampa ad affacciare l’ipotesi di una candidatura di Mette Frederiksen a Segretario generale della Nato. Ecco idee e azioni della premier danese

Sarà una donna il prossimo Segretario generale della Nato? È Politico a formulare questa previsione alla luce dell’invito alla Casa Bianca appena ricevuto dalla premier danese Mette Frederiksen, la cui figura soddisferebbe molti dei criteri e requisiti richiesti a un leader dell’Alleanza Atlantica.

Come si evince dalla lettura del comunicato diramato dalla Casa Bianca, Mette Frederiksen è attesa il prossimo 5 giugno a Washington per discutere di come “rafforzare ulteriormente i profondi e duraturi legami tra Stati Uniti e Danimarca”.

I due leader, prosegue il comunicato, discuteranno del loro “incrollabile appoggio all’Ucraina di fronte alla brutale guerra di aggressione della Russia”. In agenda c’è anche la trattazione di “un ampio spettro di temi inclusa la sicurezza energetica e il cambiamento climatico”.

Tanto è bastato per far montare la speculazione su un possibile endorsement di Biden alla candidatura di Frederiksen a Segretario generale della Nato quando, alla fine di settembre, si concluderà il mandato di Jens Stoltenberg.

Chi è Mette Frederiksen

Socialdemocratica e politica di lungo corso, Frederiksen entra in Parlamento per la prima volta nel 2001. Ma è solo dieci anni più tardi che la sua carriera si dispiega pienamente con incarichi di governo quale ministro del lavoro e poi ministro della giustizia nell’esecutivo guidato da Helle Thorning-Schmidt, cui nel 2015 succederà nel ruolo di leader dei socialdemocratici.

La svolta per lei arriva però con le elezioni del 5 giugno 2019, con le quali il suo partito si assicura la maggioranza relativa dei consensi, facendole ottenere l’incarico di primo ministro (che in Danimarca si chiama Ministro di Stato). Frederiksen si pone alla testa di un’ampia coalizione che, oltre ai socialdemocratici, comprende Sinistra Radicale, Partito Popolare Socialista, Inuit Ataqatigiit e Lista dell’Unità.

Riconfermata nel suo ruolo dopo le elezioni anticipate dell’anno scorso, la premier oggi è capo di una coalizione bipartisan che include il Partito Liberale e il neocostituito partito dei Moderati, guidati rispettivamente da Jakob Ellemann-Jensen, che è stato nominato vicepremier e ministro della difesa, e da Lars Lokke Rasmussen, cui sono stati affidati gli Esteri.

Quasi tutte le carte in regola

È stato Politico il primo organo di stampa ad affacciare l’ipotesi di una candidatura di Frederiksen a Segretario generale della Nato, leggendo nell’invito del 5 giugno un chiaro segno del gradimento della Casa Bianca.

Secondo il quotidiano la premier avrebbe tutte le carte in regola per aspirare all’incarico. È anzitutto un capo di governo in carica. Inoltre è una donna, particolare che risulterebbe gradito agli alleati in considerazione del fatto che tutti i predecessori sono stati uomini. Non viene poi da un Paese ingombrante come Germania e Francia, né da membri più piccoli con posizioni da falco come i baltici.

È inoltre a capo di un governo strenuo sostenitore dell’Ucraina, come dimostra l’audace visitacompiuta dalla stessa Frederiksen a gennaio a Mykolaiv, a pochi chilometri dalla linea del fronte, dove, accompagnata da Zelensky, ha fatto visita ai feriti dell’esercito ucraino.

Gli ostacoli sulla sua strada

C’è però un ostacolo sulla strada della candidatura Nato ed è il fatto di essere danese come Anders Fogh Rasmussen, Segretario generale dal 2009 al 2014.

Come ha piccatamente dichiarato in modo anonimo a Politico un alto diplomatico di un Paese dell’Europa centrale, “c’è forse un gruppo di nazioni che è predestinato a esprimere il Segretario generale?”.

Ugualmente problematico per la candidatura di Frederiksen è il magro dato della spesa militare della Danimarca, appena l’1,38% del Pil nel 2022, ben lontano dunque dal target Nato del 2%.

“Che tipo di messaggio riguardante la spesa militare produrrebbe la nomina di Frederiksen?”, si chiede lo stesso diplomatico.

Eppure la sua figura incontra il gradimento di molti, come conferma un secondo diplomatico intervistato da Politico.

Bisognerà vedere a questo punto se la stessa Frederiksen cambierà idea rispetto alle sue precedenti posizioni che negavano seccamente la possibilità di una sua uscita anticipata dal ruolo di primo ministro.

Un eventuale cambiamento di idea della premier andrebbe a genio a un terzo diplomatico originario dell’Est per il quale la Frederiksen ha non solo “eccellenti qualità” ma è alla guida di un “alleato affidabile”.

Gli altri nomi

Da qui a settembre naturalmente può succedere di tutto, inclusa la possibilità che Frederiksen rinunci definitivamente alle sue aspirazioni internazionali. A quel punto salirebbero le quotazioni di altri papabili come il primo ministro olandese Mark Rutte, il premier spagnolo Pedro Sanchez, il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace e la prima ministra dell’Estonia Kaja Kallas.

Quest’ultima in particolare sembra avere serie possibilità di farcela essendo non solo donna ma anche quella che Politico definisce “una figura popolare all’interno dell’Alleanza”.

Come ha sintetizzato il primo diplomatico dell’Europa centrale, “se si sta cercando una donna, perché non Kallas ?”.

Ma sulla strada di Kallas c’è il timore di vedere alla guida della Nato la leader di un Paese considerato eccessivamente russofobo oltre che aggressivo.

Paradossalmente però è proprio la provenienza di Kallas a costituire un potenziale asso nella manica. Come conferma un ulteriore diplomatico, Paesi come l’Estonia coltivano la legittima aspettativa di essere chiamati per la prima volta ad assumere la leadership di un organismo come la Nato che è chiamato soprattutto ad assicurare la loro difesa.

Di Marco Orioles. (Start Magazine)

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