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Cosa cambia nel diritto internazionale con la guerra nel Nagorno Karabakh

(Roma 29 novembre 2020). Il recente scontro nel Nagorno non ha aperto solo nuove (ed ennesime) ferite nella regione, ma ha anche contribuito a creare divisioni tra gli studiosi di diritto internazionale. La domanda è la stessa che da decenni riecheggia quando si tratta di tensioni etniche e di sovranità degli Stati: quale principio deve prevalere tra l’autodeterminazione dei popoli e il rispetto dell’integrità territoriale? Gli armeni sostenevano il primo, gli azerbaigiani hanno sostenuto, inviando droni e soldati, il secondo.

Il principio di autodeterminazione dei popoli

Per comprendere la natura del problema, è necessaria la comprensione su che cosa si intende per principio di autodeterminazione dei popoli. Negli ultimi anni questo termine è stato di gran lunga abusato, soprattutto in Europa. Le rivendicazioni territoriali ed etniche, molto forti specialmente ad inizio anni ’10 del nuovo secolo, hanno più volte riproposto il tema. Nel vecchio continente sono stati diversi i movimenti indipendentisti nati nell’ultimo decennio, portando sotto i riflettori mediatici il concetto delle “piccole patrie” rivendicate in virtù proprio del principio di autodeterminazione dei popoli. Il caso catalano è forse quello più eloquente, mentre il dossier scozzese è stato quello più sentito visto il referendum organizzato nel settembre del 2014. In primo luogo occorre stabilire che il principio di autodeterminazione non vale per i popoli, bensì per gli Stati. Al massimo, un popolo può decidere di autodeterminarsi tramite l’autodeterminazione di uno Stato per il quale reclama l’autonomia o l’indipendenza. In secondo luogo, secondo il diritto internazionale non occorre considerare l’autodeterminazione interna, bensì quella esterna. Infine, quest’ultima è possibile rivendicarla qualora sussistano tre precise condizioni: il regime coloniale, la dominazione straniera e l’apartheid, ossia uno Stato che perseguita una minoranza di una determinata regione. A sancire questi principi sono principalmente lo Statuto delle Nazioni Unite, all’articolo 1 e agli articoli 55 e 56, così come la Dichiarazione dell’Assemblea generale sull’indipendenza dei popoli coloniali del 1960. Inoltre, l’autodeterminazione è citata come ottavo principio della carta di Helsinki del 1975. Ma in questo documento, il punto n. 4 parla anche di un altro argomento fondamentale: il principio dell’integrità territoriale.

Il caso del Kosovo

La balcanizzazione ha avuto un’influenza molto forte nella diffusione di idee e movimenti ispirati al principio di autodeterminazione. Soprattutto quando, oltre allo sfaldamento della Jugoslavia, è seguita la stagione delle rivendicazioni dei kosovari: questi ultimi, di etnia albanese, hanno lamentato persecuzioni da parte dei serbi. La fine dell’autonomia della regione, decretata sul finire degli anni ’80, ha acuito le tensioni. Si è arrivati ​​a una guerra culminata con della Nato nel marzo del 1999. Dopo nove anni, il Kosovo ha dichiarato unilateralmente la sua indipendenza. Alla base di questo atto proprio il principio secondo cui la fine dell’autonomia avrebbe provocato un regime di apartheid verso l’etnia kosovara. Alcuni governi hanno subito riconosciuto l’indipendenza, altri invece hanno sostenuto l’illegalità dell’operazione. In particolare, oltre ovviamente alla Serbia, anche Russia, Spagna, Cipro e Grecia hanno dichiarato come, seguendo i principi del diritto internazionale, era venuta meno l’integrità territoriale di Belgrado.

Il caso del Kosovo è stato il primo in cui il principio di autodeterminazione ha scavalcato quello dell’integrità territoriale. Il nuovo Stato è infatti ad oggi riconosciuto dalla più della metà degli attori internazionali. Una situazione che ha fatto scuola. Mosca nel 2008 ha riconosciuto il diritto all’autodeterminazione di Ossezia e Abcasia proprio partendo dal caso kosovaro. Poco più tardi lo stesso scenario e le stesse motivazioni si sono riproposte a proposito delle rivendicazioni del Donbass, l’area russofona dell’Ucraina, e della Crimea. Quest’ultima, tramite un referendum, è stata inclusa all’interno della federazione russa.

La svolta del Nagorno

Forti di questi precedenti, anche gli armeni nel Nagorno speravano in una simile risoluzione nella vicenda. La loro regione infatti, storicamente un aggiornato armena, de jure è compresa all’interno dell’Azerbaigian. De facto però dal 1994 era amministrata dalla repubblica filo armena dell’Artsakh. Uno Stato non riconosciuto a livello internazionale, ma che ambiva ad esserlo. I tempi però evidentemente sono cambiati: “Il principio di autodeterminazione forse non è più utilizzabile in contesti del genere”, ha dichiarato ad InsideOver l’analista e ricercatore Francesco Trupia. Questa volta, a differenza che nel passato recente, a prevalere è stato il principio dell’integrità territoriale rivendicato dall’Azerbaigian.

Baku ha inviato l’esercito nel Nagorno forte della situazione di diritto che definiva azeri i distretti della regione. Nessun governo si è opposto all’azione militare nell’Artsakh proprio per questo motivo. Si è quindi davanti a un ribaltamento della scena visto negli ultimi anni: questa volta a prevalere è stato il principio dell’integrità territoriale su quello dell’autodeterminazione. Una circostanza che potrebbe determinare importanti svolte anche in altri scenari.

Mauro Indelicato. (Inside Over)

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