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Scontri davanti alla casa di Netanyahu: Israele travolto dalle proteste

(Roma, 26.03.2023). Scontri con la polizia e tentativi di sfondare le barricate fuori dalla residenza del premier Benyamin Netanyahu

Alta tensione in Israele dopo il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant deciso da Benyamin Netanyahu. Violenti scontri tra manifestanti e polizia si stanno verificando davanti alla residenza del primo ministro, a Gerusalemme, ma manifestazioni e proteste sono in corso anche in altre città del Paese. La scintilla che ha scatenato l’incendio: la scelta di Netanyahu, appunto, di allontanare Gallant che, nei giorni scorsi, aveva chiesto di fermare la contestata riforma della giustizia promossa dal governo.

Manifestanti contro Netanyahu

Nel mirino dei dimostranti c’è lui: Benyamin Netanyahu. Secondo quanto riportato dal quotidiano Haaretz, migliaia di manifestanti si stanno scontrando con la polizia israeliana e stanno tentando di sfondare le barricate fuori dalla residenza del premier, per protestare contro la sua decisione di licenziare il ministro della Difesa.

Nel frattempo manifestazioni sono in corso anche a Beersheva e ad Haifa mentre si è appreso che il segretario generale dell’Histadrut, il potente sindacato laburista, Arnon Bar-David, ha annunciato una conferenza stampa per domani durante la quale – secondo le stesse fonti – potrebbe annunciare uno sciopero generale.

La preoccupazione degli USA

« La sicurezza dello Stato di Israele è sempre stata e rimarrà sempre la mia missione di vita », ha commentato Gallant sui social. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha invece attaccato la decisione di Netanyahu, sostenendo che « il premier può licenziare il ministro, ma non può licenziare la realtà del popolo di Israele che sta resistendo alla follia della maggioranza ».

Washington, intanto, si è detta preoccupata per quanto sta avvenendo in Israele. « Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per lo sviluppo degli eventi in corso in Israele, compreso per il potenziale impatto sulla prontezza militare sollevato dal ministro (della Difesa) Yoav Gallant, che sottolinea l’urgente necessità di un compromesso », ha dichiarato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca.

Il licenziamento del ministro Gallant

Ma che cosa è successo in Israele per arrivare fin qui? Gallant (del partito Likud) aveva chiesto di congelare la contestata riforma giudiziaria che stava (e sta) spaccando il Paese. La contromossa di Netanyahu non si è fatta attendere.

I media hanno spiegato che il premier – anche su richiesta della parte più oltranzista del suo esecutivo, in particolare del falco di ultradestra Itamar Ben Gvir – stava pensando di cacciare Gallant. Come poi effettivamente è avvenuto.

« Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha deciso di rimuovere il ministro della Difesa Yoav Gallant », ha quindi dichiarato l’ufficio del primo ministro in una nota, diffusa poche ore fa. Da quel momento in poi si sono scatenate le proteste.

Israele nell’occhio del ciclone

Al netto degli scontri, tra le altre conseguenze, le università israeliane hanno annunciato uno sciopero a tempo indeterminato, inclusa la cessazione di tutte le classi e la ricerca, per contestare il « colpo di stato giudiziario del governo Netanyahu ». Asaf Zamir, console generale di Israele a New York, si è inoltre dimesso dal suo incarico per « difendere ciò che è giusto e lottare per i valori democratici in cui credo ».

L’ex primo ministro Naftali Bennett ha invitato il primo ministro Netanyahu a cancellare il licenziamento del ministro della Difesa Galant. « Il Paese sta affrontando il più grande pericolo dalla guerra dello Yom Kippur », ha scritto Bennett. « Chiedo al Primo Ministro di ritirare la lettera di licenziamento di Galant, sospendere la riforma [giudiziaria] e avviare i negoziati fino a dopo il Giorno dell’Indipendenza. Non importa chi ha ragione e chi ha torto. Invito tutti i manifestanti e tutti i cittadini di Israele a fare tutto senza violenza, senza spargimento di sangue. Siamo fratelli », ha concluso Bennett. La situazione è tuttavia sempre più tesa.

Di Federico Giuliani. (Il Giornale)

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