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L’Iran potrebbe usare denaro di Doha per acquistare i caccia di Pechino

(Roma, 20 aprile 2021). Di fronte all’esitazione della Cina nel fornire i propri caccia multiruolo Chengdu J-10 all’Iran, quest’ultimo potrebbe impiegare gli aiuti di Doha per finanziare le proprie spese militari. L’eventuale mossa potrebbe, però, avvenire in un periodo di apparente distensione delle tensioni tra il Qatar e gli altri Paesi del Golfo.

Come spiegato dal quotidiano al-Arab, Teheran desidera acquistare i caccia multiruolo Chengdu J-10 di manifattura cinese, il cui costo oscilla tra i 40 e i 65 milioni di dollari, a seconda dell’equipaggiamento. Se paragonato agli altri caccia presenti sul mercato, prodotti da Stati Uniti, Russia ed Europa, i velivoli cinesi risultano essere più economici. Inoltre, l’acquisto potrebbe essere favorito dal mancato rinnovo dell’embargo sulle armi convenzionali imposto dalle Nazioni Unite, scaduto il 18 ottobre 2020, il che consente a Teheran di acquistare e vendere legalmente armi convenzionali come missili, elicotteri e carrarmati. Tuttavia, come evidenziato anche da esperti cinesi, la cui opinione è stata riportata da al-Arab, l’Iran, anziché pagare in denaro, preferirebbe ottenere i caccia in cambio di gas naturale e petrolio, considerata la sua impossibilità di pagare in dollari o euro, a sua volta provocata dalla scarsità di valuta forte. Alla base di un’operazione simile vi è l’accordo, della durata di 25 anni, firmato tra i due Paesi il 27 marzo, i cui dettagli non sono stati ancora diffusi.

Pechino, però, da parte sua, preferisce essere ripagata in denaro, in quanto ritiene di aver già accumulato risorse energetiche sufficienti e vorrebbe trarre guadagno dai propri accordi militari. Inoltre, come evidenziato da analisti militari, ora non è il momento giusto per la Cina per scambiare armi in cambio di petrolio e gas, in quanto la stessa Pechino è minacciata da sanzioni statunitensi simili a quelle precedentemente imposte all’Iran, che hanno causato l’erosione del suo saldo in valuta estera. Non da ultimo, la Cina è frenata da considerazioni di carattere geopolitico e dal timore di perdere quell’equilibrio instaurato con l’Iran e gli altri partner nella regione del Golfo, tra cui Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (UAE), soprattutto dopo aver precedentemente affermato che l’accordo con Teheran non minerà la sicurezza internazionale. Motivo per cui, il contratto, che prevede l’acquisto di 36 Chengdu J-10, è momentaneamente bloccato.

Un Paese che potrebbe svolgere un ruolo nello sbloccare l’accordo è il Qatar. In particolare, era stato l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani a riferire che Doha avrebbe fornito a Teheran 3 miliardi di dollari, a margine della sua visita del 12 gennaio 2020, svolta a seguito della morte del generale a capo della Quds Force, Qassem Soleimani, del 3 gennaio dello stesso anno, ucciso da un raid aereo ordinato dagli Stati Uniti.

Ad ogni modo, impiegare denaro qatariota per acquistare i caccia cinesi deve tener conto di due considerazioni. Da un lato, il Qatar ospita una delle maggiori basi statunitensi in Medio Oriente, al-Udeid, dove sono stati dispiegati circa 13.000 soldati di Washington, oltre a decine di cacciabombardieri. Doha, inoltre, viene considerata dagli Stati Uniti un partner eccellente, a tal punto che la precedente amministrazione aveva avviato le procedure per nominare il Qatar come “maggiore alleato fuori dalla NATO”, uno status che offre alle nazioni straniere vantaggi in settori come il commercio, la difesa e la cooperazione per la sicurezza.

Dall’altro lato, vi sono le reazioni dei Paesi del Golfo, i quali potrebbero accusare Doha di armare e rafforzare l’Iran, in un momento in cui i rapporti tra il Qatar e i vicini regionali sembrano assistere ad una tregua apparente, dopo anni di crisi. La crisi del Golfo era scoppiata il 5 giugno 2017, a seguito del blocco imposto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto, a sua volta motivato dalle accuse contro Doha di sostenere e finanziare gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah e di appoggiare l’Iran, il principale rivale di Riad nella regione. Un primo passo verso un disgelo delle tensioni risale al 5 gennaio scorso, quando i Paesi fautori dell’embargo si sono detti disposti a porre ufficialmente fine alla crisi e, nella dichiarazione finale di al-Ula, hanno affermato di voler unire i propri sforzi per far fronte alle minacce comuni, Iran in primis.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)

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