Cosa sappiamo degli scontri in corso nel Ciad

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(Roma, 19 aprile 2021). A partire dallo scorso 11 aprile il Ciad è piombato in uno stato di profonda tensione che potrebbe sfociare anche in una vera e propria guerra civile. Gli scontri stanno coinvolgendo le forze regolari da un lato, fedeli al presidente Idriss Deby, e diverse coalizioni anti governative dall’altro. Tra queste ultime a spiccare è soprattutto il Fact, Fronte per l’alternanza e la concordia del Ciad. Le ultime notizie sono contraddittorie: il governo ha dichiarato di avere la situazione sotto controllo, il Fact ha annunciato invece di non essere lontano da N’Djamena, la capitale.

La scintilla delle tensioni: le elezioni dell’11 aprile

Le tensioni in Ciad non sono scoppiate in una data casuale. Domenica 11 aprile infatti, il più grande Paese della tormentata regione del Sahel, è stato chiamato alle urne. Il presidente uscente Idriss Deby si è candidato per ottenere il sesto mandato consecutivo: al potere dal 1990, quando si è posto alla testa a 37 anni di un colpo di Stato, l’attuale leader del Ciad già a gennaio ha presentato la sua nuova candidatura. La corsa per la riconferma non dovrebbe presentare per lui particolari ostacoli, specialmente dopo il ritiro del principale candidato dell’opposizione Saleh Kebzabo. Una mossa quest’ultima che ha avuto il sapore di un vero e proprio boicottaggio, segnale di un profondo malessere all’interno dell’opinione pubblica.

Dopo la chiusura delle urne, sono stati annunciati scontri prima nel nord e poi nel sud del Ciad. Il Fact ha rivendicato le prime azioni volte a conquistare N’Djamena e a scalzare dal palazzo presidenziale Idriss Deby prima ancora della proclamazione dei risultati.

Quali gruppi stanno attaccando la capitale

Il Fact è una delle principali fazioni anti governative attive in Ciad. La sua fondazione risale al 2016 ed è stata figlia di una scissione interna all’Ufdd, Unione delle forze per la democrazia e lo sviluppo. Il suo leader è un ciadiano cresciuto a Reims, in Francia, lì dove si è laureato e militato nel Partito Socialista: si tratta di Mahamat Mahdi Ali, appartenente alla comunità delle etnie goriane, ramificate soprattutto nel nord e nell’ovest del Paese. Per tal motivo il Fact è supportato da queste popolazioni, a cui peraltro apparteneva Hissene Habrè, il presidente spodestato nel 1990 da Deby.

Il Fact è noto per le sue attività fuori dal Ciad. Negli ultimi anni è stato presente soprattutto nel sud della Libia, lì dove ha supportato le forze fedeli al generale Khalifa Haftar. Ed è proprio dalle regioni meridionali del territorio libico che i miliziani del Fact, circa un migliaio, hanno iniziato l’incursione verso il cuore del Ciad. A dar manforte al Fact vi è l’Unione delle Forze di Resistenza (Ufr). A comandare questi miliziani è il nipote del presidente Deby, ossia Timan Erdimi. Protagonista nel 2008 e nel 2019 di due falliti colpi di Stato, l’Ufr annovera al suo interno diversi combattenti dell’etnia zaghawas. Nelle ultime ore alcune note inviate dall’Ufr hanno confermato l’appoggio politico e militare alle manovre poste in essere dal Fact.

Dove sono gli scontri

Il conflitto si sta rapidamente espandendo verso le regioni occidentali e meridionali del Ciad. Toubou Media, un canale che su Twitter dall’11 aprile scorso riporta i comunicati del Fact, ha riferito che i miliziani hanno conquistato alcune importanti località nella regione del Kanem. Si tratta di una zona non lontana dal confine con il Niger e il cui capoluogo Mao è a circa 500 km da N’Djamena. Fonti vicine al Fact hanno rivendicato l’avanzata nel Kanem, mentre dal canto suo il governo ha fatto sapere di aver decimato diverse colonne formate dai combattenti dell’opposizione.

A prescindere dal reale esito di queste battaglie, è indubbio che la tensione oramai si è concentrata in province non molto lontane dalla capitale. A N’Djamena, come sottolineato dall’agenzia AskaNews, diversi cittadini nelle ultime ore si sono riversati in strada per lasciare la città in vista di una possibile battaglia. Il dispiegamento dell’esercito in molte vie della capitale del Ciad ha aumentato la percezione di un imminente assedio. Tuttavia il portavoce del governo, Chérif Mahamat Zene, ha smentito le avanzate ribelli ed ha invitato alla calma, sostenendo che la presenza dei militari per le strade è stata decisa per motivi attinenti alla proclamazione dei risultati elettorali.

Le reazioni internazionali: Parigi spettatrice interessata

Dalla Casa Bianca è stato dato ordine di evacuazione del personale diplomatico non necessario: “Gruppi armati non governativi nel Ciad settentrionale si sono spostati a sud e sembrano dirigersi verso N’Djamena”, si legge in una nota del dipartimento di Stato. La notizia è stata confermata anche dal Guardian. Non c’è però al momento una reazione politica da parte degli Usa sulle tensioni in corso nel Paese africano.

Gli obiettivi in queste ore sono puntati dritti su Parigi. Il presidente Deby è sempre stato considerato vicino alla Francia, ex madrepatria coloniale. Sia nel 2008 che nel 2019 l’attuale capo di Stato ciadiano è stato salvato dai tentativi di golpe proprio grazie all’intervento francese. Come riportato da AgenziaNova, il presidente Emmanuel Macron starebbe seguendo con molta attenzione la situazione in Ciad, tuttavia non avrebbe intenzione di intervenire. Il sito AfricaIntelligence ha avanzato l’ipotesi di una Francia spettatrice delle tensioni ma non parte direttamente in causa.

Mauro Indelicato. (Inside Over)