Sicurezza in Africa. Di cosa hanno parlato a Roma Guido Crosetto e Mark Milley

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(Roma, 01.03.2023). Il capo delle Forze armate statunitensi ha incontrato i colleghi dei Paesi africani a Roma. Contemporaneamente il ministro Crosetto prendeva parte a una ministeriale europea sull’Africa. Il tema del peggioramento della sicurezza nel continente è cruciale, con l’obiettivo di bloccare l’insorgenza di gruppi criminali e terroristici, e di contenere le attività di attori rivali dell’Occidente

“I rapporti tra Italia e Stati Uniti rivestono un’alta rilevanza strategica. L’attuale quadro generale di sicurezza, inoltre, richiede oggi più che mai saldi rapporti bilaterali”, così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in occasione dell’incontro avuto oggi, a Roma, con il Chairman del Joint Chiefs of Staff delle Forze Armate statunitensi, il generale Mark A. Milley.

La Difesa descrive l‘incontro come “un lungo e cordiale colloquio, incentrato su temi di comune interesse, che ha confermato la solidità del dialogo tra Italia e Stati Uniti e l’immutata centralità delle relazioni transatlantiche”. C’è una comunanza di valori, una condivisa percezione delle sfide globali alla sicurezza e convergenza di vedute in ambito Nato. Fattori che danni peso e concretezza alla partnership.

Tra gli argomenti al centro della conversazione, l’attuale quadro geostrategico con particolare riferimento a crisi Ucraina, ma anche all’Africa, e al Mediterraneo allargato.

Per la prima volta in otto un capo degli Stati maggiori congiunti statunitensi viaggia contemporaneamente in Europa e Africa, e la visita del generale Milley è iniziata da Roma. Nella capitale italiana, la Difesa ha ospitato l’African Chiefs of Defense Conference 2023, riunione internazionale dove il Pentagono e Palazzo Baracchini hanno fatto da interlocutori ai partner africani condividendo sfide e opportunità del continente.

In Africa, gli attori non statali cercano di “destabilizzare le nazioni e di minare lo stato di diritto”, è questa la principale preoccupazione statunitense. Questione che tocca per esempio il ruolo di rivali strategici come la Russia, che è presente in vari Paesi africani anche attraverso una penetrazione nel settore securitario spinta attraverso forze ibride come quelle del Wagner Group (oggetto delle attività di contro-penetrazione statunitense come raccontano i casi di Libia e Sudan).

Contemporaneamente gli Stati Uniti sono fortemente interessati alle attività di contro-terrorismo e contro-insorgenza. La diffusione dei gruppi armati — molti dei quali di natura jihadista — continua a essere un flagello in tutto il continente, da al-Shabaab in Somalia ad al-Qaeda e Is nel Sahel. Come scrive la recente relazione annuale pubblicata dagli organismi di intelligence italiani, l’Africa subsahariana “si configura ormai come il nuovo vero epicentro del jihad globale”. Con 3.241 eventi di natura terroristica e 5.241 vittime è stata l’area del Continente più colpita nel 2022 — a cui vanno poi aggiunto seguita i 2.365 attacchi con 3.397 vittime nel Corno d’Africa.

Non è pensabile non contrastare la pervicace tendenza al radicamento e all’espansione di gruppi qaedisti come il Jnim — il cartello Jama’a Nusra al Islam wal Muslimin — già attivo tra Mali, Burkina Faso e Niger e interessato alla discesa, tramite il territorio del Benin, in in direzione del Golfo di Guinea. Oppure le varie sigle baghdadiste che hanno creato province dello Stato islamico in Africa centrale e Sahel — Uganda, Congo, Ciad, Niger, Nigeria, Camerun e Mozambico.

La questione sicurezza è determinante per l’Africa. Il continente ospita 1,5 miliardi di persone ed è un mercato da 3,4 trilioni di dollari con sei vie d’acqua strategiche attraverso le quali transita un terzo del commercio globale. Ma senza un quadro securitario adeguato sarà impossibile che si creino reali opportunità di sviluppo, aumentando solo le disparità interne — oltretutto aggravate dal peso dei cambiamenti climatici e alla contessa emviromental insecurity.

E mentre Milley guidava le attività di diplomazia militare con i colleghi africani, i ministri della Difesa europei si sono riuniti in videoconferenza confrontandosi  sull’attuale situazione politica e sul contesto di sicurezza in Africa. I due temi si sovrappongono in diversi casi, come per esempio Mali e Burkina Faso (due aree di penetrazione russa e dove l’Europa è stata costretta a rallentare momentaneamente la sua presenza).

Le proteste popolari per le scarse capacità di affrontare e gestire le insorgenti problematiche securitarie hanno portato a proteste popolari creando il clima fertile per colpi di stato. I golpisti in molte occasioni hanno preferito poi sposare l’appoggio della Wagner aprendo alla penetrazione russa nel tessuto politico, economico, socio-culturale locale. Penetrazione che si è divulgata attraverso la spinta a narrazioni anti-occidentali – che sono attecchite più facilmente a causa del degradamento delle condizioni di vita che le crisi securitarie (e politico-istituzionali) hanno innescato.

La ministeriale europea – alla quale hanno partecipato 16 Paesi Ue – si è svolta alla presenza dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e per la Politica di Sicurezza dell’UE, Josep Borrell. Nel suo intervento, il ministro italianoCrosetto, che più volte ha evidenziato la necessità dell’Europa di essere presente e attiva in Africa, ha ricordato come le dinamiche collegate alle organizzazioni terroristiche, criminali e paramilitari (“attraverso le quali potenze straniere stanno cercando di accrescere la loro influenza”) fanno sentire riverberi fino all’Europa.

Il continente africano, anche per la sua estensione geografica, presenta problematiche complesse e rilevanti che  richiedono una cooperazione tra i paesi africani e l’insieme dei partner occidentali, ha sottolineato Crosetto proponendo piani di sviluppo  e approcci multilaterali e multidisciplinari. L’Italia per esempio si approccia all’Africa con il cosiddetto “Piano Mattei”, un approccio integrato che tocca varie componenti securitarie, da quelle connesse all’energia e alla food security, fino alla counter-insuregency e al contrasto delle penetrazioni di attori rivali.

“Siamo convinti che l’Europa debba farsi promotrice di partenariati più forti e di più concrete politiche di vicinato”, ha aggiunto il Ministro Crosetto richiamando l’importanza di sviluppare rapporti solidi, fondati su progetti di lungo periodo, con i principali Paesi africani.

Anche perché si affacciano in Africa altre dinamiche preoccupanti. Circolano informazioni a proposito di un coinvolgimento cinese – indiretto e non confermabile – all’interno delle dinamiche in corso nel Somaliland. La repubblica indipendente sul Corno d’Africa è stata riconosciuta da Taiwan, unico stato al mondo a farlo, con Taipei che sfrutta la relazione per affacciarsi in una regione geostratetica globale. Pechino detesta questo rapporto e potrebbe essere interessato ad alimentare forme di destabilizzazione interna già in atto.

Di Emanuele Rossi. (Formiche)