(Roma, 02 maggio 2021). Una forte esplosione nel cuore della notte, un rumore di elicotteri in grado di far tremare per diversi minuti anche le abitazioni della città e la sensazione che qualcosa di importante in quel momento stava per accadere: sono state queste le prime impressioni riportate dagli abitanti di Abbottabad il 2 maggio 2011. A riportarle su Twitter, poco dopo la mezzanotte, un cittadino svegliato dalle deflagrazioni. Nessuno poteva immaginare in quel momento che in questo centro residenziale, a pochi chilometri dalla capitale pakistana Islamabad, si stava scrivendo la storia. I boati che hanno svegliato i cittadini di Abbottabad infatti erano dovuti al blitz dei Navy Seal americani che hanno catturato Osama Bin Laden, il numero uno di Al Qaeda.
Quando è iniziato il raid per uccidere Osama Bin Laden
Prima di arrivare alla storia del blitz di Abbottabad è bene riavvolgere il nastro all’indietro di almeno un decennio. L’11 settembre 2001 gli Stati Uniti vengono sconvolti da uno degli attentati più cruenti di sempre: a New York e a Washington almeno tre aerei si schiantano sulle Torri Gemelle e sul Pentagono. Le vittime sono più di duemila, gli obiettivi colpiti rappresentano i simboli più importanti del Paese. Si tratta dunque di un vero e proprio atto di guerra. Pochi giorni dopo gli investigatori americani non hanno dubbi: la regia dietro gli attacchi è di Osama Bin Laden. Quest’ultimo, fondatore di Al Qaeda, è già in cima alla lista dei principali ricercati. Con la sua rete terroristica ha già colpito in precedenza obiettivi Usa, ma principalmente all’estero: in nome dell’ideologia islamista propagandata dai miliziani, Bin Laden mette la firma sugli attacchi contro le ambasciate statunitensi di Nairobi e Dar Es Salam nel 1998 e contro la nave Uss Cole in Yemen nel 2000. Dopo aver portato la jihad nel cuore del territorio americano, il leader di Al Qaeda diventa il nemico numero uno della Casa Bianca.
La caccia al terrorista parte con la guerra in Afghanistan avviata da Washington con i raid del 7 ottobre 2001. L’operazione comporta la caduta dei talebani, ma di Bin Laden non si trovano le tracce. Per gli Usa il conflitto afghano si rivela un pantano da cui ancora oggi, a distanza di 20 anni, fatica realmente ad uscire. I prigionieri catturati dagli americani fanno però emergere un dettaglio: Bin Laden, per proteggere i suoi spostamenti e la sua latitanza, si affida unicamente a dei corrieri. La Cia e tutti i servizi di sicurezza impegnati nella cattura del terrorista da questo momento iniziano a creare liste di potenziali corrieri.
Chi era Abu Ahmad al Kuwayti
Tra le persone di fiducia vicine a Osama Bin Laden, sembra esserci in particolar modo un uomo in grado di parlare correntemente sia arabo che pashtun, la lingua di buona parte dei talebani. Dai prigionieri interrogati nella base di Guantanamo Bay e in altre carceri statunitensi, già dal 2002 viene più volte fatto il nome di un membro di Al Qaeda, noto con il nome di battaglia di al Kuwayti. Per anni sull’identità di questo presunto corriere si è cercato, all’interno degli ambienti della Cia, di fare chiarezza.
La svolta arriva nel 2007: gli inquirenti identificano infatti al Kuwayti. Quest’ultimo è un cittadino kuwaitiano ma da anni oramai residente in Pakistan. Per questo sa parlare tanto l’arabo quanto il pashtun. Da alcuni prigionieri è anche indicato come vicino sia a Bin Laden che a Khalid Shaykh Muhammad, uno degli architetti degli attacchi dell’11 settembre. Secondo quanto emerso da WikiLeaks però, un rapporto della Cia dato gennaio 2008 lo dà per morto a seguito di ferite procurate in battaglia.
Come è stato trovato l’ultimo rifugio di Bin Laden
In realtà al Kuwayti è vivo e, nel 2009, la stessa Cia presenterà un rapporto che contraddice quello dell’anno prima. Il terrorista viene citato in quell’anno da altri prigionieri di Guantanamo: molti di loro lo additano come principale uomo di fiducia di Bin Laden. I servizi di intelligence Usa apprendono inoltre che al Kuwayti vive nella cittadina pakistana di Abottabad. Il nome di questa località inizia quindi a destare un certo interesse negli inquirenti sulle tracce di Bin Laden. Nell’agosto del 2010 arriva un’altra svolta: la National security agency rintraccia infatti una chiamata che lo stesso al Kuwayti rivolge ad alcuni familiari in Kuwait. Questo permette la localizzazione della residenza del terrorista.
