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Gli Stati Uniti di Biden si preparano allo scontro finale con la Cina

(Roma 21 gennaio 2021). Con l’uscita di scena di Donald Trump, e il conseguente insediamento dell’amministrazione Biden, le relazioni tra Stati Uniti e Cina avrebbero inaugurato una nuova era, senza l’ombra di tensioni e minacce: questo, in poche parole, era ciò che nelle scorse settimane ripetevano spesso i più autorevoli osservatori della politica internazionale. Sia per la sua indole politica più moderata, che per via di un background professionale poco appariscente, ma incline al compromesso, Joe Biden sarebbe riuscito a intavolare un dialogo costruttivo con il governo cinese. E, chissà, magari pure a sciogliere il nodo della guerra dei dazi e a far confluire Pechino in qualche accordo internazionale, così da ingabbiarne l’ascesa economica.

Neanche il tempo di insediarsi ufficialmente alla Casa Bianca, ed ecco i primi segnali che, almeno all’apparenza, sembrano collidere con il roseo futuro immaginato da numerosi analisti. Partiamo dalle dichiarazioni di Antony Blinken, indicato da Biden come futuro Segretario di Stato. Nell’audizione di conferma davanti al Congresso, Blinken ha spiegato di essere d’accordo con l’irrigidimento delle relazioni con la Cina avvenuto sotto la presidenza Trump. Non solo il prossimo candidato alla diplomazia Usa ha, di fatto, elogiato il modus operandi di The Donald – un metodo fino a pochi mesi fa criticato aspramente dal mondo liberal.

Blinken è perfino arrivato a dire di voler mantenere alta la pressione sul Dragone per quanto riguarda i diritti umani e il commercio, nonostante le richieste di cercare aree di cooperazione. “Anch’io credo che il presidente Trump avesse ragione riguardo a un approccio più duro verso la Cina. Sono in forte disaccordo sul modo in cui ha affrontato la questione in diversi settori, ma il principio-base era quello giusto”, ha dichiarato il neo segretario statunitense.

Quali relazioni ?

Le parole di Blinken sono soltanto la punta dell’iceberg, la prova più evidente che il nuovo team di lavoro allestito da Biden continuerà a vedere la Cina come fumo negli occhi. Altro che fine della Trade War e riavvicinamento strategico: al momento, le previsioni del tempo continuano a segnalare aria di tempesta. Il più grande interrogativo, infatti, riguarda il tipo di relazioni diplomatiche che i Dem vorranno imbastire con Xi Jinping. Trump, nelle scorse ore, ha fatto di tutto per agitare le acque: rima con l’avvicinamento a Taiwan, poi con le accuse sulle origini del coronavirus e, infine, con il tema degli uiguri.

Nell’ultimo giorno dell’amministrazione repubblicana, infatti il segretario di Stato Mike Pompeo ha accusato la Cina di “genocidio” nei confronti dei musulmani e delle minoranze etniche situate nella provincia autonoma dello Xinjiang. “Credo che questo genocidio sia in corso, e che stiamo assistendo al tentativo sistematico di distruggere gli uiguri da parte dello Stato del partito cinese”, ha sostenuto Pompeo, aggiungendo che i funzionari cinesi sono “impegnati nell’assimilazione forzata e nell’eventuale cancellazione di un gruppo etnico e religioso minoritario vulnerabile”.

L’approccio di Biden

Perché scatenare polemiche del genere proprio adesso? Due le spiegazioni plausibili: quelle citate potrebbero essere le ultime azioni del governo uscente contro la Cina, in accordo con Biden, oppure trappole piazzate da Trump appositamente per complicare i rapporti tra la nuova amministrazione e Pechino. Certo è che l’accusa di genocidio ha aperto la porta a possibili sanzioni, che che dovranno poi essere valutate dallo stesso Biden. Il neo presidente, in ogni caso, durante la sua campagna elettorale aveva più volte dichiarato che nello Xinjiang si stava verificando un genocidio ai danni degli uiguri.

Tornando al team scelto da Biden, come se non bastassero le dichiarazioni di Blinken, a rincarare la dose c’ha pensato Avril Haines, candidata a ricoprire il ruolo di guida della National Intelligence. La signora Haines ha fatto capire che servono più risorse per affrontare Pechino, considerata una minaccia a tutti gli effetti anche e soprattutto in campo informatico. Jannet Yellen, scelta invece come segretario al Tesoro, ha accusato la Cina di minacciare le società statunitensi con barriere commerciali e dumping. La sensazione, dunque, è che Biden cambierà velocità di crociera, ma non la traiettoria inaugurata da Trump. Detto altrimenti, Washington potrebbe abbassare i toni, essere più flessibile su taluni argomenti (pensiamo al lato economico) ma inflessibile su altri (i diritti umani). Insomma, Joe Biden sta scaldando i motori per prepararsi al testa a testa finale con Pechino.

Federico Giuliani. (Inside Over)

(Foto- L’imprenditore)

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