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Meloni propone Roma, Macron vuole Ginevra : braccio di ferro sulla sede del trilaterale Trump-Zelensky-Putin

(Roma, Parigi, 18 agosto 2025). Dalla proposta di Roma a quella di Ginevra, passando per il Vaticano: Europa al lavoro per trovare il luogo dei negoziati, con Washington che preme per tempi rapidi

Le diplomazie europee restano divise sulla sede di un possibile incontro trilaterale tra il presidente statunitense Donald Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il leader del Cremlino Vladimir Putin. A riportarlo è Sky News, secondo cui Washington avrebbe chiesto agli alleati europei di prepararsi a negoziati già entro la settimana. In via preliminare, l’intesa sarebbe quella di organizzare il vertice in Europa, salvo sorprese dell’ultimo minuto.

Durante la videoconferenza della coalizione dei volenterosi, Giorgia Meloni ha avanzato la candidatura di Roma, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha sostenuto l’ipotesi di Ginevra. Zelensky e Trump, invece, guarderebbero con favore al Vaticano, mentre Putin continua a insistere su Ginevra. Intanto, i ministeri degli Esteri di Italia e Svizzera hanno confermato la disponibilità a ospitare l’evento, mentre l’Unione europea sta valutando altre opzioni, tra cui Budapest e Helsinki.

La scelta della sede del vertice non è soltanto logistica ma altamente simbolica. Roma rappresenterebbe un riconoscimento del ruolo di mediazione dell’Italia e un rilancio della sua centralità tra Europa e Stati Uniti; Ginevra richiama invece la tradizione di neutralità elvetica e la memoria dei grandi summit della Guerra fredda, offrendo a Mosca un terreno istituzionale familiare. Il Vaticano, sostenuto da Zelensky e Trump, avrebbe un forte valore morale e umanitario, legando l’incontro al tema della pace e della protezione dei civili, ma rischierebbe di apparire scomodo al Cremlino. Budapest, più vicina alle posizioni di Mosca grazie alla linea del premier Orbán, verrebbe percepita come una concessione al Cremlino, mentre Helsinki, già simbolo di dialogo Est-Ovest con l’Atto finale del 1975, ha perso parte della sua neutralità dopo l’ingresso nella Nato.

In questo mosaico di opzioni, l’ipotesi Roma, e in particolare il Vaticano, resta la più carica di significato politico e simbolico. Non solo perché l’Italia si è mossa rapidamente per offrire la propria mediazione, ma anche perché la Santa Sede rappresenta uno dei pochi luoghi al mondo con un capitale di neutralità morale riconosciuto da tutte le parti in conflitto. Per Zelensky e Trump significherebbe inscrivere il negoziato in un contesto che trasmette un messaggio universale di pace, mentre per Putin — pur più incline a Ginevra — sarebbe difficile rifiutare una sede che non appartiene formalmente all’architettura euro-atlantica. Roma, inoltre, consentirebbe di rafforzare il ruolo dell’Italia come attore diplomatico di primo piano nel quadro europeo. Tuttavia, la candidatura di Ginevra rimane altrettanto plausibile, soprattutto per la sua lunga tradizione di diplomazia multilaterale. Per Mosca, che spinge apertamente in questa direzione, Ginevra garantirebbe un contesto più “tecnico” e meno simbolico, ma proprio per questo più gestibile sul piano politico.

Se il Vaticano incarna l’etica della pace, Ginevra rappresenta invece la pragmatica della diplomazia internazionale. L’esito dipenderà dall’equilibrio che Trump e gli europei vorranno privilegiare: una cornice storica che parli al mondo, oppure una sede consolidata che rassicuri il Cremlino.

Di Francesca Salvatore. (Il Giornale)

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