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USA: nuove sanzioni contro la Siria di Assad

(Roma 23 dicembre 2020). Il 22 dicembre, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni alla Siria, prendendo di mira anche la Banca Centrale del Paese e la moglie del presidente, nel continuo sforzo di tagliare i fondi del governo di Bashar al-Assad e spingerlo a negoziare una soluzione politica.

La decisione è stata commentata dal segretario di Stato degli USA, Mike Pompeo, che ha dichiarato che gli Stati Uniti continueranno colpire coloro che cercano di prolungare il conflitto siriano. In una dichiarazione separata, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha riferito che le nuove sanzioni colpiscono nello specifico 2 persone, 9 entità aziendali e la Banca Centrale della Siria alla lista nera.

Il Dipartimento di Stato degli USA ha preso di mira anche Asma al-Assad, la moglie di origine britannica del presidente siriano, accusandola di ostacolare gli sforzi per una risoluzione politica della guerra, insieme a diversi membri della sua famiglia. Non è la prima volta che la donna viene colpita da sanzioni statunitensi. Le sanzioni congelano tutti i beni posseduti negli USA di coloro che sono stati inseriti nella lista nera e generalmente impedisce ai cittadini statunitensi di avere a che fare con le persone e società in questione. Anche i non-americani che si impegnano in determinate transazioni con le entità inserite nella lista nera possono essere colpiti da sanzioni, secondo quanto riferito dal Tesoro.

Già il 30 settembre, gli USA avevano inserito 13 società e 6 individui, compreso il governatore della Banca Centrale della Siria, nella lista nera. Tale mossa era mirata a diminuire le entrate per il governo di Assad e una maggiore tensione interna al governo siriano. “Gli Stati Uniti continueranno a impiegare tutti i loro strumenti e la loro autorità per prendere di mira i beni di chiunque tragga profitto o faciliti gli abusi del regime di Assad nei confronti del popolo siriano”, aveva riferito in una dichiarazione il segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Steven Mnuchin. Separatamente, il segretario di Stato degli USA, Mike Pompeo, aveva avvertito che le misure ai danni di funzionari, comandanti e “leader aziendali corrotti” non cesseranno fino a quando il regime di Assad e i suoi promotori non prenderanno provvedimenti irreversibili per porre fine alla loro campagna di violenza contro il popolo siriano. Pompeo aveva aggiunto che Damasco doveva allinearsi con il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, nello specifico, con la Risoluzione 2254. Questa è stata adottata all’unanimità il 18 dicembre 2015 e chiede l’imposizione di un cessate il fuoco e il raggiungimento di una soluzione politica in Siria.

Washington aveva anche inserito nella lista nera il capo della Direzione Generale dell’Intelligence siriana, il Ministero del Turismo e un uomo d’affari, Khodr Taher Bin Ali. Quest’ultimo, secondo il Tesoro statunitense, sarebbe collegato al governo di Assad, così come la sua rete di società. Gli USA hanno concesso fino al 30 dicembre a queste imprese e individui per effettuare operazioni e attività necessarie per la liquidazione dei propri rapporti nei Stati Uniti. Anche il comandante del 5° Corpo dell’Esercito Arabo Siriano, Milad Jedid era stato inserito nella lista nera, poiché accusato di essere coinvolto in attività che impediscono un cessate il fuoco nel Paese, insieme ad altri due cittadini siriani, non meglio identificati.

La guerra siriana è entrata ormai nel suo decimo anno. Questa era scoppiata il 15 marzo 2011, quando parte della popolazione aveva iniziato a manifestare e a chiedere le dimissioni del presidente Assad. Numerosi eventi ed attori nazionali ed internazionali si sono susseguiti negli anni, con conseguenze catastrofiche per la popolazione civile, sopratutto nelle aree controllate di cosiddetti “ribelli”. Tale fazione ha finito per includere uno spettro di persone, dal civile critico contro il regime al jihadista radicalizzato. In tale contesto, l’esercito del regime siriano è coadiuvato da Mosca, oltre ad essere appoggiato dall’Iran e dalle milizie libanesi di Hezbollah.

Maria Grazia Rutigliano. (Sicurezza Internazionale)

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