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La fine della deterrenza ? Le lezioni strategiche dei raid ucraini in Russia

(Roma, 05 giugno 2025). La deterrenza nucleare della Russia e, più in generale, il concetto stesso di dissuasione strategica sono messe a repentaglio da casi come l’attacco ucraino di domenica 1 giugno? Tra analisti e esperti di strategia la domanda è sempre più pressante: la mossa audace con cui gli ucraini, usando poco più di un centinaio di droni infiltrati con attenzione nel territorio russo, hanno colpito diverse basi aeree di Mosca dall’Artico alla Siberia, danneggiando una quarantina di bombardieri strategici e altri velivoli e mettendone fuori combattimento una dozzina, crea un precedente importante nel quadro delle scienze militari.

La novità dell’attacco ucraino

Per la prima volta, infatti, dei vettori che sono parte integrante dell’architettura di deterrenza di una potenza atomica vengono messi nel mirino contemporaneamente, su più teatri operativi, da una potenza non dotata di armi di distruzione di massa e peraltro con l’utilizzo di assetti operativi, i droni First-Person-View (Fpv), totalmente asimmetrici rispetto alla portata dei danni cagionabili all’avversario.

In sostanza, come ha sottolineato l’analista militare e geopolitico Amedeo Maddaluno, appare totalmente irrealistico pensare che la risposta a un attacco al deterrente di Mosca possa essere, anche ai sensi della nuova dottrina nucleare russa, di carattere atomico. Sarebbe una sproporzione tale da far saltare ogni regola del gioco in un conflitto dove, passo dopo passo, l’Ucraina è stata spinta a cercare bersagli sempre più grossi per ovviare alle carenze emerse alla campagna combattuta sul campo di battaglia.

La soglia di tolleranza per mettere nel mirino i vettori del deterrente atomico si è abbassata ed è a portata anche delle potenze minori. Il generale Mick Ryan, ricercatore dell’australiano Lowy Institute di Sidney, ha dichiarato al New York Times che “la proliferazione di droni, sensori open source e sistemi di comando e controllo digitali significa che gli attacchi a lungo raggio sono ormai una merce alla portata di quasi tutti gli stati nazionali e attori non statali, dotati di qualche milione di dollari e del desiderio di raggiungere e colpire il proprio avversario”. Ne consegue, chiaramente, che nel caso ucraino il via libera agli attacchi in profondità sul suolo russo da parte delle potenze occidentali offra a Kiev la possibilità di riproporre con altri strumenti questa minaccia.

Nucleare sotto scacco

Una lettura strategica di questo fatto è legata alla prospettiva che tali manovre possono mettere sotto scacco il potere del deterrente e al contempo rendere inesplorato il territorio in cui si avventura la risposta del Paese colpito. L’analista Rainer Saks, dialogando con la tv pubblica estone Eer, ha sottolineato che “la deterrenza nucleare si compone di due elementi: una è effettivamente avere una testata nucleare funzionante con un sistema di lancio adeguato, e l’altra è legata a una minaccia credibile del suo impiego” e che “la Russia ha subito un duro colpo sul secondo di questi aspetti”.

Vale per la Russia in questo caso ma può valere in generale: le regole d’ingaggio per una risposta a un attacco convenzionale al deterrente atomico non sono ben codificate, e anche tra i rivali della Russia sarà necessario compiere precise valutazioni per capire in che misura una forza ostile potrebbe pensare a un’azione analoga, poco dispendiosa nei mezzi e molto efficace nella sostanza.

Se sul piano tattico l’Operazione Spiderweb del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (Sbu) manda un messaggio chiaro sulla necessità di proteggere le basi poste anche in profondità nel territorio di un Paese; sul piano più ad ampio spettro della grande strategia mostra una vulnerabilità dell’odierno equilibrio atomico in una fase in cui i grandi trattati che gestivano l’equilibrio di potenza sono ormai da tempo dismessi o congelati e in cui l’anarchia geopolitica è la regola.

La soglia della deterrenza si abbassa

Il think tank indiano Policy Cirlce ha evidenziato che “una volta dimostrato che uno Stato non nucleare può indebolire la deterrenza di una potenza nucleare con l’elettronica di consumo, potremmo vedere il limite strategico abbassato per tutti” e ha invitato il Paese a prendere provvedimenti, anche in riferimento alla recente crisi del Kashmir col Pakistan. Alla prova dei fatti, se un domani un attacco cyber, un’interruzione energetica o un’operazione con device elettronici portatili colpisse qualunque altra base per la deterrenza atomica nel mondo, nessun Paese si troverebbe preparato e pronto a capire come agire.

Le armi nucleari sono il miglior fattore di dissuasione contro il loro stesso uso o le guerre dirette tra grandi potenze. Ma ad oggi questa “democratizzazione” della possibilità di colpire abbassa, e non eleva, la soglia di stabilità e sicurezza dell’ordine internazionale. E il fatto che in tre anni la Russia, nonostante i proclami vittoriosi e la rinnovata aggressività, non avesse mai pensato all’eventualità di un attacco del genere mostra quanto l’idea stessa che il deterrente fosse messo nel mirino in forma convenzionale apparisse remota. Salvo poi rivelarsi una dura realtà.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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