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Le mosse della Russia in Siria contro i ribelli e…l’Ucraina

(Roma, 02 dicembre 2024). L’arco di crisi che condiziona i teatri mediorientali ed europei vede una linea diretta tra la guerra in Ucraina e quella in Siria. I raid dei cacciabombardieri e delle forze missilistiche russe sulle postazioni di Hay’at Tahrir al-Sham e dell’Esercito Siriano Libero (Fsa), che dopo anni di quiescenza hanno attaccato le postazioni dei lealisti vicine a Bashar al-Assad penetrando ad Aleppo, mostrano la volontà di Mosca di blindare un suo alleato di ferro e di mostrare che la Russia sa gestire una crisi su due fronti.

Otto anni dopo l’offensiva che nel 2016 riportò in mano all’Esercito Arabo Siriano, le forze armate regolari siriane, la seconda città del Paese levantino, la Russia è di nuovo chiamata ad assistere, con raid su Aleppo e attacchi alle posizioni dei ribelli, la tenuta delle posizioni dei lealisti. E la manovra appare per il Paese guidato da Vladimir Putin tanto più urgente visto che dall’Ucraina fonti politiche e d’intelligence rivendicano ad alta voce il sostegno in termini di addestramento e armamento alle formazioni che hanno espugnato buona parte della metropoli.

Dall’Ucraina il Kyiv Post rivendica che “i gruppi ribelli con sede nella regione di Idlib, che si dice comprendano membri del Partito islamico del Turkestan (TIP), avevano ricevuto addestramento operativo dalle truppe delle forze speciali del gruppo Khimik della Direzione principale dell’intelligence ucraina (HUR). Il team di addestramento si è concentrato sulle tattiche sviluppate durante la guerra in Ucraina, incluso l’uso dei droni”, e assieme al sostegno della Turchia, nota la testata ucraina, questo sarebbe il principale motivo della maggiore capacità di combattimento di Hay’at Tahir al-Sham e del Fsa rispetto agli anni scorsi. Quanto ci sia di vero in questi report non è dato, per ora, saperlo da informazioni confermabili tramite fonti aperte: ma la proclamazione della testata di Kiev appare verosimile, alla luce della proiezione dell’intelligence ucraina contro il gruppo Wagner in Sudan e al sostegno dei ribelli antirussi tuareg in Mali che hanno mostrato una capacità d’azione tutt’altro che indifferente da parte delle forze armate del Paese ex-sovietico.

Il calcolo dell’Ucraina è che in Siria si possono ottenere posizioni favorevoli per logorare la Russia ai fianchi e farle, temporaneamente, mollare la presa sul Paese invaso. Quello di Mosca, invece, che puntellare, una volta di più, Assad vuol dire mostrare la capacità combattiva del Paese e ottenere dividendi spendibili anche nel fronte principale. Intanto da Mosca decidono di alzare l’asticella della leadership e del controllo.

Come ricorda l’Institute for the Studies of War (Isw), la prima mossa sensibile in tal senso è stato un avvicendamento ai vertici: “il Ministero della Difesa russo (MoD) avrebbe sostituito il tenente generale Sergei Kisel con il colonnello generale Alexander Chaiko, che riprenderà il suo precedente incarico di comandante del raggruppamento di forze russe in Siria”, nota l’Isw, aggiungendo che “il comandante in capo della marina russa, ammiraglio Alexander Moiseyev, è arrivato a Tartus”, la base navale sul Mediterraneo gestita dalla Russia. Chaiko è stato capo di Stato Maggiore delle forze russe tra il 2015 e il 2017, anni del massimo attivismo militare contro i ribelli.

In quest’ottica, la prova di forza in Siria non sarà secondaria per Mosca che non si è trovata mai nel post-seconda guerra mondiale a dover esser coinvolta direttamente a vario titolo con le sue forze armate in due conflitti contemporanei. E per un’Ucraina che si vuole stabilizzare creando una situazione di fatto sul campo con graduali avanzate, c’è per Mosca una crescente grana siriana in un teatro che sembrava ormai blindato. E sul quale, alle spalle, oltre alle mosse ucraine si staglia l’ombra di una Turchia che ha un rapporto diretto e positivo con la Russia in questa fase ma non manca di espandere la sua zona d’influenza regionale, spesso cercando spazio a scapito di Mosca dal Caucaso alla Siria. Mosca è coinvolta nella geopolitica a geometria variabile del Medio Oriente perturbato da oltre un anno di guerra generalizzata e deve ponderare bene le sue mosse. Nella consapevolezza che quanto succederà a Aleppo condizionerà la guerra in Ucraina, e viceversa, in un arco di crisi geopolitiche intento a saldarsi sempre di più.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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