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Attentato di Nizza: le reazioni della Tunisia e del mondo arabo

(Roma 30 ottobre 2020). La Tunisia ha condannato duramente l’attacco di Nizza del 29 ottobre ed ha avviato indagini sulla famiglia dell’attentatore. Anche l’Arabia Saudita ha sottolineato che tali episodi contraddicono i valori alla base di qualsiasi credo e religione.

L’attentato a cui si fa riferimento ha avuto luogo nella città francese di Nizza, all’interno della basilica di Notre-Dame dell’Assunzione, situata nel centro della città. Qui, un uomo armato di coltello ha ucciso tre persone, due donne e un uomo, e ne ha ferite numerose altre. Il procuratore antiterrorismo francese è stato coinvolto per indagare sulle accuse di “omicidio legato a un’organizzazione terroristica”. Il sospetto fermato dalla polizia si chiama “Brahim”, ed è stato inizialmente identificato con Ibrahim Awassawi, un ragazzo tunisino di 21 anni, presumibilmente entrato in Europa da Lampedusa, insieme ad altre decine di migranti, alla fine del mese di settembre, per poi giungere in Francia agli inizi di ottobre. Secondo fonti tunisine, il nome “Brahim” farebbe, invece, riferimento a Brahim bin Muhammad Saleh al-Issawi, della città di Bouhajla, situata nel nel governatorato tunisino di Kairouan.

A seguito dell’attentato, diversi Paesi del mondo arabo hanno sollevato voci di condanna. La Tunisia, Paese d’origine del sospetto attentatore, ha riferito che il pubblico ministero del Consiglio giudiziario per la lotta al terrorismo “ha aperto un’indagine giudiziaria”. In particolare, la polizia tunisina, stando a quanto riportato da un corrispondente del quotidiano arabo al-Arabiya, ha avviato un’inchiesta riguardante i membri della famiglia di Brahim, residenti nella città tunisina di Sfax.

Parallelamente, il Ministero degli Affari Esteri di Tunisi ha affermato il suo totale rifiuto verso tutte le forme di terrorismo, estremismo e violenza, mettendo in guardia dall’utilizzo di luoghi santi e religiosi per scopi ideologici e politici, oltre che del loro collegamento al terrorismo. Di fronte a tale scenario, ha ribadito il Ministero tunisino, è importante profondere sforzi congiunti a livello regionale e internazionale per sconfiggere la minaccia terroristica e l’estremismo violento e prevenire qualsiasi ripercussione per la sicurezza e la stabilità dei singoli Stati. La tolleranza, il dialogo e la moderazione, è stato evidenziato, sono valori comuni a tutta l’umanità e, in quanto tali, devono essere rispettati. Infine, Tunisi ha evidenziato la necessità di tenere la religione lontana dal flagello del terrorismo, poiché è un “fenomeno transnazionale, senza religione, genere o colore”.

Anche il Regno saudita ha espresso una dura condanna per gli attentati del 29 ottobre. Il Ministero degli Esteri, così come il Consiglio di esperti religiosi di alto livello, hanno evidenziato il proprio rifiuto verso azioni simili che “generano odio, violenza ed estremismo” e contraddicono i veri valori della religione islamica. “L’Islam, con i suoi grandi insegnamenti, sostiene la salvaguardia della popolazione civile e onora la santità del sangue umano”, è stato affermato. Dichiarazioni simili sono giunte anche da Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Kuwait, i quali hanno altresì sottolineato le minacce poste alla sicurezza e alla stabilità regionale ed internazionale.

Non è la prima volta che un tunisino sbarcato in Italia commette poi un reato di terrorismo in Europa. Uno è Anis Amri, un tunisino sbarcato a Lampedusa, insieme ad altri migranti, nel febbraio 2011, e successivamente risultato essere l’autore dell’attentato contro il mercatino di Natale di Berlino, il 19 dicembre 2016, dove 12 persone vennero uccise e 48 ferite. Dopo essersi dato alla fuga, la sera del 23 dicembre, l’uomo fu ucciso davanti alla stazione di Sesto San Giovanni, nel milanese, da una pattuglia di polizia. Come si era già verificato in altri casi, le indagini misero in luce che il tunisino era già noto sia alle autorità tedesche, sia alle autorità italiane. Pochi mesi dopo lo sbarco, Amri era stato condannato a 4 anni di carcere per aver causato un incendio presso il centro di accoglienza di Belpasso, vicino a Catania. Le autorità italiane emisero ai tempi un provvedimento di espulsione che tuttavia non venne mai attuato per via di un ritardo di scambi di documenti da parte della Tunisia.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)

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