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La lotta dell’Europa per non restare fuori dal tavolo sull’Ucraina

(Roma, 16 febbraio 2025). Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha convocato d’urgenza a Parigi una riunione dei principali leader europei con l’obiettivo di studiare una strategia congiunta

Parte domani da Parigi la lotta dell’Europa per non restare fuori dal negoziato sull’Ucraina, che gli Stati Uniti intendono condurre da soli con la Russia. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha convocato d’urgenza una riunione dei principali leader europei con l’obiettivo di studiare una strategia congiunta che consenta di avere un peso in una trattativa che i presidenti di Usa e Russia, Donald Trump e Vladimir Putin, intendono condurre come una partita a due.

La Conferenza sulla sicurezza conclusa oggi a Monaco è stata un doppio schiaffo dell’amministrazione Trump all’Unione Europea. Venerdì, in apertura, il provocatorio discorso del vicepresidente J.D. Vance, che ha accusato il vecchio continente di aver tradito i valori fondamentali condivisi con l’America, a partire da una libertà di espressione che sarebbe « in ritirata », e ha invitato, in piena campagna elettorale, i partiti tradizionali tedeschi a collaborare con i nazionalisti di Afd.

Vance è arrivato addirittura a incontrare la leader della formazione di estrema destra, Alice Weidel, negandosi invece a un colloquio con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che il giorno successivo ha reagito con durezza a quelle che ha definito ingerenze indebite. Sabato è arrivata la seconda doccia fredda.

L’inviato Usa per l’Ucraina, il generale Keith Kellogg, ha esplicitato agli alleati europei, incontrati nel formato ‘Quint’ (oltre agli Usa, Germania, Francia, Italia e Regno Unito) l’intenzione di escluderli dal tavolo, citando lo sfortunato precedente degli accordi di Minsk. Tutte le cancellerie europee presenti, pur con toni diversi, hanno sottolineato la necessità che il negoziato coinvolga l’Europa e, soprattutto, l’Ucraina, che rischia di essere costretta ad accettare una pace imposta dall’alto.

Un timore che è apparso palese dall’intervento alla Conferenza del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha paventato un attacco russo tramite il territorio bielorusso in estate e ha esortato l’Europa a dotarsi di un esercito comune che la renda in grado di difendersi da sola e, soprattutto includa Kiev.

Zelensky ha parlato dal palco il giorno dopo il suo incontro con Vance, che ha definito positivo ma, a giudicare dalle parole pronunciate nel suo intervento (ha avvertito Trump che Putin vuole farne « un burattino del suo spettacolo » e ha finto di confonderlo con Orban), non deve essere andato benissimo. In ballo non ci sono solo le garanzie sulla sicurezza che Kiev continua a chiedere prima che venga stabilita una tregua ma anche quelle terre rare su cui Washington intende mettere le mani come contropartita per il sostegno militare degli anni scorsi.

Secondo i media Usa, la proposta di contratto portata a Kiev mercoledi’ scorso (stesso giorno della telefonata tra Trump e Putin) dal segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent, chiedeva la cessione del 50% delle preziose risorse. Nella serata di ieri, Zelensky ha confermato di non aver firmato l’intesa e di volerne una revisione. Nel frattempo le cancellerie europee venivano raggiunte da un questionario inviato dalla Casa Bianca nel quale era domandato loro come potessero in concreto contribuire alle garanzie sulla sicurezza dell’Ucraina.

Nei giorni scorsi il capo del Pentagono, Pete Hegseth, aveva, del resto, avvertito che l’America intende ora concentrare le sue risorse militari nell’Indo-Pacifico e che il peso della tutela dell’Ucraina sarebbe ricaduto soprattutto sulle spalle degli alleati. In sostanza, ciò equivale a chiedere all’Europa di mettere in campo uomini e mezzi per la difesa di Kiev senza però toccare palla nella trattativa. È stato probabilmente questo il momento in cui il presidente francese, Emmanuel Macron, ha preso in mano la situazione.

Prima ancora che la notizia del questionario fosse confermata ufficialmente dal presidente finlandese, Alexander Stubb, il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorsi, aveva rivelato la preparazione di un vertice a Parigi per coordinare la reazione alle richieste di Washington.

La conferma ufficiale è arrivata solo oggi, in tarda mattinata, dal ministro degli Esteri transalpino, Jean-Noel Barrot, che ha parlato a France Inter di una « riunione di lavoro » sulla « sicurezza europea » tra i « principali Paesi europei ». Barrot non ha menzionato i presenti, alcuni dei quali hanno comunque confermato in autonomia la loro partecipazione, a partire da quella, un po’ irrituale ma finalizzata ad avere un referente con Washington, del segretario generale della Nato, Mark Rutte, che ha che ha esortato gli europei a dimostrare la loro « utilità » per avere un ruolo al tavolo.

A quanto si è appreso finora, il formato del vertice sarebbe un Weimar plus allargato, ovvero Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Polonia e Spagna. L’Olanda ha confermato la sua presenza ed è molto probabile quella della Danimarca, chiamata a rappresentare il blocco NB8, cioè i Paesi nordici e baltici, e impegnata a difendere la Groenlandia dalle mire di Trump. Quel che è certo è che occorre fare presto. Il colloquio tra il segretario di Stato, Marco Rubio, e il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha impresso un’ulteriore accelerazione agli eventi e l’Europa dovrà correre per non restare fuori.

Di Francesco Russo. (AGI)

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