Erdogan minaccia di «ripulire» il campo di rifugiati curdi in Iraq

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(Roma, 03 giugno 2021). Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di “ripulire” il campo di rifugiati curdi di Makhmur, nel nord dell’Iraq, affermando che esso è un’“incubatrice” per i combattenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). “Se non lo ripuliscono le Nazioni Unite lo ripuliremo noi, come Paese membro dell’Onu”, ha detto Erdogan, in un’intervista all’emittente turca “Trt Haber”. “Per quanto tempo ancora dobbiamo portare pazienza al riguardo?”, ha aggiunto il capo dello Stato di Ankara. Un’eventuale operazione turca nel campo profughi curdo, situato 65 chilometri a sud del capoluogo del Kurdistan iracheno, Erbil, porterebbe le operazioni militari turche in territorio iracheno ben oltre l’area in cui queste si concentrano attualmente, ovvero nella fascia prossima al confine tra i due Paesi. Secondo un analista, citato da “Trt Haber”, potrebbe prendere il via presto una vasta operazione militare diretta contro i monti Kandil, al confine tra Iraq e Iran, e il Sinjar, presso il confine tra Iraq e Siria.

Il campo di Makhmur, fondato nel 1990, ospita da due decenni migliaia di rifugiati provenienti dalla Turchia, dopo una migrazione di massa curdo-turca che Ankara ha affermato essere orchestrata direttamente dal Pkk. Con l’organizzazione paramilitare, le autorità turche combattono una guerra che dura da quasi 40 anni e ha provocato complessivamente 40 mila morti. Le forze armate turche hanno lanciato ripetute operazioni contro il Pkk in territorio iracheno: le ultime due, denominate rispettivamente “Artiglio-Fulmine” e “Artiglio-Tuono”, sono state avviate il mese scorso nelle regioni irachene di Metina e Avasin-Basyan. La presenza militare turca nel territorio dell’Iraq è motivo di frizioni e tensioni tra Ankara e le autorità di Baghdad: solo di recente, il ministero degli Esteri iracheno ha convocato il rappresentante diplomatico turco nel Paese dopo una visita non annunciata e non coordinata del ministro della Difesa, Hulusi Akar, a una base militare turca nel Kurdistan. Le autorità turche hanno inoltre affermato di recente la volontà di costruire una base permanente nel territorio dell’Iraq.

Questi sviluppi avvengono mentre la Turchia sta affrontando, al livello interno, una profonda crisi valutaria. La Banca centrale della Turchia (Bcrt), infatti, non intende ridurre i tassi di interesse nel breve periodo, contrariamente a quanto ha annunciato di recente il presidente Erdogan, facendo sprofondare nuovamente sul mercato la lira turca. Il governatore della Bcrt, Sahap Kavcioglu, ha sottolineato ieri che “le aspettative di un allentamento precoce della politica (monetaria), non basate su un ragionamento corretto, devono scomparire”. L’ultimo rapporto mensile della Banca prevede infatti un calo del tasso d’inflazione tra la fine del terzo e l’inizio del quarto trimestre del 2021, ha detto il governatore, sottolineando che “questa prospettiva dovrebbe essere interpretata assieme alla nostra determinazione a mantenere il tasso di interesse al di sopra del livello dell’inflazione, durante il processo di disinflazione”. “Ci attendiamo un forte trend al rialzo nelle esportazioni, un calo significativo nelle importazioni di oro e un rallentamento nei prestiti del commercio al dettaglio, per sostenere un miglioramento della bilancia esterna”, ha proseguito il capo della Bcrt, ripreso dal quotidiano turco “Hurriyet”.

Le dichiarazioni sembrano contraddire quanto affermato dal presidente Erdogan, il quale lo scorso primo giugno, in un’intervista all’emittente “Trt”, ha affermato di aspettarsi di “vedere tassi inferiori in qualche momento tra luglio e agosto”. “Ho parlato con il governatore della Banca centrale oggi, dobbiamo certamente ridurre i tassi di interesse”, ha detto Erdogan. Il presidente turco è un noto avversatore dei tassi di interesse elevati, poiché ritiene che sul lungo periodo provochino un aumento dell’inflazione. Dopo le dichiarazioni di Erdogan, la lira turca ha perso circa il 4 per cento sul mercato dei cambi, raggiungendo quota 10,4 sull’euro. Negli ultimi tre mesi la valuta di Ankara ha perso circa il 17 per cento del proprio valore, superando il record minimo di 10,14 toccato lo scorso novembre 2020.

Dal novembre del 2020, quando nel pieno di una grave crisi valutaria Erdogan ha nominato Naci Agbal nuovo governatore della Bcrt, la Commissione per la politica monetaria della Banca centrale di Ankara ha aumentato gradualmente il tasso sulle operazioni PcT a una settimana (o tasso di riferimento) dal 10,25 al 19 per cento per combattere l’elevata inflazione, attualmente superiore al 17 per cento. L’aumento del tasso d’interesse al 19 per cento, giudicato eccessivo, ha spinto Erdogan a licenziare lo scorso 20 marzo Agbal, sostituito dall’attuale governatore Kavcioglu. Nonostante le aspettative di una riduzione dei tassi di interesse sotto la nuova gestione, dopo la prima riunione della commissione per la politica monetaria la Bcrt ha mantenuto i tassi invariati, orientamento che la Banca di Ankara sembra voler mantenere anche per i prossimi mesi.

Redazione. (Nova News)