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Trump cade, Erdogan in visibilio

(Roma 07 novembre 2020). La vittoria di Biden favorisce alcuni leader mondiali e ne danneggia altri. Tra i più danneggiati figurano Orban, primo ministro dell’Ungheria, e Bolsonaro, presidente del Brasile, il quale aveva imitato lo slogan di Trump nella sua campagna elettorale del 2018: “Il Brasile soprattutto”. Le simpatie di Orban per Trump sono comprensibili: Obama e Biden lo avevano attaccato per i suoi modi “illiberali”, lodati da Trump, che ha addirittura ritirato un programma di aiuti per 700mila dollari in favore dei media indipendenti ungheresi. Trump non ha fatto niente per proteggere la sede di Budapest della liberale Central European University, fondata da George Soros, che Orban ha costretto a lasciare il Paese: è stato Michael Ignatieff, il rettore canadese, a puntare il dito contro Trump. L’Unione Europea, di cui l’Ungheria è parte, gioisce: Trump aveva operato per smembrarla, favorendo la Brexit e qualunque altra “exit” da Bruxelles. Ne sa qualcosa Macron, a cui Trump aveva suggerito di seguire la strada di Londra: meglio trattare gli affari con tanti governi deboli, pensava Trump, piuttosto che con un’unione forte. Gioisce anche Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato. Trump aveva messo in discussione la sua fedeltà all’articolo 5 del trattato, relativo alla mutua difesa in caso di aggressione esterna: con Putin alle porte dell’Ucraina, non è stata una buona notizia per l’Europa, invitata dalla Merkel a non fare più affidamento sugli Stati Uniti per la difesa dai nemici. La vittoria di Biden svantaggia anche Matteo Salvini, avvolto in una mascherina pro-Trump: chiunque aspiri a diventare presidente del Consiglio in Italia aspira a ritrovarsi con un presidente americano affine. Il governo Conte non perde e non guadagna. Che alla Casa Bianca ci siano Trump o Biden, la richiesta degli Stati Uniti non cambia ed è gravosa: Conte deve smettere di fare affari con la Cina. Anzi, Biden ha dichiarato che sarà più duro di Trump con Pechino, il che lascia presumere che sarà ancora più pervicace con l’Italia. Anche Kim Jong-un si trova in una posizione di indifferenza: ormai ha la bomba atomica e gli Stati Uniti possono fare soltanto accordi con la Corea del Nord. La posizione strategica di Kim Jong-un è troppo forte e, fatta eccezione per la guerra nucleare, Biden non ha più armi di Trump per progredire in quel versante.

Maduro, in Venezuela, si rallegra: non è detto che con Biden le cose migliorino per lui, ma di certo si è liberato di un nemico acerrimo. Oltre a imporre le sanzioni, Trump aveva addirittura pensato di inviare i soldati americani per rovesciare Maduro in favore di Guaidò: un’ipotesi tramontata non appena Russia, Cina e Turchia, non proprio pesi piuma, si sono schierati con il presidente venezuelano. Erdogan è in visibilio. La sua convivenza con Trump è stata penosa, sgradita e afflittiva. Per piegare Erdogan e ottenere il rilascio di un cittadino americano, Trump aveva imposto sanzioni contro la Turchia, causando il crollo della sua moneta, di cui si era rallegrato: in una lettera al “New York Times” del 10 agosto 2018, Erdogan aveva minacciato di uscire dalla Nato. Per non parlare del tentativo iniziale di Trump di creare un’entità curda in Siria sul confine turco. È vero che Erdogan ha prevalso, ma al prezzo amaro di una guerra. Piangono Netanyahu e il re dell’Arabia Saudita: è difficile immaginare due leader mondiali più danneggiati di loro dalla caduta di Trump. Per Netanyahu, il danno è minore, avendo già incassato tutto il bottino, vale a dire il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale d’Israele e la normalizzazione dei rapporti con i Paesi del Golfo. Il re saudita soffre di più: Biden si oppone ai bombardamenti sauditi in Yemen e, se riesumasse gli accordi con l’Iran, l’Arabia Saudita arretrerebbe a vantaggio dell’Iran, il suo più grande rivale. Liberata dalle sanzioni, Teheran tornerebbe ad arricchirsi e a investire nella difesa, spaventando così anche Netanyahu: Hamas e Hezbollah, in guerra perenne con Israele, sono armati proprio dall’Iran. Putin è tra i principali danneggiati: quando Trump era in vantaggio nella conta, i suoi vertici hanno dichiarato che gli americani erano con Trump e che, per questo motivo, le accuse contro Putin di avere interferito nelle elezioni del 2016 cadevano da sole. Strano ragionamento, che non ha portato fortuna.

Alessandro Orsini. (Sicurezza Internazionale)

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