(Roma-08 luglio 2020). La situazione economica e finanziaria del Libano continua a peggiorare, causando instabilità anche a livello politico. Nel frattempo, mercoledì 8 luglio, manifestanti pro-Hezbollah hanno occupato le strade di Beirut, in occasione della visita di Kenneth F. McKenzie, capo del comando centrale dell’esercito statunitense.
Secondo quanto riportato dal quotidiano al-Araby al-Jadeed, gruppi di manifestanti hanno occupato la strada che conduce all’aeroporto di Beirut, in segno di protesta contro la visita di McKenzie, il quale si prevede incontrerà sia il capo di Stato, Michel Aoun, sia il premier, Hassan Diab. I cittadini libanesi sostenitori di Hezbollah criticano, in particolare, l’ingerenza di Washington negli affari interni di Beirut e le sue continue provocazioni. Inoltre, le proteste dell’8 luglio sono giunte in concomitanza con l’arrivo nel Paese di Kassim Tajideen, un uomo d’affari libanese detenuto negli USA per tre anni con l’accusa di aver finanziato Hezbollah. Quest’ultimo, sebbene sia un’organizzazione paramilitare sciita e un attore chiave nell’arena politica del Libano, è stato classificato come «terroristico» dagli Stati Uniti, oltre che da Germania, Regno Unito, Canada, Israele, dal Gulf Cooperation Council (GCC) e dalla Lega Araba.
Allo stesso tempo, in Libano vi sono altresì cittadini che si oppongono al cosiddetto «Partito di Dio», Hezbollah, e che hanno più volte reclamato il suo disarmo. Per molti libanesi, soprattutto sunniti, è questa una delle cause alla base delle «calamità» abbattutesi sul Paese, tra cui la perdurante crisi finanziaria ed economica, ritenuta la peggiore minaccia per il Libano dalla guerra civile del 1975-1990, che ha causato un aumento dei tassi di povertà e disoccupazione. Non da ultimo, anche la classe politica al potere sembra far fronte ad una rinnovata instabilità, che sembrava essere superata con la nomina del premier Hassan Diab, il 21 gennaio 2020, avvenuta a seguito di una forte mobilitazione popolare iniziata il 17 ottobre 2019.
Diab è accusato di non essere in grado di gestire la crescente crisi e di non aver saputo negoziare con il Fondo Monetario Internazionale (FM), a cui era stato inizialmente presentato un piano di riforme, uno dei prerequisiti necessari per ottenere l’assistenza del FMI. Tuttavia, come dichiarato il 3 luglio dal ministro delle Finanze, Ghazi Wazni, i colloqui tra la delegazione libanese e quella del Fondo sono in una fase di stallo, a causa delle divergenze tra l’esecutivo libanese, l’Associazione delle Banche e la Banca centrale circa il calcolo delle perdite economiche registrate negli ultimi anni.
In tale quadro, il ministro degli Esteri libanese, Gebran Bassil, un sostenitore di Hezbollah e altresì leader del Free Patriotic Movement, un partito fondato nel 2005 dall’ex generale Michel Aoun, ha affermato, il 7 luglio, che il Libano è stato posto «sotto assedio finanziario» da parte di Paesi stranieri, i cui aiuti non verranno offerti gratuitamente. Al contrario, sarà la sovranità libanese a pagarne le spese. Non da ultimo, ha sottolineato il ministro, sono i donatori stranieri ad aver esercitato pressioni su Beirut, affinché questa attui le riforme necessarie, anche in materia di corruzione. Tuttavia, ha avvertito Bassil, il rischio è che stia per essere messo in atto «un gioco internazionale», volto ad indebolire il Libano o Hezbollah.
In un quadro sempre più negativo, il 7 luglio vi è stato un «barlume di speranza», a detta di Diab. In tale data, il governo libanese ha nominato un nuovo consiglio di amministrazione volto a controllare la compagnia elettrica statale, Électricité du Liban (EDL), più volte accusata di corruzione e frode. Le perdite annue della società avevano raggiunto una quota pari a circa $ 2 miliardi all’anno, rappresentando la più grande perdita di risorse finanziarie dello Stato. Pertanto, la riforma del settore elettrico era stata una delle richieste fondamentali del FMI e dei potenziali Stati donatori per fornire l’assistenza richiesta. Sebbene il nuovo consiglio di amministrazione non sia stato esente da critiche e opposizioni, la mossa del 7 luglio ha tuttavia rappresentato un primo cambiamento.
(Piera Laurenza-Sicurezza Internazionale). (L’articolo)