(Roma, 08 novembre 2025). Durante la Guerra fredda un sottomarino sovietico rimase arenato tra le rocce di un isolotto svedese. La vicinanza con una importante base navale lasciò pensare che quel sottomarino classe Whiskey non si trovasse lì per caso
Il 5 novembre del 1981, il sottomarino d’attacco sovietico S-363, appartenente alla classe di sottomarini che la Nato aveva classificato con il nome in codice Whiskey, venne recuperato e trainato in acque internazionali dopo essere rimasto incagliato per dieci giorni su uno scoglio. E se qualcuno pensa si tratti di uno scherzo, è fuori rotta.
L’incidente — che divenne noto in tutto l’Occidente come « Whiskey on the rocks », proprio per il modo in cui gli anglosassoni sono soliti ordinare un whiskey servito con ghiaccio, espressione che si dice derivi dagli scozzesi che raffreddavano il loro whisky con rocce fredde — si verificò il 27 ottobre del 1981, quando, nel pieno della Guerra Fredda, il sottomarino comandato dall’esperto capitano Pyotr Gushchin, appartenente alla Flotta del Baltico e con a bordo un ufficiale dello stato maggiore della Voenno-morskoj flot, fu costretto ad emergere al largo della costa meridionale della Svezia dopo aver urtato uno scoglio. Si trovava a sole sei miglia nautiche dalla base navale svedese di Karlskrona – una delle più importanti – proprio nel mezzo di un tratto soggetto a violazioni delle acque controllate dai militari, e durante un’esercitazione della marina di Helsinki che, pur non avendo aderito alla Nato, si era mantenuta “neutrale” nel clima di ostilità della Guerra Fredda. Una neutralità, tuttavia, che non la metteva al riparo dal rischio di essere spiata.
Secondo la versione ufficiale sovietica degli eventi, l’S-363 era stato “costretto a riva” a causa di un’emergenza non meglio specificata, nonostante nessun messaggio di soccorso fosse stato lanciato dal sottomarino “scomparso”. Ciò non concorda con le altre due versioni della storia: la prima racconta di un sottomarino disperso a causa di un guasto alle apparecchiature di navigazione durante una missione segreta; la seconda, più ironica, suggerisce che l’equipaggio avesse dato fondo a più di una bottiglia di vodka durante una festa nelle profondità del Baltico, finendo così per urtare le rocce del fondale.
Quel che è certo è che il mondo intero osservò le immagini di un sottomarino sovietico che, al culmine della Guerra Fredda – un conflitto silenzioso, giocato da spie e sommergibili nucleari che si braccavano nelle profondità abissali – si era arenato sulle coste svedesi con tutti i suoi potenziali segreti. Anche se, va detto, i sottomarini della classe Whiskey non potevano essere considerati armi segrete: non erano né nuovi né rari, ma anzi rappresentavano la classe di sottomarini più numerosa varata dall’Unione Sovietica, costruita sulla base degli ultimi U-Boot tedeschi recuperati alla fine della Seconda guerra mondiale.
Ciononostante, deve essere stata una bella sorpresa quando gli ufficiali di collegamento – tra il Pentagono e la Casa Bianca, e tra la Lubjanka e il Cremlino – informarono rispettivamente il presidente Ronald Reagan e il segretario Leonid Brežnev che un sottomarino sovietico si era arenato come una grossa foca d’acciaio sull’isolotto di Torhamnaskär.
I primi a notarlo furono dei pescatori, poi arrivarono le navi da guerra della Svenska marinen. Una delle scoperte più inquietanti fu fatta grazie ai contatori Geiger: il sottomarino trasportava materiale nucleare, quasi certamente uranio, probabilmente nelle testate dei siluri. L’informazione venne confermata tempo dopo dall’ufficiale politico assegnato al sottomarino, Vasily Besedin, secondo cui alcuni siluri erano dotati di testate nucleari e l’equipaggio aveva ricevuto l’ordine di distruggere il sottomarino – comprese le testate – se gli svedesi avessero tentato di prenderne il controllo. La Marina sovietica rilasciò poi una dichiarazione contraddittoria, sostenendo che il sottomarino era stato costretto a entrare in acque svedesi a causa di una « grave emergenza » non identificata, ma che non aveva mai inviato un segnale di soccorso e aveva invece tentato la fuga.
Una volta disincagliato, il S-363 venne scortato in acque internazionali e restituito ai sovietici. Un rapporto delle autorità svedesi concluse che il sottomarino era entrato nelle acque territoriali del Paese per una missione di spionaggio, dato che le sue coordinate coincidevano con quelle di “una delle due sole rotte utilizzate dagli svedesi per spostare grandi navi dalla base navale di Karlskrona al mare aperto”. Forse la prossima volta che ordinerete un whiskey on the rocks penserete a questa vecchia storia.
Magari la racconterete a chi ve lo starà versando. Sempre che non sia uno di quei bartender che non tollerano chi mette il ghiaccio nello stesso bicchiere del whiskey – in assenza di pietre fredde dalla remota Scozia, è ovvio.
Di Davide Bartoccini. (Il Giornale)