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Nell’Iran che si è scontrato con Israele torna con forza il nazionalismo

(Roma, Parigi, 20 settembre 2025). Duramente colpito dagli attacchi della coalizione israelo-americana, l’Iran cerca di stabilizzare la sua rotta dopo la guerra dei dodici giorni. Uno dei segnali più evidenti dell’Iran post-bellico è l’accentuazione della retorica nazionalista. Questa non si fonda più soltanto sulla narrazione tradizionale della Repubblica Islamica, radicata nello sciismo e nella mitologia rivoluzionaria, ma recupera con forza anche l’iconografia persiana pre-islamica. A Teheran sono comparsi murales e cartelloni che associano eroi dell’epica pre-islamica, come Rostam o Arash l’arciere, alla difesa della nazione. Si tratta di segnali di un fenomeno definito come «neo-nazionalismo», che intercetta un sostrato  presente nella società iraniana che non era mai emerso con tanta evidenza nella narrazione governativa. Un episodio simbolico è avvenuto durante la vigilia dell’Ashura, quando la Guida Suprema Ali Khamenei ha chiesto all’eulogista Mahmoud Karimi di eseguire il canto popolare “Ey Iran”. Questo brano patriottico, che non appartiene al canone ufficiale della Repubblica Islamica ma è conosciuto e cantato da iraniani di ogni orientamento, è stato intonato davanti ai fedeli e agli ufficiali di governo, fondendo linguaggio religioso e nazionalsta.

Accanto a questo rinnovato nazionalismo, il contesto politico mostra dinamiche contraddittorie. Da un lato, si registra un incremento della repressione, con più arresti e condanne a morte per accuse di sedizione e spionaggio, fenomeno che le autorità collegano a presunti tradimenti interni emersi durante gli attacchi israeliani. Dall’altro lato, emergono segnali di moderazione istituzionale.Il presidente Masoud Pezeshkian, espressione dell’ala riformista, ha dichiarato che:”Non è un segno di debolezza cercare il negoziato con gli Stati Uniti”. Le sue posizioni sono state pubblicamente sostenute anche dalla Guida Suprema, che ha invitato la popolazione ad appoggiare il presidente.

Sul piano istituzionale, si registra un riassetto degli organi di sicurezza. È stato creato un nuovo Consiglio della Difesa, sotto-organo del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale (SNSC). Il Consigatlio di Difesa era stato precedentemente istituito durante la guerra Iran-Iraq e poi soppresso con la revisione della costituzione del 1989. Al tempo stesso, Ali Larijani è stato nominato nuovo segretario dello SNSC, sostituendo Ali Akbar Ahmadian. La Guida ha inoltre designato Ahmadian e l’ex segretario Ali Shamkhani come propri rappresentanti nel  ricostituito Consiglio di Difesa. Un altro elemento riguarda i sabotaggi all’industria energetica. Il 19 luglio un incendio ha colpito la raffineria di Abadan: le autorità hanno parlato di un guasto tecnico, ma diversi parlamentari hanno evocato l’ipotesi di un sabotaggio come parte di una strategia di destabilizzazione israeliana. In parallelo, è riapparso Ali Shamkhani, figura centrale nella normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita mediata dalla Cina, che era stato dato per morto durante i raid israeliani. Ferito gravemente, ha fatto ritorno sulla scena politica, segno della volontà di riportare in campo quadri esperti e pragmatici.

Sul piano internazionale, Teheran ha intensificato i rapporti con Cina, Russia e India nell’ambito dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). Al vertice di Tianjin, Pezeshkian ha incontrato i leader di questi Paesi, ribadendo la linea del “guardare a est” e del rafforzamento del Sud globale contro la politica aggressiva degli Stati Uniti.

La guerra dei dodici giorni ha avuto dunque un impatto significativo sia sulla società iraniana sia sulla Repubblica Islamica come forma di governo. Gli effetti più profondi si manifesteranno soltanto con il passare del tempo. È tuttavia evidente che, pur non essendo crollato, il sistema politico stia cercando un nuovo assetto che gli consenta di sopravvivere: da un lato con timide concessioni alla popolazione, dall’altro con una riorganizzazione delle istituzioni capace di affrontare meglio la minaccia israelo-americana, che rimane decisamente pericolosa per il futuro della Repubblica Islamica. Saranno i prossimi mesi a mostrare in che modo questo scenario evolverà, alla luce delle tendenze già emerse.

Di Alessandro Cassanmagnago. (Inside Over)

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