(Roma, 01 febbraio 2025). La richiesta di estradizione di Bashar al-Assad da parte del nuovo governo siriano rappresenta un evento senza precedenti nella politica del Medio Oriente. Per anni, Assad è stato il simbolo della sopravvivenza politica contro ogni previsione, grazie all’appoggio militare russo e iraniano. La sua caduta nel dicembre 2024, dopo oltre un decennio di guerra civile, ha aperto un nuovo capitolo in Siria, in cui il governo ad interim cerca di ridefinire i rapporti con Mosca e di ottenere concessioni in cambio della permanenza delle basi militari russe nel Paese.
La posizione della Russia in questo scenario è particolarmente delicata. Mosca ha investito enormi risorse per mantenere Assad al potere e ha usato la Siria come piattaforma strategica per il Mediterraneo orientale. Tuttavia, con la nuova leadership siriana che pone come condizione per la normalizzazione il riconoscimento degli “errori del passato”, il Cremlino si trova costretto a scegliere tra il mantenimento della sua influenza e il rischio di perdere l’accesso alle basi di Tartus e Khmeimim. La riluttanza di Mosca a commentare ufficialmente la richiesta di estradizione di Assad mostra quanto sia imbarazzante la situazione per il governo russo, che ora deve bilanciare la fedeltà a un alleato storico con la necessità di garantire la propria presenza militare in Siria.
La presenza di Mosca
Per Damasco, questa mossa ha un chiaro obiettivo politico: dimostrare di essere un attore indipendente e cercare di ottenere il massimo dai nuovi equilibri regionali. La richiesta di “compensazioni” alla Russia rientra in questa strategia. Il Governo siriano, alle prese con una ricostruzione post-bellica complicata, cerca di capitalizzare il proprio valore geopolitico per strappare aiuti economici e infrastrutturali. La revoca del contratto con la società russa STG Stroytransgaz per la gestione del porto di Tartus è un segnale chiaro: senza concessioni reali, la Siria è pronta a ridimensionare la cooperazione con Mosca.
Le basi russe in Siria sono fondamentali per la proiezione strategica del Cremlino nel Mediterraneo, ma la crescente instabilità politica a Damasco mette a rischio la loro sicurezza a lungo termine. Il fatto che due navi russe abbiano dovuto attendere settimane prima di ricevere il permesso di attraccare indica che la nuova amministrazione siriana sta testando i limiti dell’influenza russa nel Paese.
Il possibile ruolo di Iran e Cina
In questo contesto, la Siria sta inviando un messaggio anche ad altri attori regionali. Se la Russia non sarà in grado di soddisfare le richieste di Damasco, altri Paesi potrebbero entrare in gioco. L’Iran, che ha sostenuto Assad per anni, potrebbe cercare di rafforzare la propria influenza nel Paese. Anche la Cina, con i suoi interessi economici nella regione, potrebbe valutare un maggiore coinvolgimento. Il futuro delle relazioni tra Siria e Russia dipenderà da quanto Mosca sarà disposta a cedere per mantenere la propria presenza strategica. L’estradizione di Assad, al momento, appare improbabile, ma il fatto stesso che sia stata richiesta segna un punto di svolta nelle relazioni tra i due Paesi. Per la Russia, la Siria è stata per anni una pedina fondamentale nella sua politica estera, ma ora Mosca si trova di fronte a una scelta difficile: accettare il cambiamento o rischiare di perdere la sua influenza in uno dei suoi ultimi avamposti nel Medio Oriente.
Di Giuseppe Gagliano. (Inside Over)