Le immagini satellitari mostrano un compound apparentemente residenziale, tuttavia al suo interno risultano evidenti anche estreme misure di sicurezza. Per la Cia questa è la prova che, nel complesso abitativo, si nasconde qualcuno di importante. E visto che al Kuwayti è considerato oramai il principale braccio destro di Bin Laden, per la prima volta dal 2001, la sicurezza Usa ha la consapevolezza di essere sulle tracce del fondatore di Al Qaeda.
Il ruolo del medico Shakil Afridi
In questo contesto emerge anche una storia molto particolare. È quella del medico Shakil Afridi. Così come ricostruito dalla Bbc, la Cia avrebbe contattato il professionista per provare a raccogliere il Dna di alcuni abitanti di Abbottabad e, in particolare, di coloro che vivono dentro il compound segnalato. L’escamotage viene rappresentato dalla conduzione di un programma di vaccinazione anti poliomielite. In tal modo i servizi di sicurezza Usa riescono ad ottenere il Dna di presunti parenti di Bin Laden. Ancora oggi però non è stato stabilito se questa operazione si sia realmente rivelata utile prima del blitz. Afridi per il Pakistan è un traditore ed attualmente è in carcere dove sta scontando una pena di 33 anni, seppur per reati non connessi alle operazioni di cattura di Bin Laden.
Neptune Spear, l’operazione che ha portato alla morte di Bin Laden
Nel 2011 da Washington si decide di passare alla fase operativa. Per settimane, anche grazie all’aiuto delle immagini satellitari, viene sondato il terreno e alla fine si decide di intervenire nella notte del 2 maggio. Si arriva così alle ore dove elicotteri e mezzi delle forze speciali cingono d’assedio Abbottabad. Il nome dato all’operazione è quello di Neptune Spear. L’autorizzazione viene data dall’allora presidente Usa Barack Obama il 29 aprile: quest’ultimo segue il blitz dalla situation room della Casa Bianca assieme ai più stretti collaboratori.
Secondo il New York Times in totale sono 79 i soldati prendono parte all’operazione, tutti trasportati sul posto. Tra questi, 25 sono del reparto dei Navy Seals. Una volta dentro il compound, Bin Laden viene subito riconosciuto. Pur se disarmato cerca di opporre resistenza e, da qui, la scelta di ucciderlo. Insieme al fondatore di Al Qaeda muiono all’interno della residenza anche uno dei figli di Bin Laden, così come il corriere al Kuwayti, un parente di quest’ultimo e la moglie.
A Washington sono le 23:35 quando Obama dà l’annuncio alla nazione del blitz di Abbottabad e dell’uccisione di Bin Laden. L’operazione sarebbe durata mezz’ora, al termine della quale una delle mogli del terrorista avrebbe poi riconosciuto il suo cadavere. Proprio per la donna, i Navy Seals avrebbero sparato a Bin Laden prima che quest’ultimo riuscisse ad entrare in possesso delle armi che aveva a disposizione. Da qui le polemiche circa la reale volontà degli Stati Uniti: se cioè si è cercato di eliminare preventivamente il terrorista oppure se si è provato a catturarlo vivo. La versione ufficiale fornita da Washington ha sempre parlato della volontà iniziale di non uccidere Bin Laden.
La falsa foto di Bin Laden
Come principale prova della morte del fondatore di Al Qaeda, durante la notte tra il primo e il 2 maggio viene subito diffuso uno scatto. Nell’immagine si vede raffigurato il volto straziato di un uomo appena ucciso, somigliante a Bin Laden. Poche ore dopo però è la stessa Cia a d affermare che quello ritratto non era il leader jihadista e che la foto era stata ritoccata. Questo ha da subito creato imbarazzo negli Usa, così come ha fatto sorgere speculazioni sulla veridicità delle informazioni trapelate da Abbottabad. Ufficialmente il corpo di Bin Laden viene portato sulla Uss Carl Vision e sepolto nel mar Arabico. Per Washington sarebbero in tal modo state rispettate le procedure di sepoltura musulmane, ma per molte autorità religiose islamiche tale rito non sarebbe in realtà il più appropriato.
Le reazioni alla morte di Bin Laden
Negli Stati Uniti, alla notizia della morte di Bin Laden, scoppiano vere e proprie celebrazioni, soprattutto nei luoghi degli attacchi dell’11 settembre. Buona parte degli attori internazionali commenta l’uccisione del terrorista come un’occasione per ridimensionare la portata della minaccia jihadista. Dopo il blitz invece sorgono alcune dispute diplomatiche tra Usa e Pakistan: Islamabad infatti critica la violazione della sovranità nazionale a seguito dell’operazione di Abbottabad. Al Qaeda, tramite i propri canali web, confermato la morte di Bin Laden il 6 maggio.
Mauro Indelicato. (Inside Over)