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I russi si ritirano dalle basi in Siria: ecco dove può ripiegare Putin per mantenere la sua presenza nel Mediterraneo

(Roma, 14 dicembre 2024). La permanenza nel Mediterraneo resta però strategica per il Cremlino, che forse ripiegherà su Libia o Algeria

La Russia sta per lasciare le basi in Siria ? Dipende dalle versioni. Foto satellitari hanno rivelato i preparativi per un ritiro mentre fonti siriane sostengono che si tratta di un ripiegamento di alcuni reparti in attesa che si concluda il negoziato con i ribelli. Nelle ultime 48 ore diversi i segnali hanno fatto pensare ad uno sgombero. Sulla pista di Hmeimim, regione di Latakia, sono presenti un paio di A 124, grandi cargo capaci di trasportare mezzi e materiali pesanti. E uno sarebbe partito questa mattina alla volta della Libia. Sempre sulle piazzole sono stati avvistati altri velivoli da trasporto mentre negli hangar vi sarebbero ancora dei caccia.

Un ulteriore indizio è rappresentato dalle batterie missilistiche degli S 400 e dai radar preparati per essere trasferiti e sarebbe intenso il lavoro dei tecnici. Testimonianze raccontano poi del nervosismo delle sentinelle che sorvegliano il complesso anche se una tv è riuscita a far volare un drone nella zona. Funzionari siriani, citati dalla Reuters, hanno offerto una diversa spiegazione. Mosca ha richiamato le unità che erano schierate nel resto del paese, in particolare nella zona curda. Infatti, Ieri è stato rilevato il passaggio di alcuni convogli diretti verso Hmeimim. Tuttavia, non sarebbe ancora arrivato l’ordine del “tutti a casa”. Per gli esperti una eventuale evacuazione potrebbe richiedere del tempo, con l’avvio di un ponte aereo e forse l’impiego di mercantili per imbarcare tutto ciò che non sta nella stiva degli Antonov.

Il secondo punto d’osservazione riguarda il porto di Tartous, l’unica vera base della Marina di Putin nel Mediterraneo, meta del cosiddetto Syria Express, la spola di rifornimenti per mantenere in vita il regime e sostenere il contingente. La task force, composta da alcune fregate e almeno un sottomarino, ha lasciato lo scalo da giorni e si mantiene al largo. Quando ha levato le ancore si era ipotizzato che la manovra fosse legata ad esercitazioni a fuoco ma forse la mossa era un modo di attendere gli sviluppi senza correre rischi. Una fase dove Mosca ha comunque avviato una trattativa per mantenere le installazioni con il nuovo potere a Damasco dimostrando una certa agilità diplomatica e contando probabilmente sulle necessità di Abu Mohammed al Jolani di essere aperto al dialogo con tutti, inclusi i nemici più duri. Lo stesso leader ha dichiarato oggi di nutrire alcuna ostilità nei confronti di Iran e Russia.

Da non escludere neppure che i contatti siano serviti a «tastare» il terreno – studiando le reazioni degli altri attori regionali – e per evitare, al tempo stesso, una fuga precipitosa che avrebbe reso ancora più grave la sconfitta subita con la cacciata di Assad.

I nuovi approdi del Cremlino nel Mediterraneo

Il Cremlino, se davvero è costretto a lasciare la Siria, deve cercare nuovi approdi. E non ve ne sono tanti. È stata ipotizzata la Cirenaica del generale Haftar, prezioso alleato dei russi nella proiezione verso il Sahel. Già qui sono presenti i mercenari della ex Wagner e nel pieno della crisi siriana è arrivata una delegazione di alto livello della Difesa. Negli ultimi giorni – secondo @Itamilradar – sono stati registrati i voli di aerei da trasporto russi IL 76 diretti alla base di al Khadima, a est di Bengasi. Un eventuale «sbarco» in Libia rappresenterebbe un elemento di preoccupazione per la Nato e per l’Italia. Alcuni osservatori sono però molto cauti sull’opzione libica.

Altre fonti hanno ipotizzato l’Algeria, paese che ha ottimi rapporti con Mosca e davanti al quale c’è un «bosco marittimo», un quadrante dove si incontrano le unità russe per rifornimenti al largo e mercantili che hanno qualcosa da nascondere. Gli algerini, però, sono estremamente sensibili sulla sovranità nazionale.

Terzo spunto: l’Egitto. Si è parlato in passato di sondaggi fatti da Putin per usare un porto sulla costa mediterranea e anche di una sponda in Mar Rosso (base di Berenice) ma al Sisi è consapevole che potrebbe provocare la reazione negativa degli Usa e deve mettere in conto l’imprevedibilità di Donald Trump.

Siamo sempre in una realtà mutante, marcata dall’incertezza assoluta. Vittorie e sconfitte si alternano lasciando spazio alle sorprese, i fatti incalzano travolgendo le previsioni. Per Mosca, però, la presenza in Mediterraneo – per quanto minima rispetto a quella atlantica – è una questione strategica e rinunciarvi sarebbe un colpo pesante.

Di Guido Olimpio. (Corriere della Sera)

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