(Roma, 17 aprile 2025). Teheran potrebbe colpire la base Usa di Diego Garcia nell’Oceano Indiano. Sempre più vicina la resa dei conti sul programma nucleare del regime degli ayatollah
Stati Uniti e Iran, seppur più o meno indirettamente, hanno ripreso a parlarsi. Il secondo round dei negoziati tra l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi sul nucleare si svolgerà a Roma il 19 aprile. Già questa è una buona notizia, considerato il clima di tensione che si respira in Medio Oriente. Di fatto, però, al tavolo delle trattative gli americani si presenteranno, come avvenuto sabato scorso in Oman e in senso figurato almeno per ora, con una pistola con il colpo in canna per ribadire agli emissari della Repubblica Islamica che questa potrebbe essere l’ultima occasione per evitare un attacco israeliano coordinato con gli Usa contro gli impianti atomici iraniani.
Il catastrofico scenario non viene preso alla leggera dalle autorità di Teheran che temono che lo scoppio di un conflitto regionale possa provocare l’implosione del regime degli ayatollah. I segnali di un’escalation militare non mancano: gli Stati Uniti hanno infatti inviato due portaerei statunitensi nell’area mediorientale e sei bombardieri invisibili B-2 nella base sull’isola di Diego Garcia, parte dell’arcipelago delle Chagos controllato dal Regno Unito.
Teheran non resta a guardare e proprio l’avamposto Usa nell’Oceano Indiano, ad oltre 2500 miglia dall’Iran, sarebbe già nella lista dei suoi obiettivi. Un alto funzionario iraniano citato dal Daily Telegraph ha dichiarato che ai comandanti militari è stato chiesto di colpire preventivamente l’installazione nelle Chagos per « dissuadere » Donald Trump dall’attaccare l’Iran. Pochi giorni fa poi i media del Paese mediorientale hanno trasmesso un video creato con l’intelligenza artificiale in cui una pioggia di missili lanciati da Teheran si abbatte su Diego Garcia incenerendola.
Gli esperti adesso si interrogano dunque su come il regime islamico potrebbe davvero colpire la base americana, tenuto conto delle distanze e del limitato raggio di azione degli armamenti di cui è dotato. Secondo Behnam Ben Taleblu, analista della Foundation for Defense of Democracies consultato da Newsweek, l’Iran avrebbe tre opzioni per estendere la sua potenza di fuoco e attaccare così Diego Garcia. Il primo metodo vedrebbe l’impiego di missili balistici a medio raggio Khorramshahr-4 (noti anche come Khaibar). Sulla carta tali missili possono colpire target sino a 1250 miglia ma una loro versione “significativamente modificata” potrebbe permetterli di raggiungere le Chagos. Armi per colpire la base nell’Oceano Indiano potrebbero persino essere avvicinate al target affidandole agli alleati del regime nello Yemen.
Per Taleblu la seconda strada percorribile da parte dell’Iran potrebbe consistere nell’utilizzo di petroliere o altre navi commerciali “convertite” al fine di trasportare droni a lungo raggio. I velivoli senza pilota sarebbero lanciati in sciami per sopraffare le difese a guardia di Diego Garcia e nei dintorni dove potrebbero celarsi altre risorse militari di Washington. Infine, Teheran potrebbe inviare navi da guerra per devastare l’installazione Usa attraverso il lancio di missili da crociera terrestri e antinave.
Gli esperti basati in Iran consultati da Newsweek mettono in guardia dal sottovalutare le capacità offensive della Repubblica Islamica, non tutte conosciute. Ali Bagheri Dolatabadi, professore presso l’Università di Teheran, ha infatti dichiarato che diversi armamenti sono stati rivelati ufficialmente solo dopo aver superato la fase di test. È il caso, sottolinea Dolatabadi, delle “città sotterranei di missili” rivelate di recente dai militari del regime o dei missili ipersonici Fattah.
Intanto, a ricordare che la resa dei conti con l’Iran sul suo programma nucleare sia sempre più vicina ci pensa il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, il quale nelle scorse ore ha detto che Teheran “possiede materiale sufficiente per fabbricare diverse bombe, non dispone ancora dell’arma nucleare, però non è lontano ». Washington e Tel Aviv avranno sicuramente preso nota.
Di Valerio Chiapparino. (Il Giornale)