(Roma, 05 febbraio 2025). Il piano di Trump per Gaza, come era facilmente prevedibile, ha riscosso grande successo tra i messianici, e non solo. Fare della Striscia una scintillante “riviera del Medio Oriente” è un progetto che entusiasma, e non poco, le fazioni politiche più a destra di Tel Aviv. Tant’è che Aryeh Deri, presidente del partito ultraortodosso Shas, ha lodato il tycoon definendolo “un messaggero di Dio a sostegno del popolo di Israele”. Anche Bezalel Smotrich, attuale ministro delle Finanze israeliano, ha commentato le dichiarazioni di Donald Trump sostenendo che il disegno previsto sarà “l’alba di un nuovo giorno per Israele”. I messianici non sono stati i soli ad accogliere positivamente i possibili progetti futuri a trazione statunitense. Significativo il commento del leader del partito di opposizione Unità Nazionale, Benny Gantz, che ha definito il piano Trump “creativo, originale e interessante”.
Aiuti economici a chi lascerà per sempre la Striscia
Non poteva mancare all’appello anche Itamar Ben-Gvir, recentemente passato all’opposizione perché contrario all’accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Il leader di Potere Ebraico si è detto “pronto a tornare nella coalizione di governo se Benjamin Netanyahu inizierà a concretizzare il piano di Trump”. Anzi, ha persino presentato un disegno di legge “al fine di facilitare il grande progetto per Gaza”. Come riporta The New Arab, “l’obiettivo principale è quello di incoraggiare la migrazione volontaria dei residenti della Striscia e della West Bank”. Proposta che negli ambienti dell’estrema destra israeliana aleggia già da un po’. In sostanza, per incentivare questo processo, il disegno di legge prevede di offrire un pacchetto di aiuti economici – stabilito dal ministro delle Finanze previa consultazione con il ministro della Difesa – a chi lascerà definitivamente l’enclave palestinese o la Cisgiordania. Inoltre, i tutori dei minori saranno tenuti a firmare dichiarazioni a loro nome, impegnandoli alla stessa politica di non ritorno. L’ammenda per chi vorrà tornare in patria – che sia Gaza o la Cisgiordania – sarà quella di rimborsare il “doppio dell’importo ricevuto per trasferirsi”.
Le reazioni della popolazione israeliana
Le reazioni della Knesset erano intuibili. Per capire invece, cosa ne pensano gli israeliani a tal proposito, di interesse il sondaggio pubblicato da The Jerusalem Post a cura dall’Istituto di Politica del Popolo Ebraico: circa “l’80% degli israeliani sostiene fermamente la proposta del presidente Donald Trump di trasferire la popolazione di Gaza in altri Paesi”. Il sondaggio, pubblicato prima dell’incontro tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e Trump a Washington, ha rilevato che otto israeliani ebrei su dieci sono favorevoli all’idea che “gli arabi di Gaza vengano trasferiti in un altro Paese”, mentre la maggior parte degli arabi israeliani, ovviamente, e a ragione, si oppone alla “proposta”. Inoltre, il 43% degli israeliani, ebrei e arabi, ritiene che il piano di Trump sia “pratico” e debba essere perseguito, mentre un ulteriore 30% degli israeliani ebrei risponde che il piano “non è pratico, ma è desiderabile”, indicando che supportano l’idea ma non la considerano realisticamente fattibile.
Un tenue barlume di speranza, tra le ombre di un rancore così diffuso, è rappresentato dal 13% degli israeliani, che hanno definito la proposta del presidente americano “immorale”. La JPPI osserva che l’idea di trasferire la popolazione palestinese di Gaza, una volta considerata illegittima da molti, ora trova supporto tra gli israeliani ebrei. Simili sondaggi sul trasferimento dei palestinesi della Cisgiordania, condotti negli anni Novanta e a metà degli anni 2000, generalmente trovavano livelli di supporto del 40%-50% tra gli ebrei di Tel Aviv.
L’indignazione di alcune organizzazioni ebraiche
Negli Stati Uniti, diverse organizzazioni ebraiche e politici hanno criticato duramente il piano di Donald Trump per Gaza, definendolo irresponsabile e scollegato dalla realtà. Jeremy Ben-Ami, presidente di J Street, ha espresso disgusto per l’idea di uno spostamento forzato dei palestinesi con il sostegno degli Stati Uniti, accusando Trump di mettere a rischio la democrazia americana e lo stato di diritto. Anche Halie Soifer, CEO del Jewish Democratic Council of America, ha condannato il piano, affermando che “gli ebrei americani lo rifiutano in massa e che l’idea di un intervento militare statunitense a Gaza è semplicemente folle”. Altre voci ebraiche da tutto il mondo stanno condannando le dichiarazioni di Trump, rese accanto a un raggiante Netanyahu. Un’indignazione che al momento resta ancora debole rispetto alla determinazione di chi invece continua a soffiare sul fuoco del Medio Oriente.
Di Claudia Carpinella. (Inside Over)