(Roma, 02 dicembre 2025). Le parole dell’ammiraglio Cavo Dragone, ai vertici dell’Alleanza Atlantica, sulla necessità di essere «proattivi» verso le minacce di Mosca evocano i precedenti blitz sulla cybersicurezza operati dal Cremlino
Era dai tempi di Mario Draghi che un italiano non riceveva un plauso corale da media e opinione pubblica di Kiev. Ieri il nome dell’ammiraglio Cavo Dragone circolava sugli schermi di tutti telefoni. Mentre dalla Florida si attendevano le prime impressioni della delegazione ucraina mandata negli Usa alla vigilia del nuovo incontro a Mosca tra Vladimir Putin e l’inviato Usa Witkoff. Da Parigi il presidente Zelensky ha ribadito le condizioni per il negoziato, riassunte in quattro parole: «Nessuna ricompensa per Mosca». Ma Donald Trump in serata ha fatto sapere di essere «molto ottimista».
La giornata si era aperta con le dichiarazioni di Cavo Dragone, per conto della Nato, al “Financial Times”. «Stiamo studiando tutto… Sul fronte informatico, siamo in un certo senso reattivi. Essere più – ha dichiarato il presidente del Comitato militare dell’Alleanza Atlantica – aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando». In altre parole un cambio di dottrina. Un «attacco preventivo» che potrebbe essere considerato «un’azione difensiva», ha aggiunto. Una ipotesi tuttavia, «più lontana dal nostro normale modo di pensare e di comportarci». In altre parole, un messaggio a Mosca. Che ha reagito con la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, secondo cui si tratta di un «passo estremamente irresponsabile, che indica la volontà dell’alleanza di continuare a muoversi verso un’escalation». Fin troppo facile per Zakharova vedere «in questo un tentativo deliberato di minare gli sforzi per superare la crisi ucraina». Infine l’avvertimento all’ufficiale italiano: «Le persone che rilasciano tali dichiarazioni dovrebbero essere consapevoli dei rischi e delle possibili conseguenze, anche per gli stessi membri dell’alleanza».
Le parole dell’ammiraglio evocano una serie di precedenti ad opera proprio del Cremlino, che ha ordinato durante la guerra in Ucraina operazioni ibride contro obiettivi occidentali. In particolare, attacchi e intrusioni contro siti governativi di Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Germania, Italia. Oltre ai tentativi di penetrare le reti elettriche in Polonia, Repubblica Ceca e Germania. Il 24 febbraio del 2022, nelle stesse ore in cui veniva dato l’ordine di invadere l’Ucraina, scattarono attacchi contro la rete satellitare europea. Tra gli obiettivi anche parlamenti nazionali, ministeri della difesa, portali sanitari, aeroporti. Le sigle di pirati e terroristi informatici coinvolte sono risultate riconducibili ad agenzie controllate dal Cremlino.
Ieri il presidente Volodymyr Zelensky è arrivato a Parigi per discutere con Emmanuel Macron le prossime mosse. La visita é stata programmata a poche ore dai colloqui tra funzionari ucraini e statunitensi in Florida, nel tentativo di riscrivere l’iniziale proposta americana in 28 punti, piú che gradito da Mosca. «La pace deve diventare davvero duratura. La guerra deve finire il prima possibile», ha detto Zelensky che ha elogiato i colloqui in Florida con la delegazione ucraina, definendoli «costruttivi», anche se «ci sono ancora alcune questioni difficili che devono essere risolte». A quanto trapela, l’amministrazione Trump sarebbe favorevole a concedere a Putin anche alcune porzioni di territorio non ancora conquistato militarmente. Il leader ucraino ne vorrebbe parlare personalmente alla Casa Bianca. «I nostri rappresentanti torneranno in Europa nei prossimi giorni e, dopo aver parlato con loro e aver ricevuto un resoconto completo sull’andamento dei negoziati, decideremo sulle nostre ulteriori attività», ha spiegato Zelensky che però di cessioni di territorio non vuol sentir parlare. Con Macron hanno poi parlato con il primo ministro britannico Keir Starmer, l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff e il segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa dell’Ucraina Rustem Umerov, che ha guidato la delegazione di Kiev negli Usa. «Abbiamo concordato di discutere più dettagliatamente di persona», ha annunciato Zelensky volendo attendere, prima di prounciarsi, l’incontro di oggi tra Witkoff e Putin. Ma con un’altra richiesta non negoziabile: «Senza Europa il negoziato fa poca strada».
L’Ucraina si trova in una situazione sempre più difficile, alle prese con lo scandalo corruzione che ha preceduto le dimissioni del principale collaboratore di Zelensky, Andriy Yermak. Qualsiasi ipotesi negoziale deve misurarsi con le mosse del Cremlino, che in questi mesi é riuscito ad aggirare i vani ultimatum di Trump guadagnando tempo e metri sul campo di battaglia. Anche ieri, 5 morti tra i civili e numerosi feriti per i lanci di missili e droni, in pieno giorno, sulla città di Dnipro. A ridosso della regione dove si consumano le battaglie più cruente.
Di Nello Scavo. (Avvenire.it)