F-35 israeliani sono penetrati furtivamente nello spazio aereo iraniano

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(Roma, 31 agosto 2022). Notizie non confermate riportano che negli ultimi due mesi F-35I “Adir” dell’Aeronautica Israeliana (Iaf – Israeli Air Force) sono penetrati ripetutamente nello spazio aereo iraniano eludendo le difese di Teheran. I caccia di quinta generazione battenti la Stella di Davide avrebbero fatto ripetute incursioni nei cieli iraniani durante esercitazioni che hanno visto anche l’utilizzo di velivoli a pilotaggio remoto (Uav – Unmanned Air Vehicle), come si legge in un articolo di mercoledì scorso comparso sul quotidiano londinese gestito dai sauditi Elaph.

Secondo il media, che cita “una fonte speciale”, gli F-35I sono stati in grado di eludere i radar iraniani e russi durante le incursioni che facevano parte di manovre congiunte tra Israele e Stati Uniti volte a simulare operazioni di bombardamento contro impianti nucleari iraniani. Il rapporto afferma anche che Washington e Tel Aviv hanno anche tenuto esercitazioni per simulare il sequestro di navi da guerra nel Mar Rosso e colpire l’Iran dal mare e dall’aria.

Elaph riporta inoltre che negli ultimi mesi si sono svolte manovre navali impieganti sottomarini israeliani che hanno segretamente osservato e monitorato una nave portaelicotteri Hengam e due altre unità: il cargo/spia Behshad e la fregata Jamaran, tutte nel Mar Rosso.

Lo scorso maggio, l’aviazione israeliana ha svolto esercitazioni nel Mar Mediterraneo simulando un attacco agli impianti nucleari iraniani. L’esercitazione, la più grande degli ultimi decenni, è stata denominata “Chariots of Fire” (Carri di Fuoco).

Mercoledì, il primo ministro israeliano Yair Lapid ha definito l’emergente accordo nucleare con l’Iran un “cattivo affare” aggiungendo che concederà a Teheran centinaia di miliardi di dollari all’anno per “diffondere il terrore in tutto il mondo”. Sempre Lapid ha affermato che se un accordo nucleare fosse firmato, Israele non ne sarebbe vincolato e che pertanto agirebbe per impedire all’Iran di acquisire armi nucleari in quanto la trattativa attuale “non soddisfa gli standard fissati dallo stesso presidente Joe Biden: impedire all’Iran di diventare uno stato nucleare”.

Giovedì scorso il capo del Mossad, David Barnea, ha fatto eco alle parole del primo ministro affermando che a Israele non sarà impedito di agire in modo indipendente contro un Iran nucleare, e ha definito l’accordo emergente “un disastro strategico”. Barnea ha anche spiegato perché Israele e gli Stati Uniti hanno atteggiamenti diversi sulla questione dell’Iran. Il numero uno dei servizi di sicurezza di Tel Aviv ha infatti affermato che Israele ha a che fare con Hezbollah, con il Jihad islamico (palestinese n.d.r.), e con le milizie e l’Irgc (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran) in Siria e che gli Stati Uniti, un giorno, potrebbero “alzarsi e lasciare la regione” mentre, ovviamente, Tel Aviv non può. Di particolare interesse sono state le parole di Barnea riguardanti le differenti “visioni del mondo” tra Usa e Israele e le “differenze concettuali” che contraddistinguono le due nazioni: sembra quindi riproporsi lo stesso scenario che ha portato l’amministrazione Obama a distaccarsi da Tel Aviv preferendo un accomodamento con l’Iran sulla questione nucleare, che ha causato più di qualche malumore in Israele e un raffreddamento dei rapporti recuperato solo dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca grazie al riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico e all’uscita unilaterale degli Usa dal Jcpoa.

Israele da tempo sta preparando la sua aviazione per essere pronta ad attaccare in caso che l’Iran diventi una potenza nucleare: nello specifico sta migliorando l’autonomia dei suoi F-35I in modo che non richiedano rifornimento in volo grazie a serbatoi conformi che si adattano alla sagoma del velivolo in modo da non comprometterne (troppo) le qualità aerodinamiche e quelle stealth. Gli “Adir” della Iaf, inoltre, sono già diversi in partenza rispetto a quelli in uso nelle altre numerose forze aeree che li adottano o stanno adottando. Innanzitutto fanno affidamento su un sistema C4I (command, control, communication, computer & intelligence) autoctono che è stato sovraimposto al sistema standard dell’F-35 ma che è del tutto autonomo e “chiuso”, inoltre possono trasportare munizionamento costruito localmente (come i missili aria-aria Python-5 o le bombe guidate Spice 1000) in modo da non dover affidarsi esclusivamente ai rifornimenti provenienti dagli Stati Uniti. Una lezione appresa durante le guerre arabo-israeliane, in particolare quella del Kippur del 1973.

