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Il governo italiano blocca l’export di missili e bombe verso l’Arabia Saudita e gli Emirati

(Roma il 29 gennaio 2021). Il provvedimento revoca anche le licenze concesse dall’esecutivo Renzi per oltre dodicimila bombe della Rwm Italia che Riad utilizzava nello Yemen.

Basta forniture di morte, niente più bombe a chi le usa contro i civili: il governo italiano ha deciso di revocare del tutto – non sospendere – le autorizzazioni all’export di missili e bombe verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, Paesi che guidano la coalizione sunnita contro gli Houthi, i ribelli sciiti dello Yemen. È la prima volta che un esecutivo adopera la legge 185 del 1990 per cancellare licenze in realtà concesse quando nello Yemen già si combatteva, oltre che sospendere la concessione di nuove autorizzazioni.

La decisione governativa dovrebbe riguardare sei diverse licenze attualmente già sospese, fra le quali è compresa anche quella denominata “Mae 45560” con la quale il governo Renzi aveva autorizzato l’azienda Rwm Italia a esportare verso l’Arabia Saudita quasi ventimila bombe d’aereo del tipo Mk, per un contratto dal valore superiore ai 411 milioni di euro. Una parte di questa fornitura è già stata consegnata dalla Rwm ai sauditi, per cui si stima che il blocco riguarderà la parte residua del contratto, cioè circa 12.700 bombe.

Finora l’argomento sostenuto per giustificare il via libera alle esportazioni, contestato dai pacifisti e dalle organizzazioni umanitarie, era che il governo di Sana’a aveva chiesto aiuto per sedare l’offensiva lanciata dagli Houthi: non di guerra si sarebbe trattato, ma di questioni di ordine interno. L’argomento ha perso la sua efficacia quando è parso evidente che sul terreno yemenita si combatteva uno scontro per proxy: da una parte l’Iran, che sostiene i ribelli sciiti, dall’altra l’Arabia Saudita, che appoggia il governo di Abdrabbuh Mansur Hadi. Eventuali dubbi residui sono stati fugati dal comportamento delle forze a guida saudita, che colpiscono in modo indiscriminato gli obiettivi senza nessuna tutela per i civili. E questo è espressamente previsto nella legge 185 come impedimento all’export.

Quello che succede nello Yemen, dicono gli esperti incaricati dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, “può costituire crimine di guerra”. E nelle zone dei bombardamenti sono stati ritrovati spesso i resti delle bombe di produzione italiana, al punto che le Organizzazioni pacifiste hanno chiesto l’apertura di un procedimento per omicidio colposo contro i responsabili dell’azienda e i vertici dell’Autorità Uama per l’export di armamenti.

Il provvedimento ha suscitato la soddisfazione degli attivisti: secondo Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Pace Disarmo, “questa decisione dimostra che quando la società civile e le istituzioni si impegnano assieme, è possibile fermare i flussi di armi dove ci sono conflitti e vengono calpestati i diritti umani”. Per Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, « è un risultato importante, perché non solo sospende ma revoce licenze già concesse. Ed è la prova dell’efficacia che possono avere le campagne della società civile nella sua globalità ».

La decisione si affianca a quella del neopresidente americano Joe Biden che ha congelato le forniture militari a sauditi ed emiratini. La guerra civile nello Yemen ha causato oltre 230 mila vittime e una catastrofe umanitaria che coinvolge 22 milioni di persone.

Giampaolo Cadalanu. (La Repubblica)

(Foto-Euronews)

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