(Roma, 14 giugno 2025). Alla fine del secondo giorno di bombardamenti sull’Iran, l’escalation di Israele tocca un nuovo fronte con il varo degli attacchi sulle infrastrutture di estrazione e stoccaggio del gas della Repubblica Islamica. Parte dell’impianto Phase 14 che opera sul giacimento South Pars, condiviso col Qatar e che rappresenta il più grande tra quelli di gas naturale conosciuti al mondo, è stato bersagliato nella sera iraniana, con ogni probabilità di droni kamikaze. Le munizioni circuitanti israeliane hanno colpito una struttura chiave nel sito di estrazione del gas da cui l’Iran ottiene il 70% del suo fabbisogno interno.
Da South Pars vengono estratti ogni giorno oltre 700 milioni di metri cubi di gas e Phase 14 è uno dei 24 impianti su cui Teheran fa conto per accedervi. Di recente l’Iran ha annunciato un investimento da 17 miliardi di dollari per aumentare la produzione e l’efficienza del giacimento in tutti i suoi siti estrattivi anche in vista del rischio di trovarsi sottoposto a crisi e interruzioni di fronte alle periodiche crisi di domanda che si verificano in inverno ed estate, in corrispondenza dei picchi di freddo e caldo, quando la domanda domestica e aziendale di energia per riscaldamento e raffreddamento mette sotto pressione la rete e la generazione.
Attacco a South Pars, colpo all’economia dell’Iran ?
“L’attacco avviene mentre i funzionari israeliani hanno dichiarato di stare valutando l’ipotesi di prendere di mira le infrastrutture petrolifere e del gas dell’Iran in seguito agli attacchi missilistici di rappresaglia dell’Iran sul territorio israeliano”, nota IntelliNews, aggiungendo che “qualsiasi interruzione della produzione di South Pars rappresenta una minaccia significativa per la sicurezza energetica dell’Iran, con ripercussioni in particolare sul riscaldamento domestico, sulle attività industriali e sulla produzione di energia elettrica tramite centrali termoelettriche”.
L’Iran ha mediamente un deficit giornaliero di 250-300 milioni di metri cubi di gas nel 2024 mediamente in estate mancavano alla rete 20.000 MW di elettricità. Il gas copre il 72% della generazione energetica iraniana e dunque attaccarlo ha per Israele una valenza strategica.
Non è solo la volontà di rispondere ai raid iraniani sulle città israeliane di ieri a motivare l’azione: la manovra è un atto di guerra economica condotta in maniera cinetica, perché colpire il gas naturale anche con un primo raid, il primo sui terminal nazionali iraniani dai tempi della guerra Iran-Iraq, significa cercare di recidere una delle giugulari economiche del Paese, colpirne una fonte d’indotto e rendere scarsa e richiesta una risorsa ritenuta necessaria per l’equilibrio interno sul fronte sociale ed economico in una fase di picco di domanda.
Gli asset critici per l’Iran
La carta dell’energia è indubbiamente una delle più pesanti su cui Israele può puntare, per quanto South Pars non sia l’obiettivo ultimo e il non plus ultra, che invece sarebbe legato al petrolio. Parliamo dell’isola di Kharg da cui passa il 90% delle esportazioni di greggio del Paese, come ha ricordato Paolo Mauri su queste colonne. L’azione di Israele rischia di produrre durissime ripercussioni sui mercati energetici globali e una reazione muscolare dell’Iran, che non esclude la chiusura dello stretto di Hormuz e un blocco del traffico energetico in uscita dal Golfo in risposta all’offensiva israeliana, con possibili conseguenze critiche per l’economia mondiale.
Tel Aviv, nel frattempo, rivendica di aver piena libertà operativa sui cieli iraniani. Israele sta gradualmente scalando verso l’alto la pressione e la tensione dei raid, sia per ottimizzare le risorse sia per portare avanti una strategia di contenimento e inesorabile deterioramento degli asset critici dell’Iran ma, strategicamente parlando, potrebbe essere penalizzata dal fatto di aver distolto l’attenzione su una pluralità di bersagli, dal nucleare all’energia.
Una moltitudine di bersagli che riflette la ridotta chiarezza generale su quale sia il fine ultimo dell’azione di Benjamin Netanyahu, l’attacco atteso da anni che si è materializzato andando nel primo giorno oltre le stesse aspettative del governo senza però per questo atterrare l’Iran. La prospettiva è quella di una campagna destinata a esser lunga. In cui anche asset critici per l’economia internazionale diventano terreno di scontro.
Di Andrea Muratore. (Inside Over)