I nodi irrisolti della Storia

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(Roma, Parigi, 10 dicembre 2022). Historia magistra vitae, ossia la storia è maestra di vita, così dicevano i savi dell’antica Roma. E così, in effetti, è. Ma è un’insegnante, esperienza alla mano, che si rivolge ad una classe senza allievi e che scrive libri che non troveranno lettori.

La storia è una maestra senza scolari, perciò gli eredi raramente imparano dagli sbagli dei loro avi. E perciò la storia ha la forma di una ruota all’interno della quale lo stesso evento si ripresenta a cadenza regolare, di epoca in epoca. La storia come un ciclo. Il presente schiacciato dal passato. Uroboro.

Il Duemila, parimenti ai secoli che lo hanno preceduto, è una ruota costellata di mine che sono il lascito di età precedenti. Mine come il rancore dei vinti, trasformatosi in fame di revisionismo. E mine come i conflitti congelati, i rimasugli coloniali e i contenziosi territoriali, nodi irrisolti della storia che verranno al pettine, uno ad uno, di pari passo con il surriscaldarsi della Terza guerra mondiale a pezzi.

Ritorno alla storia o risveglio dal sonno ?

La guerra in Ucraina ha sancito il ritorno irruento della storia nella quotidianità dell’Europa, la cugina dell’America in narcolessia dal dopo-guerra fredda. La cugina che è piena di armi, ma che è priva di guerrieri, e che credeva che le cinta murarie del McMondo l’avrebbero riparata per sempre dalla violenza del circondario.

L’invasione russa dell’Ucraina ha agito come una sorta di “super-11 settembre” – termine utilizzato dal politologo Salvatore Santangelo –, catalizzando la lenta riapertura di conflitti congelati e di contese mai finite. Ma le periferie del globo erano in subbuglio, in verità, già da tempo: i venti di rabbia nelle Falkland/Malvine, il crescendo di disagio nel Serbia-Kosovo, il risveglio dell’autonomismo nei Dipartimenti d’oltremare della Francia, l’aumento della tensione a Taiwan, la seconda guerra del Karabakh.

Il ritorno della storia nell’orizzonte degli europei era nell’aria. È il ritorno di fiamma, per certi versi inevitabile, di tutto ciò che è stato compiuto nel nome del prolungamento del Momento unipolare dal 1992 al 2021. Ma è anche qualcosa di più: la manifestazione vivida del potere del tempo, custode della memoria.

Dal 24.2.22, data del destino di questa parte di secolo, nessuna persona può dirsi indifferente alla storia. Perché indifferenza potrebbe significare morte, anche se non letterale, per coloro che non sapranno adeguarsi e adattarsi al cambio di paradigma. Perché la guerra in Ucraina, scrigno di Pandora del XXI secolo, ha dato il via ad un tana libera tutti di cui si comprenderanno le conseguenze con il progredire del tempo.

Tutti i nodi vengono al pettine

La competizione tra grandi potenze può essere interpretata in due modi simili eppure differenti: come seguito della Guerra Fredda o come suo tempo supplementare. In entrambi i casi, comunque, vero è che (quasi) ogni conflitto di oggi è il risultato di come (non) è stato chiuso ieri. Giacché stalli, vittorie mutilate e trattati iniqui non sono che armistizi siglati da una generazione per preparare alla guerra quella successiva.

La storia è tornata, liberata inavvertitamente (o volutamente?) da Putin-Pandora nelle terre ucraine, e con lei verrà al pettine ogni nodo formatosi durante la Guerra fredda. I popoli europei dovranno farsi trovare pronti, ché il loro continente pullula di nodi: Bosnia, Cipro, Gagauzia, Kosovo, Macedonia settentrionale, Transnistria.

Se la storia insegna qualcosa, è che i nodi non si possono sciogliere che in due modi: diplomazia o guerra. Le potenze-guida del progetto europeo, di conseguenza, dovranno adoperarsi attivamente per la risoluzione dei problemi che affliggono i suoi membri e il loro estero vicino. Il do ut des come panacea ai mali dell’homo homini lupus. Nella consapevolezza che la sabbia nella clepsidra va scorrendo e che, dal Kosovo a Taiwan, sempre più vicino è il momento delle rese dei conti.

Di Emanuel Pietrobon. (Inside Over)