(Roma, 01 Settembre 2025). Un’indiscrezione pubblicata dal Washington Post ha rivelato un piano ambizioso quanto controverso piano per il futuro della Striscia di Gaza, circolante all’interno dell’amministrazione Trump. Denominato Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust (GREAT Trust), il progetto di 38 pagine prevede una gestione statunitense dell’enclave per almeno un decennio, con l’obiettivo di trasformarla in un polo turistico di lusso e un centro di produzione ad alta tecnologia, ribattezzato la “Riviera del Medio Oriente”.
I dettagli del pian
Secondo il documento, l’intera popolazione di Gaza, oltre 2 milioni di persone, sarebbe temporaneamente trasferita, sia attraverso “partenze volontarie” verso altri paesi, sia in zone sicure e controllate all’interno dell’enclave durante la ricostruzione. I proprietari terrieri riceverebbero un “token digitale” in cambio dei diritti di sviluppo delle loro proprietà, utilizzabile per finanziare una nuova vita altrove o per ottenere un appartamento in una delle sei-otto “città intelligenti” alimentate dall’intelligenza artificiale previste a Gaza.
Chi scegliesse di lasciare l’enclave riceverebbe un pagamento in contanti di 5.000 dollari, sussidi per l’affitto per quattro anni e cibo per un anno. Il piano stima un risparmio di 23.000 dollari per ogni partenza, rispetto ai costi di alloggio temporaneo e servizi di supporto nelle zone sicure. Il GREAT Trust, sviluppato da alcuni degli stessi israeliani coinvolti nella Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un’organizzazione sostenuta da Stati Uniti e Israele che distribuisce cibo a Gaza, non richiederebbe finanziamenti pubblici americani.
Sarebbe invece finanziato da investimenti pubblici e privati in “mega-progetti”, come impianti per veicoli elettrici, data center, resort sulla spiaggia e grattacieli residenziali. Il piano prevede un ritorno di quasi quattro volte su un investimento di 100 miliardi di dollari in dieci anni, con flussi di entrate “auto-generanti”. Un piano finanziario e immobiliare, più che un vero e proprio progetto politico.
Il ruolo di Kushner e Blair
Secondo Axios, il piano riflette le idee di Jared Kushner, genero di Trump, che ha partecipato a una riunione alla Casa Bianca con l’ex primo ministro britannico Tony Blair per discutere del futuro di Gaza. La riunione, che includeva anche l’inviato speciale Steve Witkoff, si è concentrata sull’aumento degli aiuti umanitari e su un piano post-bellico per un’enclave senza Hamas. Witkoff ha descritto il progetto come “molto completo” e motivato da “intenti umanitari”.
Il piano svelato dal Washington Post è in linea con il filmato diffuso lo scorso febbraio dallo stesso Donald Trump tramite un video generato dall’IA su Truth Social, ha scatenato un’ondata di critiche indignate. La proposta, che prevedeva il trasferimento di circa 2 milioni di palestinesi per costruire un complesso in stile Dubai con grattacieli e yacht, è stata ampiamente criticata sui social e definito da più parti come un enorme progetto di pulizia etnica. Sotto i rendering patinati della nuova Dubai si annida, infatti, l’ombra del genocidio e dei crimini di guerra israeliani.
Di Roberto Vivaldelli. (Inside Over)