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Germania: Laschet, fedelissimo di Merkel, eletto presidente della CDU

Il governatore del Nordreno-Westfalia, 59 anni, guiderà il partito di Angela Merkel, che alle elezioni di settembre per la prima volta non sarà candidata dopo 16 anni di governo.

Ha vinto la continuità, il fedelissimo di Angela Merkel, il garante della ricerca dei voti al centro, di una traiettoria europeista e pro-migranti e di una convergenza post-elettorale con i Verdi: Armin Laschet. È il governatore 59enne del Nordreno-Westfalia il nuovo presidente della Cdu, del più grande partito conservatore d’Europa. E sarà lui a dover garantire che l’attuale consenso alle stelle – il 37-38% – resti intatto fino alle elezioni politiche del 26 settembre. Non sarà un compito facile.

In una sala vuota, senza applausi, senza mormorii, risate o abbracci, al termine del primo congresso digitale dei cristianodemocratici, Laschet ha ringraziato per ben due volte la reggente del partito, Annegret Kramp-Karrenbauer, forse per cancellare il pessimo ricordo del saluto di ieri sera di Angela Merkel. La cancelliera non ha mai accennato alla sua ex delfina, non l’ha mai ringraziata per aver preso le redini in mano in uno dei peggiori momenti della storia del partito, nel 2018, quando la cancelliera abbandonò la presidenza mentre la Cdu era in piena tempesta, umiliata dall’ennesima debacle in un’elezione regionale (in Assia).

 Laschet è anche il probabile candidato alla successione di Angela Merkel. La decisione sulla corsa alla cancelleria sarà presa in primavera, insieme alla sorella bavarese del partito, la Cdu. E il 14 marzo due elezioni regionali, in Baden-Wuerttenberg e Renania Palatinato, dove i cristianodemocratici potrebbero incassare una batosta, rischiano ancora di compromettere la corsa del cinquantacinquenne. Insieme ai sondaggi nazionali, in cui Laschet, finora, è debole.

 Da mesi si vocifera della possibilità che Markus Soeder, il leader della Csu, possa essere scelto per la corsa al dopo-Merkel. Ma come fa notare un delegato renano della Cdu, “quando accadde l’ultima volta, nel 2002, il partito era all’opposizione. Stavolta la Cdu ha ottime possibilità di vincere le elezioni. Rinunciare in partenza alla candidatura per la cancelleria ci azzopperebbe, anche agli occhi degli elettori”.

 Inoltre, un noto asset di Laschet è la capacità di condurre una campagna elettorale. Nel 2017 riconquistò il Nordreno-Westfalia alla ‘rossa’ e popolarissima Hannelore Kraft (Spd). E nonostante gli intrighi delle ultime settimane e i rumors che lo volevano già fuori gara, ha pazientemente riconquistato la maggioranza dei delegati per sé.

Tuttavia, il ballottaggio vinto sul filo – 52% contro il 48% incassato dal rivale Friedrich Merz – segnala che il primo compito di Laschet sarà quello di ricompattare un partito lacerato da anime molto divergenti. Dei tre candidati che si sono presentati stamane, Laschet ha fatto il discorso più convincente, anche se senza guizzi particolari.

 Il candidato renano ha ricordato il padre minatore e il valore principale che gli ha trasmesso: l’importanza di potersi fidare. E ha punzecchiato il suo rivale Merz sostenendo che la Cdu debba rifiutare ogni estremismo, evitare di polarizzare: serve “un capitano di squadra, non un amministratore delegato”, con chiaro riferimento al passato nel fondo finanziario Blackrock del suo avversario Merz.

 Il suo rivale, ex capogruppo della Cdu, si è detto all’opposto convinto che la Cdu occorra “riconquistare i populisti per il centro”. Il politico conservatore guarda esclusivamente agli elettori di destra. Tanto che ha ribadito di non volersi mai alleare con l’Afd né al livello federale, né locale. E ha subito sottolineato la differenza con i Verdi: “il catastrofismo di chi dice che il mondo tramonterà, io non lo sottoscrivo. È una sfida che si vince con la tecnologia”.

 Il terzo contendente, finito fuori gara al primo giro di voti del 1001 delegati, è Norbert Roettgen. Dopo un’ottima campagna elettorale, cominciata con numeri al lumicino e terminata con risultati dignitosi anche nei sondaggi nazionali, il presidente della Commissione Esteri ha fatto un discorso centrista, contro i populismi, contro gli estremismi e a favore dell’ambiente.

 Ma nei dieci minuti consentiti ai tre candidati per il discorso di presentazione, né Roettgen, noto esperto di geopolitica e atlantista di ferro, né Laschet, né Merz hanno speso una sola parola sull’Europa. Un po’ curioso, per il partito conservatore che più di ogni altro influenzerà i destini del continente, nei prossimi anni.

Tonia Mastrobuoni. (La Repubblica)

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