Iran: dopo 12 giorni, le proteste si espandono

0
340

(Roma, 27 luglio 2021). La popolazione iraniana continua ad occupare le strade del Paese, chiedendo al leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, di abbandonare l’Iran. Oltre al Khuzestan, provincia da cui ha avuto origine l’ampia mobilitazione, i movimenti di protesta si sono allargati anche in altre aree nelle vicinanze della capitale Teheran.

Stando a quanto riportato dal quotidiano al-Arabiya, nella notte tra il 26 e il 27 luglio, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza nelle zone di Fardis e Karaj, nella provincia di Alborz, non distante dalla capitale Teheran. Oltre a esprimere il proprio sostegno agli abitanti del Khuzestan, i manifestanti hanno espresso la propria rabbia contro la guida suprema, inneggiando slogan come: “Khamenei si vergogni e lasci il Paese” o, ancora, “Morte al dittatore”. A Teheran, poi, circa cinquanta persone si sono radunate cantando “slogan politici”. In tal caso, ciò che ha alimentato la rabbia della popolazione della capitale è stata soprattutto l’interruzione di energia elettrica. Dall’inizio di luglio, le autorità iraniane hanno iniziato a programmare interruzioni di corrente a Teheran e in altre grandi città, attribuendo ciò a diverse ragioni, tra cui l’aumento della domanda e le temperature elevate, oltre alle ondate di siccità che hanno influito sulla capacità di produzione degli impianti idroelettrici.

Come evidenziato da al-Arabiya, quanto accaduto il 26 luglio rappresenta un’espansione della mobilitazione scoppiata, dal 15 luglio, nella provincia Sud-occidentale del Khuzestan, dove la popolazione ha occupato le strade della regione per protestare contro la carenza di risorse idriche e l’interruzione di acqua potabile. Anche in tal caso, i video diffusi dagli attivisti sui social media hanno mostrato i manifestanti inneggiare slogan come “Morte al dittatore” e “Morte a Khamenei”, mentre le forze dell’ordine sono state viste impiegare gas lacrimogeni contro i “rivoltosi”, con il pretesto di salvaguardare la sicurezza della popolazione da “terroristi” e “gruppi sabotatori”, stando a quanto affermato dagli agenti stessi. Le proteste, dal risvolto violento, hanno provocato almeno 3 vittime, oltre alla morte di un agente di polizia, rimasto ucciso, secondo fonti iraniane, a seguito degli spari dei manifestanti.

Nel frattempo, nella provincia del Khuzestan, dopo dodici giorni dall’inizio delle proteste, la popolazione non si è ancora arresa, nonostante il dispiegamento di migliaia di forze speciali e unità del Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica (IRGC), volte a frenare l’ondata di proteste. Al contempo, sono diverse le città del Khuzestan dove la linea internet è stata interrotta. Tale mossa è stata condannata in una dichiarazione firmata da 55 giornalisti, i quali hanno denunciato le campagne di repressione contro i media che cercano di trasmettere un “resoconto onesto” delle sofferenze vissute dalla popolazione e le sue richieste. Circa quanto accaduto nella capitale il 26 luglio, per al-Arabiya si è trattato di manifestazioni inaspettate, diversamente dai raduni organizzati nelle altre città iraniane. Motivo per cui, non essendone a conoscenza, il governo di Teheran non ha potuto attivarsi inviando forze di polizia e di sicurezza.

Come affermato dalle autorità di Teheran, la crisi idrica del Khuzestan è da far risalire a una grave siccità, a sua volta provocata da un forte calo delle precipitazioni, che negli ultimi mesi sono state inferiori di oltre il 40% rispetto ai livelli dello scorso anno, e dall’aumento delle temperature estive. La carenza idrica ha lasciato le dighe iraniane con meno acqua per generare elettricità, causando interruzioni di energia elettrica. I manifestanti e gli attivisti del Khuzestan, da parte loro, hanno puntato il dito contro il governo iraniano, che avrebbe messo in atto delle politiche discriminatorie, volte a modificare la demografia della regione. Tra queste, il trasferimento “eccessivo” di risorse idriche dal Khuzestan alle province di etnia persiana. Non da ultimo, la regione manca di infrastrutture idonee a gestire le risorse idriche disponibili in modo adeguato.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)