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Riad vieta l’import di frutta e verdura libanesi: la reazione di Beirut

(Roma, 27 aprile 2021). Dopo che il Regno Saudita ha imposto il divieto di importare frutta e verdura dal Libano, al fine di contrastare il traffico di sostanze stupefacenti, il presidente libanese, Michel Aoun, e il premier incaricato, Hassan Diab, hanno chiesto ai propri servizi di sicurezza misure più rigorose.

La risposta di Beirut è giunta lunedì 26 aprile, il giorno successivo all’entrata in vigore del divieto imposto dall’Arabia Saudita. Quest’ultima, in particolare, ha deciso di vietare l’import di frutta e verdura dopo aver sventato un tentato contrabbando di 5,3 milioni di pillole Captagon presso il porto di Gedda, dove le sostanze stupefacenti erano state poste in casse che avrebbero dovuto contenere melograni. In realtà, a detta di fonti saudite, Riad ha più volte chiesto a Beirut di intraprendere misure per porre fine al traffico di stupefacenti attraverso le spedizioni di frutta e verdura, senza ottenere risposte concrete. A tal proposito, negli ultimi sei anni sono state più di 600 milioni le pillole Captagon sequestrate, oltre a centinaia di chili di marijuana.

Il Regno ha chiarito che il divieto rimarrà in vigore fino a quando non otterrà dalla controparte libanese garanzie sufficienti e affidabili. Ad ogni modo, le disposizioni di Riad rappresentano un ulteriore colpo per il Libano, il quale continua ad affrontare una grave crisi economica e finanziaria, definita la peggiore dalla guerra civile del 1975-1990. A tal proposito, il Ministero dell’Agricoltura libanese ha riferito che il divieto saudita blocca attività commerciali del valore di circa 24 milioni di dollari all’anno.

Alla luce di ciò, Beirut ha affermato, il 26 aprile, che si impegnerà ad adottare misure più rigorose nella lotta al contrabbando di stupefacenti, così da ripristinare le buone relazioni con Riad. Inoltre, a seguito di un meeting svoltosi al palazzo presidenziale per discutere della questione, Aoun e Diab hanno riferito di aver chiesto alla procura di indagare sui traffici illeciti, mentre il Ministero dell’Interno è stato incaricato di coordinarsi con la controparte saudita per individuare i trafficanti e prevenire il perpetuarsi di operazioni simili. La speranza, è stato riferito in un comunicato, è che il Regno rivaluti la propria disposizione e consenta al Libano di esportare nuovamente frutta e verdura. Come sottolineato dal capo di Stato libanese, il divieto saudita sui prodotti libanesi è la prova tangibile che il contrabbando di qualsiasi tipo danneggia il Paese. Parallelamente, Beirut ribadisce il desiderio di preservare buone relazioni con i vicini arabi, così come sicurezza e stabilità all’interno di ciascuno. Anche Diab ha rilasciato dichiarazioni simili, sottolineando la volontà di cooperare con il Regno per smantellare le reti di contrabbando, seppur consapevole che un semplice divieto non porrà fine a fenomeni simili.

In tale quadro, gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e il Kuwait hanno appoggiato la mossa saudita, confermando il proprio sostegno verso qualsiasi misura volta a contrastare il traffico di stupefacenti e sottolineando la necessità di cooperare in tale ambito. Il Kuwait, poi, ha riferito che il proprio Ministero del Commercio e dell’Industria sta effettuando controlli sui prodotti libanesi importati nel Paese. Tuttavia, la frutta e la verdura del Libano continueranno ad essere importate, seppur con controlli sempre più stringenti. Ad ogni modo, si tratta di Paesi che contribuiscono all’80% del commercio libanese, fondamentali per portare dollari in Libano.

Il Captagon è un composto di anfetamina e altre sostanze stimolanti, da decenni diffuso nei Paesi del Golfo. Si presume che questo venga prodotto in Libano e, probabilmente, in Siria e Iraq per poi essere esportato e consumato in Arabia Saudita. Secondo l’ex ministro dell’Interno libanese, Marwan Charbel, dovrebbero essere le autorità doganali a effettuare maggiori controlli, così da bloccare traffici illeciti. Parallelamente, sono diversi coloro che hanno puntato il dito contro Hezbollah, accusato di controllare soprattutto quei valichi illegali utilizzati per contrabbandare stupefacenti impiegando merci di diverso tipo, da prodotti alimentari, a armi e carburante e trasportare, in tal modo, le sostanze illegali prodotte all’interno di fabbriche collocate in territori sia siriani sia libanesi.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)

(Foto-OLJ)

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