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La «bomba» migranti che spaventa la Tunisia

(Roma, 24.03.2023). Il presidente, Kais Saied ha invocato « misure urgenti » contro l’immigrazione clandestina di africani subsahariani nel suo paese, sostenendo che la loro presenza è fonte di « violenze, crimini e atti inaccettabili »

Crisi politica, economica, migrazioni fuori controllo, una miscela esplosiva per la Tunisia che sta allarmando le cancellerie occidentale. A preoccupare maggiormente sono i flussi migratori che rischiano di andare fuori controllo. E le parole del presidente, Kais Saied, non sono certo rassicuranti.

Il presidente tunisino, infatti, ha invocato « misure urgenti » contro l’immigrazione clandestina di africani subsahariani nel suo paese, sostenendo che la loro presenza è fonte di « violenze, crimini e atti inaccettabili ». Ma Said si è spinto anche oltre, sostenendo che l’immigrazione dall’Africa subsahariana fa parte di una « impresa criminale ordita all’alba di questo secolo per modificare la composizione demografica della Tunisia », in modo che potesse essere considerata un paese « solo africano » e offuscarne il suo carattere « arabo-musulmano ».

Date queste premesse, per Said è necessario « porre fine in fretta » a questa immigrazione invocando « misure urgenti ». Nel paese è in atto un giro di vite senza precedenti. Queste parole hanno innescato un meccanismo perverso. Molti degli immigrati dell’Africa Subsahariana stanno premendo per partire, per raggiungere la meta che si erano prefissati: attraversare il Mediterraneo e arrivare in Europa. Altri, la minoranza, ha accettato i rimpatri offerti dalle varie ambasciate. Costa d’Avorio, Mali, Burkina Faso, Guinea e Ciad hanno iniziato a evacuare i cittadini che vogliono lasciare la Tunisia, attraverso rimpatri volontari.

Migranti e situazione economica

Secondo i dati ufficiali citati dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) la Tunisia, un Paese di circa 12 milioni di abitanti, conta più di 21mila africani subsahariani, la maggior parte dei quali è irregolarmente nel paese. Molti di loro, la maggioranza, arriva in Tunisia per poi tentare di immigrare illegalmente in Europa via mare.

A questi si aggiungono i cittadini tunisini che fuggano da una situazione economica che va sempre di più deteriorandosi. Gli indicatori sono tutti negativi. Ma le parole di Said hanno avuto anche ripercussioni internazionali. Il Fondo monetario internazionale ha sospeso l’accordo raggiunto l’anno scorso che prevedeva un prestito di 1,9 miliardi di dollari vincolato alla revisione dei programmi economici che la Tunisia sarà in grado di mettere in campo.

La ragione principale della sospensione dell’erogazione del prestito risiede nell’incertezza politica in cui versa il paese e per la sistematica violazione dei diritti umani. La Tunisia, come altri stati africani, vedrà nel 2023 una contrazione del Pil: nel 2022 si è attestato al 2,2% e per il 2023 si prevede una crescita del 1,6%.

Le previsioni sono contenute nel rapporto sulle prospettive per l’economia mondiale del Fondo monetario internazionale (Fmi). Data la crisi in atto in Tunisia anche la Banca Mondiale ha sospeso il Country Partnership Framework (Cpf), che è la base per il monitoraggio da parte del consiglio di amministrazione della Bm al fine di valutare e sostenere il paese nei suoi programmi di aiuto.

La sospensione è stata presa fino « a nuovo ordine ». In una nota la Banca Mondiale (Bm) ha ribadito che « la sicurezza e l’inclusione dei migranti e delle minoranze fanno parte del nucleo di valori della nostra istituzione, vale a dire l’inclusione, il rispetto e l’antirazzismo in tutte le sue forme. La direzione del Gruppo della Banca mondiale lo ha espresso in modo inequivocabile al governo ».

E queste decisioni sono un duro colpo per il paese: il tasso di inflazione è fuori controllo e i prezzi dei beni di prima necessita sono schizzati alle stelle innescando una crisi sociale senza precedenti. Ma per il ministro dell’Economia, Samir Saied, « si tratta solo di un rinvio delle discussioni sul prossimo programma » e che questo non « avrà un impatto negativo » sulla Tunisia.

La crisi politica

A tutto ciò si aggiunge la crisi politica. Dalla presa del potere il 25 luglio 2021 con un « golpe bianco », Said ha ripetuto, fino alla noia, di voler rompere con il sistema semi parlamentare che aveva prevalso dopo le primavere arabe.

Da pochi giorni si è insediato il nuovo Parlamento che, secondo Saied, « non sarà come quello di prima. I deputati devono capire che lavoreranno sotto il controllo del popolo tunisino », che per il presidente significa sotto il suo controllo. Secondo molti osservatori, questo nuovo parlamento è « privo di reale sostanza ».

La partecipazione alle ultime elezioni parlamentari, volute dal presidente, non ha superato l’11 per cento. La maggior parte, infatti, dei partiti di opposizione ha boicottato la tornata elettorale. Il nuovo Parlamento è stato eletto sulla base di una nuova Costituzione, voluta da Said, che ha istituito un sistema iper-presidenzialista e ridotto praticamente a zero i poteri dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo, che era il vero centro di potere nel sistema in atto dopo la caduta della dittatura di Zine El Abidine Ben Ali.

La principale coalizione di opposizione, il Fronte di salvezza nazionale (Fsn), ha affermato in un comunicato di non riconoscere il nuovo Parlamento frutto di « una Costituzione golpista » e il partito islamo-conservatore Ennahdha ha sostenuto, sempre attraverso un comunicato stampa, il suo rifiuto di riconoscere « un’assemblea parlamentare priva di qualsiasi legittimità ».

Secondo Said, infatti, l’idea che i parlamentari formino « blocchi » è una « pratica superata ». Il Parlamento, inoltre, è costruito a immagine e somiglianza del presidente: alcuni deputati provengono da partiti vicini a Said, altri sono semplici sostenitori. Insomma, in Tunisia c’è un uomo solo al comando.

Di Angelo Ferrari. (AGI)

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