L'actualité du Proche et Moyen-Orient et Afrique du Nord

Ucraina: Trump bombarda Zelensky, si avvicina l’ora di Zaluzhny «il salvatore»

(Roma, 24 febbraio 2025). Era inevitabile. Con il futuro politico di Volodymyr Zelensky pesantemente ipotecato dalle bordate di Donald Trump e della sua amministrazione, che in buona sostanza lo vogliono fuori dai piedi, è rispuntato il nome di Valerij Zaluzhny, 51 anni, ex generale ed ex comandante in capo delle forze armate, silurato da Zelensky nel febbraio del 2024 e poco dopo quasi con sfregio nominato ambasciatore in Gran Bretagna, in un Paese che con i vertici ucraini ha rapporti costanti e diretti, da rendere in pratica inutili altre figure di rappresentanza.

Il sicuramente del 2024 arrivò dopo il fallimento dell’offensiva ucraina dell’estate-autunno del 2023 e in coda a una polemica che divideva Zaluzhny e una cerchia ristretta di ufficiali a lui fedeli dal potere politico di Kiev. Il generale chiedeva che, dopo il mancato sfondamento delle linee russe, le sue truppe potessero attestarsi e recuperare le forze, rimandando a un futuro prossimo un ulteriore tentativo di attacco. Zelensky e i suoi collaboratori volevano invece che l’esercito ucraino mantenesse l’iniziativa, anche a costo di subire perdite importanti rispetto ai russi in posizione difensiva. Com’era ovvio fu Zaluzhny a rimetterci e al suo posto venne nominato il generale Oleksandr Syrsky detto “il Macellaio”, un ufficiale che (così si diceva) già prima parlava direttamente con Zelensky e che era diventato famoso per la difesa a oltranza della città di Bakhmut, costata agli ucraini migliaia di uomini prima di arrivare comunque alla resa.

Le ragioni del siluramento

La cosa bizzarra è che Zelensky non ha mai accusato Zaluzhny per il fallimento dell’offensiva. La sua sostituzione con Syrsky è stata sempre motivata con una non meglio precisata necessità di riforma delle forze armate e del loro modo di stare sul campo. Cosa che, ovviamente, ha aperto la strada alle più varie speculazioni. La prima e più scontata è questa: Zaluzhny era in quel momento molto più popolare di Zelensky. Si diceva che il generale avesse un racing positivo oltre l’80% e che, in caso di competizione elettorale tra i due, potesse raccogliere un 62% di consensi contro uno stentato 30% del presidente in carica. Spiegazione plausibile, visto che Zelensky è sempre stato molto attentato a tagliare le gambe ai rivali veri o anche solo ipotetici.

Ma in realtà la ragione profonda potrebbe essere diversa. Zelensky nominò Zaluzhny alla testa delle forze armate nel luglio del 2021, ovvero quando la sua presidenza stava sprofondando in un fallimento politico quasi totale. Era l’epoca in cui gli istituti sociologici di Kiev già facevano sondaggi sulla necessità o meno di tenere elezioni presidenziali anticipate e su quale politico fosse il più accreditato, eventualmente, a sostituire Zelensky. Il presidente, con la sua vecchia attenzione per gli indici di ascolto, dovette pensare che un giovane militare che si era fatto da solo, da comandante di plotone a comandante di tutte le truppe di terra, estraneo alle camarille delle forze armate e a quelle della politica (prima dell’invasione russa del 2022 Zelensky aveva cambiato già quattro ministri della Difesa) potesse fare buona impressione. E così fu. Insomma, un matrimonio d’interesse più che un amore vero, come peraltro ha testimoniato anche Lyudmyla Dolhonovska, prima biografa del generale.

L’eroe dell’Ucraina

Poi, appunto, arrivò l’invasione e in poche settimane Zaluzhny diventò “l’eroe dell’Ucraina” o “il salvatore dell’Ucraina”, perché gli fu attribuito il merito di aver fermato l’avanzata dei russi verso Kiev. È un’interpretazione non priva di elementi di verità, perché in quel momento non era facile organizzare una resistenza a forze che parevano soverchianti ed erano in effetti meglio armate. Resta un dubbio fondamentale: e cioè che i russi cercassero, con la prima avanzata-lampo condotta con poche migliaia di uomini, non tanto di conquistare una città come Kiev con tre milioni di abitanti ma di spingere alla fuga Zelensky e la sua cerchia. Zelensky invece, come sappiamo, decise di rimanere a Kiev e le truppe russe si ritirarono. È possibile quindi che i due elementi abbiano agito contemporaneamente. Cosa che comunque poco importa, perché la fama di Zaluzhny stratega ed eroe in ogni caso crebbe e potè consolidarsi. Anche perché era voce assai diffusa a Kiev che nei mesi precedenti Zaluzhny, fiutando il pericolo, avesse molto insistito perché Zelensky proclamasse la legge marziale e decretasse la mobilitazione generale, cosa che il Presidente non volle fare per non allarmare la popolazione.

Resta il fatto che oggi il nome di Zaluzhny torna in ballo, proprio mentre Trump chiede a Zelensky di farsi da parte e questi si dice pronto alle dimissioni purché l’Ucraina entri nella Nato. Zaluzhny, in effetti, agli occhi degli americani può essere un’ottima carta. È un militare e può avere un effetto rassicurante sulla popolazione ucraina, che ora teme di ritrovarsi alla mercé dei russi. Si è sempre opposto alle decisioni più populiste e retoriche di Zelensky, come quella di licenziare tutti gli addetti agli uffici regionali della leva nell’agosto del 2023, nel pieno del tentativo di offensiva, tanto per far capire che se le cose non funzionavano non era colpa sua ma dei tanti “traditori” che i suoi fedelissimi andavano scoprendo. In più, Zaluzhny ha sempre avuto ottimi rapporti sia con i vertici della Nato sia, cosa ancor più importante per la Casa Bianca, con il generale Mark Milley, prima capo di stato maggiore dell’esercito degli Stati Uniti e poi (dal 1° ottobre 2019 al 30 settembre 2023) capo degli stati maggiori riuniti. I due erano in frequente contatto e da militari di carriera condividevano in modo palese una certa libertà di critica nei confronti della gestione “politica” della guerra. Non è certo un caso se Milley, a fine 2022, prima di essere silenziato dalla Casa Bianca, già diceva che “l’Ucraina ha raggiunto quasi tutto ciò che poteva ragionevolmente raggiungere sul campo di battaglia e quindi dovrebbe consolidare i risultati a un tavolo negoziale”.

Comunque sia, da quando ha deposto le stellette per indossare la grisaglia dell’ambasciatore (particolare curioso: poiché gli uomini tra i 18 e i 60 anni non possono lasciare l’Ucraina, la commissione medica militare ha dovuto dichiararlo inabile al servizio militare!), Zaluzhny ha tenuto un comportamento impeccabile: non una parola di troppo, nessuna smania di protagonismo, un’ostentata fedeltà alla causa e nessuna critica a Zelensky. Sta lì, nel suo esilio dorato londinese, buono e quieto. Ma è un generale, di strategia e di tattica ha una certa competenza. E se la Patria, magari con il megafono degli Usa, chiamasse…

Di Fulvio Scaglione. (Inside Over)

Recevez notre newsletter et les alertes de Mena News


À lire sur le même thème