(Roma-26 maggio 2020). Il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) si trova ad affrontare sfide senza precedenti, dalla perdurante crisi del Golfo alla più recente pandemia di Covid-19.
Questo è quanto affermato dal segretario generale del GCC, Nayef al-Hajraf, il 25 maggio, in occasione del 39esimo anniversario della fondazione dell’organizzazione, lanciata il 25 maggio del 1981 ad Abu Dhabi. Si tratta di un’organizzazione internazionale regionale che unisce 6 Paesi del Golfo, ovvero Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait e Oman, ed i cui scopi sono prevalentemente di natura politica, economica e sociale.
Tuttavia, a seguito di una disputa regionale, a partire dal 2017, il Qatar è stato progressivamente isolato dagli altri Paesi della regione. La cosiddetta «crisi del Golfo» ha avuto inizio il 5 giugno 2017, data in cui è stato imposto su Doha un embargo diplomatico, economico e logistico, accusandola di sostenere e finanziare gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah e di appoggiare l’Iran, il principale rivale di Riad nella regione. I Paesi fautori del blocco sono stati Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrain. Da parte sua, il Qatar ha respinto le accuse, pur rimanendo in una condizione di isolamento che ha comportato la chiusura dei confini aerei, marittimi e terrestri, e l’espulsione dei cittadini qatarioti dai Paesi promotori dell’embargo.
Tale disaccordo continua ancora oggi e, come sottolineato da al-Hajraf, rappresenta un ostacolo per il cammino stesso del GCC, nonché fonte di preoccupazione. Tuttavia, il segretario generale si è detto ottimista circa una possibile risoluzione della controversia all’interno del Consiglio. Da parte loro, i quattro Paesi fautori del blocco hanno imposto delle condizioni per porre fine alla disputa, tra cui la chiusura del quotidiano d’informazione Al-Jazeera e della base militare turca a Doha e la limitazione delle relazioni con l’Iran, ma il Qatar le ha rigettate definendole «non realistiche», oltre a rappresentare una violazione della propria sovranità.
Un’altra sfida attuale per il GCC, a detta di al-Hajraf, è rappresentata dalla pandemia di coronavirus e dalle conseguenze che questa ha ed avrà per i Paesi del Golfo. Per tale motivo, ha ribadito il segretario generale, è necessario collaborare e intraprendere azioni comuni che mirino ad affrontare il mondo post-coronavirus e quanto ne scaturirà a livello economico, sanitario, lavorativo e di sicurezza. Il fine ultimo, è stato evidenziato è salvaguardare la popolazione e preservare i risultati ottenuti fino ad ora.
In tale quadro, sono 69 le personalità provenienti dai Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo che, il 25 maggio, hanno firmato una dichiarazione congiunta, in cui è stato evidenziato come la pandemia cambierà le dinamiche a livello regionale ed internazionale, esercitando altresì maggiori pressioni sulle economie dei singoli Stati. Per tale motivo, è stato affermato, i cambiamenti attuali richiedono sforzi congiunti e il superamento di divergenze e divisioni, con il fine di cercare soluzioni comuni e mitigare i pericoli che provengono dai confini della regione. Solo unendo le proprie forze sarà possibile affrontare le minacce e preservare la sicurezza e la stabilità. Secondo quanto rivelato da uno dei firmatari, i Paesi del GCC hanno mostrato insoddisfazione di fronte alla perdurante crisi del Golfo, la quale, oltre a minare l’efficienza dell’organizzazione, ha provocato l’interruzione di alcune attività ed operazioni. Per tale motivo, sono stati e vi saranno tentativi volti a risanare la «spaccatura».
(Piera Laurenza-sicurezzainternazionale)