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Donald Trump-Volodymyr Zelensky : nel nome di Papa Francesco il rilancio del negoziato

(Roma, 27 aprile 2025). L’aggettivo che più è stato usato per descrivere l’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky a monte del funerale di Papa Francesco è di quelli impegnativi: un momento “storico”. I due presidenti seduti, su due sedie, sotto la volta michelangiolesca poco prima delle esequie del Papa della pace e dei ponti, hanno trasmesso una sensazione chiara: Jorge Mario Bergoglio ha compiuto la sua ultima mediazione.

“Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”, ha ricordato il cardinale decano Giovanni Battista Re durante l’omelia per la messa funebre del Papa, aggiungendo che “la guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. In questo senso, l’incontro Trump-Zelensky è l’ultimo atto che, di fatto, la sua opera ha consentito di compiere.

Il bilaterale prima del funerale del Papa

Il toccante e intenso momento, consumatosi a poca distanza dallo stemma con il sigillo pontificio di Giovanni Paolo II, non deve però cadere ostaggio della retorica dell’immagine fine a sé stessa. Sia Trump che Zelensky, scontratisi più volte sulla questione della fine della guerra in Ucraina, sono abilissimi comunicatori e sono stati in grado di catalizzare su di sé l’attenzione del mondo a margine di un evento che non poteva non avere ripercussioni diplomatiche. Il colloquio sembra, visto da lontano, interpretabile a piacere: è Trump che ha chiesto udienza a Zelensky o viceversa? Se quello in corso è l’equivalente laico di un confessionale, chi dei due è il penitente? Soprattutto, a che fini porterà questo dialogo ?

Tutte domande pertinenti e di prospettiva che devono farci ben guardare da giudizi facili o sbrigativi. Quello che potrebbe essere iniziato in Vaticano è un mosaico di diplomazia avente al centro sia l’asse Usa-Ucraina che la Santa Sede incentrato su degli obiettivi ben precisi: portare al tavolo delle trattative un accordo per una “pace giusta” come spesso ricordato da Papa Francesco quando invitava al “coraggio del negoziato“ implica non solo che si debba promuovere il dialogo russo-americano ma anche che tra Washington e Kiev si aprano margini di discussione.

In secondo luogo, la cornice del confronto parla chiaro e rivela la silenziosa regia della diplomazia vaticana, che negli ultimi tempi ha trovato spazio di confronto con gli Usa grazie all’incontro tra il vicepresidente J.D. Vance e il segretario di Stato Pietro Parolin, poco prima della morte del Papa, e con l’Ucraina ha costruito ponti soprattutto dopo il fattivo impegno dell’inviato speciale di Francesco, il cardinale Matteo Maria Zuppi, per far tornare nel Paese ex sovietico circa 450 bambini ucraini rapiti e trasferiti in Russia dopo l’invasione.

Infine, è chiaro che il dialogo Trump-Zelensky arriverà profondamente a condizionare gli scenari che per la Chiesa si apriranno nel post-Conclave. Vedere i due presidenti parlarsi sotto le decorazioni e i dipinti di San Pietro è stato il non plus ultra del defunto pontefice, ma ora lo sforzo per la “martoriata Ucraina”, come era solito chiamarla il Papa, sarà giocoforza destinato a intensificarsi una volta scelto il suo successore. Il momento è, letteralmente, profetico oltre che politico. Profetico perché “parlare prima”, parlare per la pace, parlare per l’equilibrio e la sponda diplomatica, è un atto di per sé rivoluzionario in un’epoca di confronti muscolari e muri.

Trump e Zelensky di fronte alla memoria del Papa

“Il giorno dell’addio al Papa che nell’orizzonte aveva le periferie, vede il cuore del più piccolo Stato del pianeta tornare il centro del mondo. I leader che a febbraio si sono insultati a Washington, ora appaiono come due uomini sulle cui spalle pesano destini ben al di là dei propri confini”, nota Nello Scavo su Avvenire. Ai due presidenti l’onore e l’onere di essere all’altezza del momento storico che il loro incontro ha prodotto.

Il bilaterale in Vaticano, del resto, ha avuto un convitato di pietra a cui tutti hanno pensato guardando Trump e Zelensky dialogare: Vladimir Putin. La Russia è stata la silenziosa spettatrice a distanza del confronto e tutto il giudizio politico del dialogo si fonderà sull’atteggiamento che Ucraina e, soprattutto, Usa prenderanno verso Mosca nelle prossime settimane. Per Zelensky l’obiettivo potrebbe essere quello di capire il “coraggio del negoziato”, per Trump di evitare di presentarsi davanti a Mosca con un alleato delegittimato e colpito.

Aprire porte dove ci sono muri

La sensazione è che gli Usa, in ogni caso, si sentano frenati dalle mosse di Putin, che da un lato negozia e dall’altro sfrutta l’impasse diplomatica per avanzare sul campo. Ieri Mosca ha annunciato la riconquista dell’oblast di Kursk, dove gli ucraini erano penetrati ad agosto. Trump ha attaccato il collega russo su Truth: Putin “non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie? Troppa gente sta morendo”.

La sensazione è che un accordo sia raggiungibile solo mettendo in comune le buone volontà di fare i passi necessari e ricostruendo la fiducia diplomatica sulla prospettiva di implementarlo e renderlo concreto. Questo è il vasto programma che passa alle cancellerie dopo l’incontro Trump-Zelensky e che chiama direttamente il ruolo della Russia per fare, a sua volta, i passi in questione. La potenza discreta della diplomazia vaticana mira ad aprire porte dove tutti vedono muri. Sul rapporto personale Trump-Zelensky i risultati sono arrivati. Sul resto, saranno le prossime settimane a far capire l’esito del processo.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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