(Roma, 10 novembre 2025). Niente show mediatico, niente frasi a effetto, molto pragmatismo: la visita di Ahmad al-Sharaa alla Casa Bianca si è svolta con un tono più sobrio e dimesso di quelli che hanno contraddistinto altri viaggi di leader stranieri a Washington dal ritorno alla presidenza di Donald Trump. Strette di mano nello Studio Ovale, sorrisi e toni distesi sono stati seguiti, infatti, da un colloquio a porte chiuse senza i tradizionali momenti a favor di telecamere che hanno contraddistinto molti vertici del Trump 2.0.
Il presidente ad interim siriano, giunto nello Studio Ovale meno di un anno dopo aver iniziato l’offensiva del suo gruppo ribelle Hay’at Tahrir al-Sham che ha travolto il deposto regime di Bashar al-Assad, in poco più di undici mesi è passato da jihadista ricercato a capo di Stato soprattutto grazie allo sdoganamento deciso da parte degli Usa. E Trump nel bilaterale, il primo tra un capo di Stato americano ed uno siriano nella sede del potere Usa dall’indipendenza del Paese levantino, ha fornito gli ultimi assist al governo di Damasco: sono infatti state sospese per 180 giorni le sanzioni residue legate al cosiddetto Caesar Act.
La legge, approvata nel 2019 durante il primo mandato di Trump, colpiva una vasta quantità di aziende, militari e civili, legate al vecchio regime e operanti in settori che andavano dalla manifattura militare all’energia, dal credito alle imprese alla gestione delle infrastrutture, richiamando peraltro la complicità con Russia e Iran come giustificazione per il loro rafforzamento.
Joe Biden aveva deciso, nel dicembre 2024, di prorogare il Caesar Act per cinque anni nonostante la caduta di Assad. A maggio Trump, tornato alla Casa Bianca, aveva alleggerito alcune prescrizioni e ora, con sei mesi di moratoria, si aprirà una fase in cui per Al-Sharaa la sfida chiave sarà dimostrarsi meritevole di una completa e definitiva rimozione delle sanzioni stesse comminate nell’era Assad.
Ad oggi, restano in piedi solo le prescrizioni per frenare i commerci con Russia e Iran. Come nota Al Jazeera, “ciò che il leader siriano voleva era una revoca definitiva, e solo il Congresso può farlo, cosa ad oggi non realizzabile dato che è ancora in pausa a causa dello shutdown. Quindi il Tesoro, che fa parte dell’amministrazione Trump, ha preso tutte le misure possibili. È chiaro che si tratta di un atto simbolico, avvenuto subito dopo la conclusione della riunione”.
Inoltre, ora, “il trasferimento della maggior parte dei beni di uso civile di origine statunitense, nonché di software e tecnologie, verso o all’interno della Siria è consentito senza licenza”. La Siria resta ancora formalmente inserita nell’elenco degli Stati sponsor del terrorismo come era nell’era Assad ma ci si attende che questa disposizione sia la prossima a cadere. Trump ha sdoganato al-Sharaa. L’ennesimo endorsement all’ex jihadista che in undici mesi si è trovato capo di un Paese riabilitato. E ora dovrà capire cosa fare di una linea di credito mai concessa prima dall’Occidente ad alcun suo predecessore.
Di Andrea Muratore. (Inside Over)