L’Iaf, inoltre, risulta che recentemente abbia integrato una nuova bomba da una tonnellata nell’arsenale di armi utilizzate dai propri F-35 che a quanto sembra è in grado di essere trasportata all’interno del compartimento armi dell’aereo, senza quindi compromettere la sua bassa osservabilità radar.

Una fonte araba ha inoltre riferito a Elaph che le esercitazioni tra Stati Uniti e Israele dimostrano che Tel Aviv riceverà supporto e assistenza qualora colpisca le strutture iraniane. La medesima fonte ha aggiunto di non escludere lo scoppio di un conflitto tra Israele e Iran qualora i negoziati sul nucleare che si stanno tenendo a Vienna dovessero essere considerati non soddisfacenti da Tel Aviv.

Alla vigilia di quella che potrebbe essere la soluzione di una questione molto delicata che si protrae da anni, Israele alza la posta e opta per la linea dura. A Vienna, infatti, sembra che la diplomazia stia per arrivare a un accordo per un nuovo trattato sul nucleare iraniano: Teheran, secondo la bozza circolata recentemente, rinuncerà ancora una volta alle sue scorte di uranio arricchito, a parte 300 chilogrammi con un arricchimento a livelli inferiori a quello per uso militare. Inoltre interromperà tutti gli arricchimenti superiori al 3,67% e terminerà il funzionamento di migliaia di centrifughe di ultima generazione. La parte più importante, però, è che il programma nucleare iraniano sarà di nuovo completamente aperto alle ispezioni dell’Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.

Se dovesse andare in porto, nonostante le sue debolezze intrinseche date principalmente dalla lunghezza temporale (non più un impegno ventennale come per il Jcpoa ma molto più breve), il nuovo accordo permetterebbe agli Stati Uniti di normalizzare l’area del Golfo in un momento storico in cui l’obiettivo principale della politica di Washington è la regione dell’Estremo Oriente e riaprirebbe anche all’Europa il mercato energetico iraniano, di cui ha disperatamente bisogno a causa dell’embargo imposto sugli idrocarburi russi a seguito dell’invasione dell’Ucraina.

Ulteriori ostacoli potrebbero essere rappresentati dalla rete di nuove alleanze che si sta delineando nell’area mediorientale come effetto degli Accordi di Abramo, il più grande risultato di politica estera dell’amministrazione Trump. Israele, infatti, ha potuto normalizzare i suoi rapporti con alcuni importanti Paesi arabi (come gli Emirati Arabi Uniti) e parallelamente gli Stati Uniti – insieme a Tel Aviv – stanno gettando le basi per una sorta di “Nato mediorientale” che ha il compito di contrastare l’attività iraniana che si sta espandendo oltre il Golfo Persico grazie alle nuove acquisizioni nel settore degli armamenti. Qualcosa che potrebbe essere messo sul piatto da Teheran in sede di conclusione dei negoziati.

Tornando alle incursioni degli “Adir”, non è la prima volta che avvengono. Risulta, infatti, che già in precedenza gli F-35I israeliani abbiano effettuato alcuni voli nello spazio aereo iraniano dimostrando le ottime doti di invisibilità radar del velivolo: notizie non confermante riferiscono che Adir con la Stella di Davide, in configurazione totalmente invisibile (ovvero senza le lenti di Luneburg normalmente applicate sulla fusoliera che amplificano la risposta radar), siano riusciti a volare nei cieli di Teheran, Karajrak, Isfahan, Shiraz e del porto militare iraniano di Bandar Abbas senza essere scoperti, avendo come effetto il siluramento del comandante della Iriaf (l’aeronautica militare iraniana) generale Farzad Ismaili il 29 maggio del 2019. Considerando che la rete radar iraniana può contare anche su sistemi moderni di fabbricazione russa (S-300), queste incursioni dimostrano la bontà del progetto di Lockheed-Martin.

Di Paolo Mauri. (Il Giornale/Inside Over)