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Germania: sentenza «storica» per un agente segreto siriano

(Roma il 24 febbraio 2021). Il tribunale tedesco della città di Coblenza ha condannato un profugo, ex agente dei servizi segreti siriani, a quattro anni e mezzo di carcere con l’accusa di favoreggiamento in crimini contro l’umanità.

Il verdetto segna la prima volta che un tribunale fuori dalla Siria si è pronunciato sulla tortura ordinata dal regime del presidente siriano, Bashar Assad. Gli attivisti per i diritti umani sperano che la decisione crei un precedente per altri casi. L’uomo viene identificato dalla stampa tedesca come Eyad A., un membro dell’intelligence siriana che è stato accusato, insieme ad un suo connazionale, Anwar R., di aver partecipato agli arresti, facilitato le torture e permesso gli omicidi dei manifestanti e di alcune figure dell’opposizione nei primi anni della guerra civile siriana, iniziata nel 2011.

Entrambi avevano abbandonato la Siria per chiedere asilo politico in Germania, fuggendo dal regime. Tuttavia, a differenza della maggior parte dei rifugiati, i due uomini avevano fatto parte del meccanismo di oppressione dello Stato siriano e sono stati chiamati a rispondere delle proprie azioni di fronte ad un tribunale tedesco. I pubblici ministeri hanno affermato che Eyad aveva portato almeno 30 manifestanti antigovernativi in una prigione segreta vicino a Damasco nota come Al Khatib, o “Sezione 251”, per essere torturati. Per le accuse, i pubblici ministeri chiedevano per Eyad una condanna a cinque anni e mezzo di carcere. Dall’altra parte, la difesa ha proposto l’assoluzione, sostenendo che l’imputato avrebbe potuto essere ucciso se non avesse eseguito gli ordini.

La difesa ha anche riferito che nonostante l’uomo abbia aiutato a incarcerare le persone che protestavano contro il regime siriano, alla fine non ha eseguito gli ordini del suo superiore di sparargli. Eyad ha disertato nel 2012 ed è fuggito dalla Siria un anno dopo. Dopo aver trascorso del tempo in Turchia e in Grecia, è arrivato in Germania nel 2018 dove è stato riconosciuto da alcune persone che aveva incarcerato, molte delle quali erano arrivate in Germania come rifugiati. È stato arrestato nel 2019, insieme all’ex funzionario siriano più anziano, Anwar R. Nel portare il caso di fronte al tribunale di Coblenza, i pubblici ministeri tedeschi hanno invocato il principio della giurisdizione universale nel diritto internazionale, che consente di perseguire crimini di guerra commessi da stranieri in altri Paesi.

Durante 10 mesi di udienze, più di una decina di uomini e donne siriani hanno testimoniato degli abusi subiti nel centro di detenzione di Al Khatib. La Corte ha anche esaminato migliaia di fotografie che sono state portate fuori dalla Siria da un agente di polizia, che mostravano le vittime delle torture effettuate nel centro. “Questa decisione epocale, grazie agli sforzi di incredibili siriani, è l’inizio di un percorso verso una giustizia più piena in Siria”, ha scritto su Twitter Sara Kayyali, ricercatrice siriana di Human Rights Watch. Kristyan Benedict di Amnesty International ha affermato che, sebbene il verdetto di Coblenza sia stato il primo nel suo genere, “non sarà l’ultimo”. “Questo è un momento importante per la giustizia per i siriani”, ha dichiarato. “Grande rispetto per i sopravvissuti siriani, i testimoni, gli investigatori, gli attivisti e gli avvocati che hanno lavorato a questo caso”, ha aggiunto.

Il processo ad Anwar R. è ancora in corso e dovrebbe durare fino a ottobre del 2021. Il 58enne era uno dei superiori di Eyad A. ed è accusato di crimini contro l’umanità per aver supervisionato gli abusi ai danni di 4.000 prigionieri, che hanno causato la morte di almeno 58 persone, nel centro di detenzione di Al Khatib tra il 2011 e il 2012. L’accusa ha riferito che i prigionieri della struttura venivano appesi per i polsi, subivano elettroshock, venivano picchiati fino a perdere i sensi e sono stati sottoposti a un metodo di tortura chiamato “dulab”, la ruota, in cui le vittime venivano forzate dentro il pneumatico di un tir, per essere storditi.

Maria Grazia Rutigliano. (Sicurezza Internazionale)

(Foto-Corriere)

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