(Roma, 21 agosto 2021). Dall’Afghanistan si scappa e l’emblema della fuga di migliaia di persone dai talebani è data dalle immagini relative all’aeroporto di Kabul. Ma non è soltanto lo scalo della capitale l’unica porta di uscita dal Paese. Lontano dalle telecamere al momento proiettate sulla più importante città afghane, dalle campagne più remote è in corso un esodo via terra che da qui ai prossimi mesi potrebbe portare a nuove crisi umanitarie alle porte dell’Europa. La rotta migratoria afghana è quella che al momento preoccupa di più le istituzioni dell’Ue. La portata prevista potrebbe mettere in crisi, ancora una volta, il fragile sistema di accoglienza comunitario.
Dall’Afghanistan alla Turchia
L’Afghanistan è un Paese difficilmente controllabile. Si tratta di una regola che vale per i vecchi come per i nuovi e rientranti padroni. Non è soltanto una questione politica e sociale, legata al fatto che storicamente da queste parti i legami tribali valgono molto più di nazioni, Stati e ideologie. É la stessa geografia a rendere il territorio non del tutto assoggettabile. E così, tra le maglie molto strette dei talebani appena rientrati al potere, in tanti in queste ultime settimane ne hanno approfittato per far perdere le proprie tracce. Tra altipiani, montagne, zone impervie è possibile trovare provvisorio rifugio. Si può viaggiare in macchina, così come a piedi assieme a nutriti gruppi di concittadini. L’obiettivo per chi si mette in moto è uno: raggiungere la frontiera con l’Iran. Non certo per restarci. Dal Paese degli ayatollah si può viaggiare verso un’altra frontiera, quella turca. Una volta giunti in Anatolia, seguendo le tracce delle rotte migratorie solcate già da siriani e iracheni in epoche recenti, il sogno definitivo si chiama Europa.
Con il ritorno al potere degli “studenti coranici” scafisti e trafficanti coinvolti nella gestione dell’immigrazione tra Iran e Turchia si sono attivati. Hanno tutti fiutato la possibilità di incrementare i propri affari. Le organizzazioni criminali operano dai posti più remoti della frontiera afghano-iraniana e all’interno delle più importanti città iraniane. Mettono a disposizione proprio personale e propri mezzi per fare in modo che i cittadini afghani raggiungano la Turchia nel più breve tempo possibile. I profughi arrivano nei villaggi attorno il lago di Urmia, da qui la frontiera turca è a una manciata di chilometri. L’ingresso nel territorio turco attiva a sua volta le cellule criminali stanziate al di là del confine. Queste ultime accompagno i migranti verso alcuni importanti porti dell’Anatolia: Mersin, Canakkale, Babakele sono soltanto alcuni degli scali coinvolti nella tratta di esseri umani riguardante la rotta afghana. Una tratta già molto attiva e che adesso rischia di diventare la principale porta di ingresso verso l’Europa.
A bordo dei velieri verso l’Italia
Ai tempi della crisi migratoria siriana del 2016, dalla Turchia si risaliva via terra verso il nord Europa tramite la rotta balcanica. La Germania ha poi deciso di interrompere questo flusso politicamente sconveniente, convincendo l’Ue a pagare tre miliardi di Euro all’anno ad Ankara affinché Erdogan blindasse i confini. Quella rotta ancora oggi è molto usata, ma i numeri appaiono ridimensionati. I trafficanti turchi allora hanno deciso già da diversi anni di puntare sul mare. Hanno a disposizione non piccoli gommoni o barconi come quelli spesso visti lungo le rotte libiche e tunisine. Al contrario, le imbarcazioni sono molto costose. Si parla di velieri, a volte anche yatch. Questo non certo per dare ai migranti i confort di un viaggio normale, anzi le indagini hanno svelato spesso la presenza di gruppi di persone ammassati nelle stive con poca aria a disposizione. Semplicemente si prova a non dare nell’occhio. I velieri degli scafisti potrebbero confondersi con quelli turistici presenti tra il Mar Ionio e il Mar Egeo.
In tal modo sbarcare è più semplice. Si arriva in Calabria, così come nella Sicilia orientale. Gli scafisti sono quasi sempre dell’est Europa. I criminali turchi li reclutano anche tramite annunci sui giornali in Ucraina, come accaduto a un giovane che qualche anno fa agli inquirenti italiani ha dichiarato di aver raggiunto l’Anatolia dopo un aver letto un inserto tra gli annunci di lavoro. I velieri non raggiungono le coste, i migranti vengono fatti scendere poco prima. Scafisti ucraini, bulgari, georgiani e di altri Paesi dell’est sarebbero già pronti a incrementare il proprio lavoro. Nei porti turchi i trafficanti stanno aspettando nutrite carovane di afghani giunti dalle linee di confine con l’Iran.
I numeri attuali
Ma sarà davvero un forte esodo? Le forze di sicurezza hanno parlato nei giorni scorsi di almeno 2 milioni di afghani attesi in Europa. Cifre che hanno allarmato l’Ue. Erdogan dal canto suo, parlando venerdì dopo una riunione di governo, ha parlato di uno scenario diverso. Al momento, secondo il presidente turco, non più di 250 mila persone sono arrivate dall’Afghanistan alla Turchia. Per scongiurare ogni pericolo, Erdogan ha promesso la costruzione di un muro lungo il confine iraniano: “La Turchia non sarà deposito di migranti per l’Ue”, ha ribadito nelle scorse ore. Certo che la rotta turca dell’immigrazione già da diverse settimane ha attratto l’attenzione degli inquirenti italiani. In Calabria con i velieri sono giunti in questa stagione estiva quasi 2.500 migranti, lo stesso numero dell’intero 2020.
Mauro Indelicato. (Inside Over)