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7 ottobre : l’oscuro messaggio di Yahya Sinwar

(Roma, 07 ottobre 2025). “Si prevede un’escalation nelle carceri e sulla questione dei prigionieri”. Questo il messaggio inviato da Yahya Sinwar, il capo di Hamas a Gaza, a Israele poche settimane prima del 7 ottobre 2023, come rivelato nel luglio del 2024 da Channel 12, con il placet – e il sigillo – della “censura militare”, e rilanciato dal Times of israel.

Un messaggio riferito non letteralmente, spiegava la Tv, una specifica che induce a estrapolare il succo del messaggio che è, in pratica, un’allarme su una prossima rivolta carceraria nella quale si prevedeva un problema di prigionieri. In pratica quanto avvenuto successivamente con la rivolta violenta di Gaza, che dal 2005 è una prigione a cielo aperto, che ha creato un problema di prigionieri, cioè gli ostaggi.

Non si tratta di una nostra interpretazione, ma quanto scriveva il Timesofisrael. Infatti, annotava il media israeliano, il messaggio “mette in luce in modo drammatico gli eventi del 7 ottobre” e contiene dettagli che “a nostro avviso, col senno di poi, si riveleranno niente meno che storici”.

Certo, ciò che ad oggi appare scontato, allora, con con il relativo stallo del conflitto con Hamas, non lo era affatto. Resta che il messaggio di Sinwar, come annotava il media israeliano, aveva avuto la considerazione del caso: gli era stata assegnata “la massima classificazione di sicurezza possibile” perché considerato “altamente sensibile” e “circolava in modo molto limitato, solo tra i vertici della politica e della sicurezza”.

Tali vertici, aggiunge il media, tra i quali il premier Netanyahu e l’allora ministro della Difesa Yoav Gallant, lo presero in esame concludendo che riguardava alcuni israeliani allora tenuti prigionieri a Gaza. “La conclusione di queste discussioni fu che Sinwar si riferiva in realtà ai prigionieri e ai dispersi israeliani”, annotava infatti il Timesofisrael, cioè sembrava che volesse intavolare una trattativa per uno scambio di prigionieri.

Non solo il messaggio non fu compreso (e dire che l’intelligence israeliana vanta certa esperienza) ma, come annotava il Timesofisrael, non fu neanche messo in relazione con i ripetuti allarmi pervenuti alle autorità israeliane sull’imminenza di un attacco di Hamas.

Allarmi insistiti, puntuali e dettagliati che Tel Aviv ha sistematicamente quanto incredibilmente ignorato. Sulle tante incongruenze della sicurezza israeliana in quel fatidico 7 ottobre rimandiamo a un articolo di InsideOver, qui ci limitiamo all’ultima, rivelata ieri da Haaretz.

Lo Shin Bet, sicurezza interna, allarmò la polizia sulla attività sospette di Hamas alle 3.03 del 7 ottobre, ma l’allarme arrivò solo alle 7.03 del mattino, a invasione in corso, a “causa di un aggiornamento del sistema” informatico (non hanno i cellulari?).

Al di là, e per tornare al messaggio di Sinwar, riportiamo un passaggio dell’articolo del Timesofisrael: “‘nessuno’ è stato in grado di spiegare con certezza perché Sinwar abbia deciso di trasmettere quel messaggio. Neanche i materiali di intelligence accumulatisi dopo il 7 ottobre ne danno una spiegazione esaustiva. Non aveva senso, osservava il documento [di Channel 12], che Sinwar avesse contattato Israele e potenzialmente puntato i riflettori su Gaza solo poche settimane prima dell’invasione”. In effetti, non aveva alcun senso, aggiungendosi ai tanti misteri di quel terribile 7 ottobre.

Oggi Israele ricorda gli israeliani assassinati in quel giorno infausto, eccidio che le autorità e gli opinionisti israeliani hanno tentato di paragonare all’Olocausto, incontrando però la netta obiezione dello Yad Vashem.

In realtà, benché più che eclatante, la strage del 7 ottobre non è un orrore unico nella storia, come viene considerato da tanti l’Olocausto, quanto un orrore che appartiene ai tanti orrori del conflitto israelo-palestinese, come gli attentati in Israele e le reiterate stragi di massa compiute dall’IDF nelle varie guerre di Gaza, prodromiche al genocidio attuale.

Il secondo anniversario dell’eccidio coincide con la ripresa dei negoziati tra le parti, svolta propiziata dall’attacco proditorio portato da Israele al Qatar, che ha compattato il fronte arabo-islamico come mai era successo prima e spinto Trump ad andare allo scontro con Netanyahu come mai aveva osato in precedenza.

La pressione sul premier israeliano è sintetizzata dallo sfogo telefonico di venerdì scorso, quando Trump, infastidito dallo scetticismo del suo interlocutore sul suo cosiddetto piano di pace, è esploso: “Non capisco perché sei sempre così fottutamente negativo. Questa è una vittoria. Accettala” (ne riferiva Axios, con smentita postuma, quanto scontata, di Trump).

Il primo round di negoziati ha avuto esito positivo. Si attendono i prossimi, che dovrebbero produrre una prima intesa sul cessate il fuoco, forse un ritiro parziale dell’IDF e lo scambio di prigionieri.

Inutile ribadire quanto sia lacunoso il cosiddetto piano di pace, che si limita a  imporre ad Hamas di arrendersi senza alcuna prospettiva reale né sui palestinesi sul loro futuro/futuribile Stato; inutile anche sottolineare quanto tutto quel che si sta concretizzando sia precario, dal momento che tante sono le spinte per vanificare le trattative e aleatorie le garanzie sulla durata di un eventuale cessate il fuoco.

Ma resta che la svolta ha riacceso un barlume di speranza sulla fine del mattatoio in corso che, per la cronaca nera, continua nonostante Trump abbia chiesto a Israele di fermarsi: 100 le vittime dopo la sollecitazione del presidente americano.

Per la cronaca politica, invece, si segnala che per la prima volta i leader dei partiti ultraortodossi che sostengono Netanyahu hanno dichiarato che, nel caso si trovasse un’intesa, non faranno cadere il governo. Segnale positivo, dal momento Netanyahu conserverebbe il potere, che è poi l’unica cosa che gli interessa e il motivo per cui ha sabotato le trattative pregresse.

Resta, però, che la tenuta dell’attuale governo, preda di una follia millenarista collettiva, non rassicura sul futuro, cioè su quanto accadrà una volta liberati gli ostaggi. Sviluppi da seguire con la trepidazione del caso.

Di Davide Malacaria – Piccolenote.it (Inside Over)

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